Ticino
“Il silenzio non può essere trasformato in dissenso”
Immagine Reguzzi
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Nel secondo giorno di processo per tre cittadini italiani di età compresa tra i 20 e i 21 anni la parola è passata alle difese. I tre sono accusati di aver abusato sessualmente di una loro coetanea

“La ragazza avrebbe dovuto esternare in modo univoco il suo dissenso e all’unico ‘no’ della giovane i tre si sono fermati, senza spingersi oltre”. Nel secondo giorno di processo la parola è passata agli avvocati difensori dei tre imputati, tre giovani di età compresa tra i 20 e i 21 anni, accusati di aver abusato sessualmente a fine settembre dello scorso anno di una loro coetanea dopo una serata in una nota discoteca del Luganese. E di aver inoltre filmato alcune scene con un telefono cellulare (reato di violazione della sfera segreta o privata mediante apparecchi di presa d’immagini).

Una vicenda triste
In contrapposizione con l’eleganza e le buone maniere dei tre cittadini italiani mostrate in aula, la serata “incriminata” è terminata sicuramente sui binari dell’eccesso e della perversione, ma per le difese “nessuno ha costretto la giovane a salire nell’appartamento di uno dei tre imputati e all’interno non si è configurato il reato di violenza carnale ripetuta”. Dopo le parole di ieri della pubblica accusa rappresentata dalla procuratrice pubblica Petra Canonica Alexakis e dell’accusatore privato rappresentato dall’avvocatessa Demetra Giovanettina, il confine appare flebile, e così complicato il compito di giudicare da parte della Corte presieduta dal giudice Mauro Ermani. Da una parte il disagio causato a una giovane ragazza che secondo l’accusa “non aveva via di scampo e all’interno dell’abitazione si è consumato un atto che non voleva e il suo corpo si è pietrificato”. Con la scelta di salire in quella che è stata definita la “tana del lupo” che non rappresentava un lasciapassare per fare quello che volevano di lei e del suo corpo.

I fatti
Dall’altra parte le accuse sono state rispedite al mittente per un dissenso non comprensibile, non esplicitato chiaramente. E perché “il dolore non è un rifiuto”. Secondo gli avvocati difensori la giovane non ha dato nessun segnale di voler uscire da quella situazione, agevolando inoltre i cambi di partner e le posizioni sessuali. Per la difesa poi, i gemiti della giovane durante l’atto, dai tre sono stati compresi come godimento e segno di eccitazione e all’unico “no” ricevuto - per una penetrazione anale - gli imputati non hanno agito e che il “fai piano” - frase riportata nell’atto d’accusa - non si traduce in una richiesta di smettere, ma bensì di rallentare per allinearsi al suo piacere. E ancora, che viste le premesse, dall’incontro per strada, i baci profondi e le dita nei genitali per le vie cittadine, non ci si poteva aspettare una conclusione all’insegna del romanticismo. L’identikit dei ragazzi alla sbarra è quello di tre imbecilli forse - è stato sottolineato - ma non di tre stupratori.

Il verdetto nei prossimi giorni
Durante le arringhe difensive è stato anche sottolineato che si tratta di un processo indiziario, fatto di imprecisioni, incomprensioni e versioni che non sempre collimano. Con tanti dubbi e poche certezze, indispensabili quest’ultime per l’epilogo di una vicenda che da ogni punto di vista la si guardi resta triste. Il verdetto è atteso per venerdì alle 13.00. Le pene richieste per i tre sono di nove, sette e sei anni e mezzo, con anche l’espulsione dalla Svizzera. Per una vicenda che, comunque andrà a finire, non avrà vincitori ma strascichi di disagio giovanile.

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