
Da oggi il Canton Ticino ha una nuova farmacista cantonale: Francesca Bortoli. Giovan Maria Zanini, dopo ben 37 anni di attività al servizio del Cantone, dapprima come Farmacista cantonale aggiunto e a partire dal 2004 nel ruolo di Farmacista cantonale, da oggi è in pensione. L'ormai ex farmacista cantonale ieri è stato ospite di Ticinonews Estate in quello che lui stesso ha definito "l'ultimo impegno istituzionale".
"Chiudo con questa intervista"
Ieri Zanini ha chiuso per l'ultima volta il suo ufficio e si è recato negli studi di Melide. "Chiudo con questa intervista e mi fa piacere, perché è anche l'occasione per ringraziare tutti i giornalisti che nella mia carriera hanno rappresentato una componente importante del mio lavoro". Chiamate ed e-mail che "non hanno mai rappresentato un disturbo, ma un'interessante collaborazione per entrambe le parti, con la stampa che dà spazio anche allo Stato e alla medicina, così che possano far passare determinati messaggi".
"Il miglior lavoro in Ticino per un farmacista"
Terminati gli studi al Politecnico di Zurigo, Giovan Maria Zanini non avrebbe mai pensato di diventare il farmacista cantonale. "Non è una cosa a cui ci si pensa, nemmeno lontanamente". Questo anche perché "non pensavo di avere le capacità per ricoprire un tale ruolo". Ma in seguito, "quando si è presentata l'occasione di diventare farmacista cantonale aggiunto, accanto a Pierfranco Livio, mi sono dapprima occupato di ospedali, e in seguito ho potuto acquisire altre competenze". Tra queste "la capacità di parlare in pubblico, perché sia al Politecnico, sia subito dopo gli studi, avevo il terrore di parlare in pubblico, e come pubblico intendo 7-8 persone della mia facoltà". Così nel 2004 è diventato farmacista cantonale e da lì ha fatto "il miglior lavoro che esiste in Ticino per un farmacista". Un lavoro "che non è mai ripetitivo".
Il ricordo della pandemia
Per quanto riguarda la pandemia, Zanini la ricorda come "un momento molto intenso e pensante, sia dal punto di vista fisico, sia da quello morale". Questo perché "avevamo accesso a tutta una serie di informazioni che dovevamo tenerci per noi". L'esempio è quello di marzo 2020. "Dovevamo informare la popolazione ticinese, ma avevamo una serie di timori che alla fine non si sono verificati. Alla vigilia di San Giuseppe Giorgio Merlani, il medico cantonale, è arrivato in Stato Maggiore con delle proiezioni che parlavano di seimila decessi in Ticino entro il 5 aprile, la domenica delle palme". Non dimentichiamoci, prosegue, "che non lontano da noi la realtà mostrava quelle cifre, per cui a livello morale è stato l'inizio di un periodo pesante. Senza dimenticare che dovevamo prendere delle decisioni senza sapere quali erano le scelte più giuste". Una situazione "non facile, ma sarebbe stato ancora più sbagliato non prendere decisioni o metterle continuamente in discussione".