
Questa sera la Nazionale Svizzera affronta gli Stati Uniti in amichevole. Nonostante la convincente vittoria sull'Estonia, il clima è stato agitato dalla polemica innescata da Stefan Lichsteiner, uno dei calciatori più rappresentativi e rinomati: troppi pochi svizzeri "veri", per cui i tifosi faticherebbero a identificarsi con chi indossa la maglia rossocrociata.
Un sondaggio di ieri del nostro portale aveva dato ragione allo juventino: quasi il 62% dei votanti ritiene che "sì, ci vogliono più svizzeri d'origine altrimenti la gente non si identifica."
Non è ovviamente un problema che tocca solo la squadra di Vladimir Petkovic, dato che per esempio gli avversari di stasera hanno 17 giocatori su 22 che potrebbero militare in altre nazionali.
Noi abbiamo chiesto ai politici ticinesi cosa pensano della nostra Nazionale? Si sentono rappresentati? Vorrebbero più svizzeri "doc" o basta che portino risultati?
Fabio Badasci, candidato al Consiglio di Stato per la Lega dei ticinesi, il cui compianto presidente Giuliano Bignasca aveva fatto discutere con il suo "Troppi neri in Nazionale" sulla prima pagina del Mattino della domenica, afferma di identificarsi con l'attuale compagine. "Ci sono tanti naturalizzati che giocano nella Svizzera, ma d'altronde siamo una nazione multiculturale. Hanno il passaporto perché gliel'hanno dato."
Badasci non pretende che la Nazionale sia composta unicamente da svizzeri doc. "Basta che siano forti, se i naturalizzati sono più bravi è giusto che giochino loro. A mio avviso, conta il fatto che la nostra cultura è più vicina all'hockey che al calcio, infatti nella Nazionale di hockey ci sono pochi naturalizzati e molti svizzeri forti."
Fiorenzo Dadò, candidato al Governo per il PPD, allarga la problematica. "Esiste dappertutto e in tutti gli sport di squadra. Personalmente, quando una persona ha il passaporto rossocrociato è svizzera a tutti gli effetti."
Dadò afferma di seguire poco lo sport, solo durante i grandi eventi come i Mondiali. Però ritiene che l'identificazione dipenda dallo sportivo in questione. "Per esempio, Roger Federer nel tennis è amatissimo, ma lo è anche Stan Wawrinka, che non è svizzero da chissà quante generazioni. Anche in altre nazioni sono stati osannati atleti non autoctoni."
Dunque, chi schiererebbe Dadò? "L'importante è che la squadra sia forte, per me chi ha passato gli esami per l'ottenimento del passaporto può tranquillamente giocare."
Per Alex Farinelli, in corsa per il Consiglio di Stato per i liberali, il fattore principale è la voglia di mettere tutto sé stesso in campo. "Non ho problemi a identificarmi con un naturalizzato, basta che tenga alla maglia e che metta il cuore. Poi se arriva il risultato meglio, ma se c'è la cosiddetta maglietta bagnata non si può comunque dire nulla. Non mi piacciono le 'signorinelle' e quelli che creano problemi."
Sulla polemica di Lichsteiner, Farinelli fa dei distinguo. "Non è mai facile creare una squadra con una mentalità unica, e non per il passaporto. Conta di più il senso di appartenenza. Conosco gente che ha genitori e nonni svizzeri che si comportano in un modo, e magari altri che hanno scelto di diventare svizzeri e si comportano in un altro. I primi sono nati svizzeri e non l'hanno scelto, i secondi lo hanno deciso, per convenienza o perché convinti al 100%. Senza voler generalizzare, ho tanti amici provenienti dalla ex Jugoslavia che sono estremamente riconoscenti al nostro paese, poiché a casa loro vivevano con le bombe sopra la testa e qui hanno un futuro e una vita nuova, e si sentono super svizzeri. Ero in una commissione che si occupa di naturalizzazioni, e si capisce se uno vuole il passaporto per convenienza o per convinzione."
Farinelli afferma di capire anche le critiche. "C'è chi sceglie di giocare con la Nazionale svizzera per opportunismo, perché una nazionale vale l'altra, col rischio che essa diventi come una squadra di club, una maglia come le altre. Per loro è un'occasione per farsi vedere e per emergere, dato che la nostra squadra sta ottenendo risultati discreti. Altre volte invece diventa il tuo paese, basti pensare a Wawrinka, o allo stesso Federer che ha la mamma sudafricana, ma nessuno mette in dubbio che abbiano a cuore la Svizzera. Penso anche a Martina Hingis, la cui mamma è della Repubblica Ceca, e a diversi atleti in ambito olimpico. L'appartenenza non dipende dalle origini o dall'avere il sangue totalmente discendente dal patto del Rütli."
Anche Ivo Durisch, candidato PS all'Esecutivo cantonale, condivide il punto di vista dei colleghi. "Per me chi ha il passaporto è svizzero come gli altri. È un tema che esce sempre, non solo nel calcio ma anche in altri sport. Basta che indossino la maglia svizzera con impegno."
La polemica innescata da Lichtsteiner non è vista di buon occhio da Durisch. "In un clima politico in cui si pone l'accento sulla nazionalità, anche lo sport ne viene contaminato. Certamente non è positiva per lo sport, però è ciclica dunque c'è da aspettarsela."
C'è un punto su cui Durisch è categorico: "È sbagliato regalare il passaporto solo per meriti sportivi, a quel modo diventa un mercato, e lo penso indipendentemente dalla nazione che lo fa."
Dunque, tutti insieme, autoctoni, semi-autoctoni e naturalizzati... forza Svizzera!
PB
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