Ticino
Il Gran Consiglio dice "no" all'iniziativa anti-dumping
©Chiara Zocchetti
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Redazione
3 ore fa
Vani gli appelli delle forze progressiste, che hanno parlato di degrado del mercato del lavoro ticinese. L’ultima parola sul tema spetterà al popolo.

Dopo un dibattito durato per tutto il pomeriggio, la maggioranza del Gran Consiglio – formata oggi dalla destra e da partiti di centro – ha bocciato la proposta formulata nel 2019 dall’Mps che chiede di potenziare i controlli e il numero di ispettori per contrastare il fenomeno del dumping. L’ultima parola sul tema spetterà al popolo. Vani, dunque, gli appelli delle forze progressiste, che hanno parlato di degrado del mercato del lavoro ticinese. “Oggettivamente, nel nostro cantone i salari sono diminuiti negli ultimi 20 anni”, ha dichiarato l’iniziativista Matteo Pronzini (Mps). “E se tu hai meno entrate e contemporaneamente più uscite, ad esempio per l’aumento dei premi casse malati, ciò fa sì che le persone vivano una situazione sempre più precaria”. “La popolazione ticinese si sta impoverendo da anni”, gli ha fatto eco il deputato socialista Fabrizio Sirica, relatore del rapporto di minoranza. “Questa iniziativa anti-dumping non sarà risolutrice degli enormi problemi strutturali, ma questi 53 ispettori in più servono, a fronte della crisi sociale e salariale che sta vivendo il nostro cantone”.

Il parere dei contrari

Appelli, come detto, vani. Secondo i partiti di centro e la destra, che definiscono l’iniziativa ingiustificata e troppo onerosa, il Ticino è il cantone che già oggi conta il maggior numero di controlli. Potenziare il numero di ispettori, inoltre, non è giudicata la via migliore per rispondere a eventuali infrazioni. “La maggioranza delle aziende rispetta i parametri di salario, orario e quant’altro prevede la Legge sul lavoro", ha evidenziato la deputata Cristina Maderni (Plr), relatrice del rapporto di maggioranza. "La gran parte delle infrazioni rilevate, inoltre, è di lieve entità, dovuta a errori o alla mancata conoscenza delle disposizioni". In generale, "le aziende dimostrano volontà di miglioramento e, dove necessario, reintegrano la parte di salario mancante”. “Il nostro compito, come Parlamento, non è moltiplicare gli ispettori, bensì garantire un sistema di controllo efficace senza appesantire chi crea valore e occupazione", ha aggiunto la democentrista Raide Bassi. "La domanda non è quanti ispettori vogliamo, ma quali strumenti servono davvero per prevenire gli abusi senza soffocare le imprese con adempimenti inutili”.

Discussione accesa

E proprio sull'ultimo punto sollevato da Bassi il dibattito si è particolarmente infiammato. Secondo la maggioranza commissionale e il Governo, la proposta costerebbe oltre 18 milioni in ragione di 160 ispettori aggiuntivi. Una bugia secondo la sinistra, che ha quindi parlato di “terrorismo finanziario” e “strumentalizzazione”. Il numero di ispettori aggiuntivo, hanno spiegato, sarebbe invece 53. Una cifra che si basa su quanto chiede l’iniziativa: un ispettore ogni 5'000 lavoratori e uno ogni 2'500 lavoratrici per contrastare le discriminazioni di genere. Pomo della discordia il controllo dei nuovi contratti, che secondo gli iniziativisti andrebbero solo notificati e non controllati a tappeto. Un dettaglio non da poco visto che, come detto, deciderà il popolo.