Criminalità
Femminicidi in Svizzera, quest'anno sono già 22. Gysin: "Dati preoccupanti, è un problema sistemico"
© Shutterstock - Ticinonews
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Redazione
4 giorni fa
Femminicidi in aumento nella Confederazione, Gysin: “Un problema sistemico che la Svizzera non sta affrontando con la necessaria decisione. Serve maggiore consapevolezza e collaborazione”.

Ventidue. Sono i casi di femminicidio avvenuti in Svizzera in questi otto mesi dell’anno. Una cifra superiore rispetto a quella degli anni precedenti, nonostante siamo solo ad agosto. Uno di questi 22 casi è avvenuto in Ticino, precisamente a Lodrino a inizio anno. Si tratta, tuttavia, di statistiche non ufficiali in quanto, ad oggi, il Codice penale svizzero non contempla il reato specifico di femminicidio. Un tema su cui la consigliera nazionale Greta Gysin si batte da sempre a livello parlamentare, ma non solo, affinché questo reato venga riconosciuto. Ma a che punto siamo? “Siamo ancora in alto mare e - come dimostrano i dati - la realtà è davvero preoccupante. Purtroppo, c'è un peggioramento. Speriamo che il picco sia solo quest'anno e che non venga poi confermato nei prossimi anni”. Ma per Gysin i casi verificatisi quest’anno “sono davvero troppi e devono allarmare, perché ci mostrano che il problema è realmente sistemico. Difatti, negli ultimi anni, nonostante si sia parlato tanto di questa problematica e nonostante la Svizzera nel 2018 abbia sottoscritto alla Convenzione di Istanbul, si è fatto decisamente troppo poco per cercare di contrastare il fenomeno”.

“Ogni vittima è una vittima di troppo”

Quello che la consigliera nazionale ha voluto sottolineare è che “ogni vittima è una vittima di troppo. Bisogna agire con molta più decisione, a cominciare dal problema della mancanza di un'analisi sistematica dei casi di femminicidio”. Come detto, non c'è nessuna statistica ufficiale che ci dica quanti siano effettivamente i reati di femminicidio. “Non c'è nessuna analisi sistematica dei casi, che permetterebbe inoltre di intervenire in maniera più puntuale e precisa per cercare di contrastare e prevenire questa problematica. C'è quindi davvero ancora tanto da fare”.

Perché le leggi attuali non bastano

Ma perché le leggi attuali – come i reati di omicidio, assassinio e infanticidio – non bastano? “La legge punisce gli omicidi ed è giusto che sia così, indipendentemente dal genere e da altre caratteristiche della vittima”, spiega Gysin. “Quello che constatiamo nei casi di femminicidi è che si tratta di un problema strutturale. Sono degli omicidi che avvengono nell'ambito relazionale o tra ex partner; quindi, c'è una componente strutturale che va combattuta e affrontata”. La consigliera nazionale considera di primaria importanza non tanto un adeguamento a livello legislativo – quindi nella pena –, bensì nella prevenzione e nell’analisi dei casi, “in modo da evitare che si arrivi a quel punto trattandosi di un fenomeno, come detto, sistematico e strutturale. Quindi c’è bisogno di questa prevenzione, così come la possibilità di intervenire”. In altri casi di omicidio – come quelli legati alla criminalità o al puro caso – è infatti più difficile fare un lavoro di prevenzione “e nei casi di femminicidio, dove c'è veramente la possibilità di agire in maniera preventiva, non farlo è irresponsabile. La Svizzera non sta facendo abbastanza”.

Numero di emergenza dal 2026

La consigliera federale Elisabeth Baume-Schneider ha già annunciato che dal prossimo anno sarà disponibile un numero di emergenza e in novembre sarà lanciata una campagna per informare le persone colpite sulle possibilità a loro disposizione. Sono misure sufficienti? “È un passo avanti, che arriva dopo anni di impegno politico e discussioni veramente difficili. Anche in Parlamento. Per quanto riguarda la hotline attiva 24/24h ci sono state delle discussioni che considero assurde, con una parte del Parlamento che non riconosce la problematica e non vede la necessità di agire”. Gysin ha poi proseguito dicendo che una volta istituita questa hotline sarà anche importante prevedere dei meccanismi di aiuto e intervento immediato, “perché una delle caratteristiche frequenti di questi femminicidi riguarda il fatto che i segnali già c’erano, così come i campanelli di allarme, che sarebbero potuti venir recepiti da chi interviene a livello di polizia, piuttosto che dagli aiuti sociali o dal personale che segue i bambini a scuola”. Quello che è necessario fare, dunque, “è istruire la società e le autorità a riconoscere questi campanelli affinché si possa intervenire in maniera tempestiva e preventiva, evitando che si arrivi a casi drammatici", come quello che è avvenuto alcuni giorni fa a Corcelles, nel Canton Neuchâtel.

"Serve più collaborazione"

A mancare, dunque, è una collaborazione fra autorità e società civile. Ma in Ticino, invece, qual è la situazione? “Vige la stessa situazione che nel resto della Svizzera. Manca ancora una formazione per le persone che - a livello giudiziale e di inchieste - seguono queste casistiche e potrebbero avere la possibilità di intervenire o riconoscere in maniera preventiva i casi preoccupanti. Manca anche l'aiuto alle vittime 24 ore al giorno, così come un’accoglienza nelle case specifiche in caso di aiuto. C'è ancora tanto da fare, a partire dalla consapevolezza della popolazione - e di tutto lo spettro politico - che siamo di fronte ad un problema grave e strutturale, che va affrontato con più decisione e mezzi”.