Ticino
Franchigia più bassa per spesa all’estero, sì o no?
Immagine © CdT/ Chiara Zocchetti
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Redazione
3 anni fa
Ha fatto discutere l’approvazione del Parlamento sull’abbassamento della franchigia sull’Iva per gli acquisti oltre dogana. Sergio Rossi: “Un passo nella giusta direzione”, Marco Chiesa: “Incentiva le attività sul territorio”, Bruno Storni: “Misura vessatoria, il problema sono i salari”

Il limite per franchigia sull’Iva per gli acquisti oltreconfine dovrebbe venir ridotto se non completamente eliminato. Questo quanto proposto l’altro ieri dal Parlamento, dopo l’approvazione da parte di entrambe le Camere di una mozione e di due iniziative cantonali in tal senso. Ad oggi la soglia di esenzione sull’Iva è infatti fissata a 300 franchi, cifra sotto la quale si è esonerati dal pagamento di questa imposta, ovviamente se i beni acquistati non saranno soggetti alla vendita nel nostro paese. Una riduzione che deve ancora venir approvata dal Consiglio federale ma che ha già dei sostenitori, ma anche degli avversari. Ticinonews ha intervistato in merito l’economista Segio Rossi, il presidente dell’Udc e consigliere agli Stati Marco Chiesa e il consigliere nazionale socialista Bruno Storni.

Rossi: “Gli acquisti vanno a discapito dell’economia locale”
“Si tratta di una misura che va nella giusta direzione, anche se potrà fare poco per cambiare la situazione. Però bisogna cercare di ridurre gli acquisti transfrontalieri perché vanno a discapito dell’economia locale, soprattutto in Ticino dove il commercio al dettaglio soffriva già prima della crisi pandemica”. Così argomenta il professore dell’Università di Friburgo, che aggiunge: “Molte persone benestanti fanno la spesa oltreconfine, che non avrebbero bisogno di fare. Per le persone che faticano ad arrivare a fine mese va bene di poter fare la spesa oltrefrontiera perché cercano di sbarcare il lunario, ma le altre persone dovrebbero spendere in Canton Ticino ed esentarle dal pagamento dell’Iva comporta uno svantaggio maggiore”.

L’esperto è comunque scettico sull’effetto della misura: “Cambierà qualcosa ma sarà poco visibile nell’insieme dell’economia nazionale e in Ticino, perché i problemi sono di ben altra natura. Bisogna aumentare il potere d’acquisto del ceto medio aumentando gli stipendi e diminuendo il loro carico fiscale”. Tuttavia, “cercare di andare in quella direzione farà del bene anche se vuol dire aumentare l’onere burocratico per la Confederazione, anche se forse i costi saranno inferiori ai benefici”.

Chiesa: “Positivo incentivare le nostre attività”
“Hanno prevalso tre argomenti, sia al Nazionale che agli Stati. Uno è l’equità fiscale, l’altra è l’attività commerciale - sappiamo che 10 miliardi vengono spesi in questi acquisti - e anche dal punto di vista del traffico”, spiega Chiesa, “sotto questo punto di vista sono risposte corrette, io credo che incentivare le attività nel nostro territorio non può che portare qualcosa di positivo anche in Ticino”. Per il presidente dell’Udc inoltre: “Non ci saranno delle grandi ricadute per il consumatore ticinese. È vero che, se vogliamo tutelare i posti di lavoro anche sul nostro territorio questi 10 miliardi spesi all’estero hanno un senso”.

Storni: “Non serve, il problema sono i salari in Ticino”
Contrario il consigliere nazionale Bruno Storni, secondo cui il problema principale è da ricercare all’interno dei confini nazionali: “Io credo che il problema non sia di impedire questo, il problema è che se si va all’estero a fare la spesa è perché una buona parte della popolazione ticinese ha una paga abbastanza bassa, per cui ogni tanto fa capo ai negozi di oltreconfine”. Inoltre, “bisognerebbe cercare di migliorare i salari in Svizzera per evitare che uno prenda la macchina per andare a Varese a far la spesa. È questo il problema di fondo, il resto sono un po’ effetti collaterali e delle misure quasi vessatorie per eliminare questo problema. Eventualmente si potrebbe anche abbassare i prezzi di certi prodotti in Svizzera che come sappiamo sono molto più costosi rispetto all’Italia”.

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