
Sabato scorso migliaia di persone hanno sfilato a Berna per chiedere un’assistenza psicoterapeutica più accessibile. Tariffe adeguate, meno burocrazia, più posti di formazione e migliori condizioni di lavoro: sono state queste le principali rivendicazioni al centro della manifestazione. Una mobilitazione che riflette un problema molto concreto, presente anche alle nostre latitudini.
Ticino: domande alle stelle, studi saturi
Anche nel nostro Cantone la situazione è tesa. Chi cerca uno psicoterapeuta deve spesso attendere settimane, a volte mesi, prima di iniziare un percorso. “Non riusciamo più a stare dietro a tutte le richieste”, racconta lo psichiatra e psicoterapeuta Michele Mattia. La pandemia ha fatto da spartiacque: ha reso più visibili le fragilità, ridotto lo stigma legato alla terapia e moltiplicato le domande di sostegno, soprattutto da parte dei più giovani.
Attese lunghe e pazienti in crisi
Il vero nodo è proprio il tempo. Molti pazienti arrivano in un momento di crisi e non possono aspettare. “Tre settimane di attesa, se va bene. Ma spesso è molto di più”, spiega Mattia. Per i casi acuti il pronto soccorso può dare una risposta immediata, ma per chi vuole iniziare un percorso terapeutico senza urgenze il rischio è restare bloccati per mesi, con studi già pieni e professionisti impossibilitati ad accogliere nuovi pazienti.
Cosa serve per uscire dall’impasse
Per lo psichiatra è chiaro: non bastano più le risorse attuali. Bisogna facilitare la formazione di nuovi psicoterapeuti, moltiplicare le opportunità di stage e creare condizioni migliori per chi lavora nel settore: “La società di oggi è molto più fragile e soffre più di cento anni fa. Non possiamo ignorarlo. Servono reti di supporto solide, dal pubblico al privato, per dare risposte a chi chiede aiuto”, conclude Mattia.