
“Hai tra i 18 e i 40 anni? Donna o uomo poco importa. Hai voglia di avere nuove sfide, di dedicare il tuo tempo libero a un’utilità che potrà darti delle soddisfazioni, per esempio dando aiuto al prossimo? Allora vieni a fare il pompiere”. Quella fatta dal comandante dei pompieri di Locarno Alain Zamboni non è una chiamata alle armi, quanto piuttosto alle manichette degli idranti degna del più illustre “Zio Sam” nel famoso manifesto “I want YOU for U.S. Army”. L’obiettivo non è infatti quello di reclutare giovani nell’esercito americano, ma nel corpo dei pompieri ticinesi, che negli ultimi anni ha visto un importante calo nel numero di volontari. Il motivo? Alain Zamboni l’ha spiegato ai microfoni di Ticinonews.
“Un fenomeno quasi globale”
La diminuzione del numero di volontari “è un fenomeno che, generalmente, avviene in quasi tutti i Paesi del mondo dove ci si appoggia al volontariato e anche noi come Canton Ticino non siamo sfuggiti a questa realtà” commenta Zamboni aggiungendo che si è constatato a un’erosione tra le persone formate – e che diventano effettivi dei corpi – e chi lascia alla fine dell’anno. “Se all’inizio dell’anno questa erosione non era preoccupante, adesso come adesso è una curva che se non riusciamo a fermare rischiamo di sparire dal profilo demografico” commenta demoralizzato il comandante dei pompieri di Locarno.
Fare il pompiere, un sogno difficile da realizzare?
“Innanzitutto è vero che quando eravamo bambini avevamo un’attenzione particolare per i pompieri e per i loro camion in buona sostanza” dice Zamboni, ma vuole precisare che “con l’avanzare dell’età gli interessi, verosimilmente, vanno in altre direzioni. Forse quello che è importante evidenziare è che l’impegno che richiede questo tipo di attività è molto oneroso” di conseguenza, spiega sempre Zamboni, quando il giovane si trova a dover scegliere questo percorso magari “individua in altre attività e i bei ricordi da bambino del bel camion rosso dei pompieri va in secondo o terzo luogo”.
Un mestiere di sacrifici
Fare il pompiere è sicuramente qualcosa che affascina ma che richiede tanti sacrifici, come confermato anche dal comandante: “fare il pompiere è una sfida perché bisogna conoscere tantissime cose, avere dimestichezza e una certa agilità fisica”. Il pompiere, difatti, “ di sua natura corre”. Una prestanza fisica idonea è quindi necessaria, anche senza dover essere per forza degli atleti. Oggigiorno, la tecnologia sta però prendendo sempre più spazio anche in questa realtà, spiega Zamboni, specificando che “con tecnologia si intendono nuove attrezzature e nuove macchine e, inevitabilmente, questo richiede un approfondimento a livello di formazione e di consolidamento”. Il tutto si traduce in un’ulteriore attività che richiede molto tempo e non è possibile arrendersi davanti a queste sfide in quanto “quando una persona chiama il 118 si aspetta professionalità, e la si matura solo con un lavoro di allenamento e formazione” conclude Zamboni.
Una sfida con se stessi
Fare il pompiere è dunque una sfida, prima di tutto con se stessi: essere in prima linea quando le cose non vanno e cercare di risolverle. Fare il pompiere significa infatti riportare la pace e la tranquillità in situazioni difficili, e, perché no, magari anche coronare un sogno: quello di quando si era bambini e giocando con un piccolo camion rosso ci si immaginava di salvare il mondo...
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