
Il settore del granito ticinese naviga in cattive acque: come evidenziato oggi dalla Regione, negli ultimi mesi si sono registrati una ventina di tagli al personale in cinque ditte della Riviera, che si aggiungono ai 50 posti di lavoro saltati in due anni. Tagli imposti dal calo di domanda registrato negli ultimi mesi, in particolare dopo l'abolizione della soglia minima di cambio franco-euro.
A risentirne in modo particolare è stato il mercato nella Svizzera tedesca, storicamente molto redditizio per le ditte ticinesi. Claudio Giannini della Granito Legiuna SA punta il dito contro la classe politica: sempre più spesso la Confederazione e i Comuni preferiscono acquistare materiale all'estero. Graniti portoghesi, polacchi e cinesi strozzano la produzione nostrana, tanto da spingere alcune imprese locali a puntare al mercato estero. Trasportare lo stesso quantitativio di granito dalla Riviera a Basilea, infatti, costa 1200 franchi contro i 1100 della spedizione in Cina.
Secondo Maurizio Maurino (Maurino Graniti SA) le imprese locali si trovano confrontate anche con richieste che eccedono le effettive capacità produttive, dal boom della pietra artificiale e dalla concorrenza da ditte italiane che acquistano granito grezzo ticinese, lo lavorano e lo rivendono a prezzi molto inferiori rispetto a quelli svizzeri.
Il malumore nelle ditte ticinesi riguarda anche i costi di produzione e i costi della manodopera locale, ritenuti troppo alti e penalizzanti.
Spiragli di ottimismo filtrano dalla Giannini Graniti di Lodrino, che spera di rilanciarsi anche grazie a un'operazione di marketing fuori dal comune: ospiterà infatti la rappresentazione openair dell'opera Turandot.
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