
Ha subito un rallentamento, l'anno scorso, il fenomeno dei padroncini italiani che vengono ad eseguire lavori nel nostro Cantone. Il loro numero è infatti rimasto sugli stessi valori del 2014.
Ma ciò non significa che la situazione sul mercato del lavoro ticinese stia migliorando, anzi. Secondo un artigiano ticinese che oggi lancia un grido d'allarme sul Corriere del Ticino, la stabilità delle cifre nasconderebbe nuovi stratagemmi messi in atto dalle ditte italiane per lavorare su suolo elvetico.
"Quanti abusi dovremo ancora sopportare prima che qualcuno intervenga in nostro favore? Quanti artigiani dovranno cessare l'attività prima che qualcuno prenda sul serio il problema della concorrenza sleale proveniente dall'Italia?" esordisce Bruno Bertoni, titolare dell'omonima ditta attiva a Chiasso da oltre 50 anni.
Secondo Bertoni, nel 2015 il numero di padroncini non è aumentato perché questi usano nuove strategie. "Ogni giorno una moltitudine di padroncini varca il confine per operare in Ticino grazie alla creazione di società di comodo" spiega l'artigiano. "Con questo espediente, gli operai italiani hanno anche modo di far immatricolare i propri veicoli in Ticino, per dare meno nell'occhio."
Ci sono ditte che ancora utilizzano veicoli immatricolati in Italia, ma poi "nei cantieri tolgono le targhe" afferma Bertoni: "A questa situazione contribuiscono poi anche i committenti che chiudono i propri cantieri con catene e cancelli in modo da ostacolare i controlli."
Bertoni spiega poi che le società di comodo create in Svizzera per dissimulare la provenienza della manodopera assumono spesso i lavoratori italiani attraverso agenzie di collocamento a una percentuale inferiore al 100%, anche se poi effettivamente lavorano a tempo pieno. "Con queste astuzie riescono a praticare prezzi inferiori del 25-30% rispetto a quelli generalmente applicati sul mercato locale" afferma.
L'artigiano chiassese ricorda poi che tutto questo non esisterebbe se gli appaltatori non lo consentissero. "Negli ultimi mesi è aumentato in modo sensibile delle committenze italiane che comprano edifici, palazzi e case d'abitazione da riattare" afferma Bertoni. "Per i lavori impiegano solo manodopera italiana, senza coinvolgere gli artigiani ticinesi."
Insomma, ci vuole un intervento della politica, conclude Bertoni, in modo da porre fine "a questo sconcertante andamento".
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