
Le ultime novità legate alla Fiera di San Martino, che si svolgerà settimana prossima a Mendrisio, sollevano qualche perplessità. Una presenza in particolare non è ben gradita: la società del Rabadan, che ha ricevuto il via libera per allestire una tendina in tipico stile carnascialesco, dove Re Rabadan potrà "dettar legge extra muros". Una scelta che però non convince "molte associazioni e gruppi momò", secondo quanto scrive un gruppo che si firma “dei momò legati alle proprie tradizioni” in uno scritto inviato in redazione.
Le regole
Nel testo il gruppo fa leva sulle regole d’iscrizione, ricordando che al punto 12 del formulario è indicato che alla fiera “non saranno concesse autorizzazione a buvette e mescite di enti con sede fuori dalla Città di Mendrisio”. Come giustificare quindi la presenza sopracenerina? “La Società Rabadan ha trasferito la sede a Mendrisio…?”, si chiede il gruppo.
“Scelta irrispettosa”
Per i momò legati alle proprie tradizioni si tratta di una scelta “irrispettosa verso coloro che negli anni si impegnano con bancherelle, capannoni e tendine, per sostenere una tradizione che a Mendrisio è presente dal 1684 e che porta avanti i valori della cultura rurale”. Questo in considerazione anche di tutte quelle associazioni ed enti momò “a cui non viene concessa la possibilità di partecipare perché ‘non c’è posto’”, rimarca il gruppo.
Tradizione e spirito momò
Il gruppo si chiede quindi dove sia finito lo spirito originale della fiera. “Non si sa come, la Società Rabadan ha avuto il benestare di chi si occupa di vagliare le numerose richieste di iscrizione che sembra essersi dimenticato di un chiaro regolamento, oltre che della tradizione e dello spirito Momò che caratterizzano la Fiera di San Martino”. Fiera che, si chiede il gruppo, “verrà sempre più snaturata trasformandola in una mera “occasione di far festa” o può continuare a essere un’opportunità per valorizzare la nostra regione, la nostra storia, le nostre tradizioni rurali (quel poco che purtroppo ne resta)?” I momò legati alle proprie tradizioni auspicano quindi un cambio di rotta da parte dell’ente organizzatore affinché in futuro vengano selezionati dei partecipanti in maniera “più coscienziosa e fedele allo spirito della manifestazione”.