
Confermato il decreto d’abbandono per i fatti legati alla demolizione dell’ex Macello, avvenuta nella notte tra il 29 e il 30 maggio scorsi. Lo ha comunicato oggi il Ministero pubblico, su decisione del Procuratore generale Andrea Pagani. Cadono dunque le ipotesi di reato di abuso di autorità (art. 312 CP), di violazione intenzionale, subordinatamente colposa, delle regole dell'arte edilizia (art. 229 CP), di infrazione alla Legge federale sulla protezione dell'ambiente (art. 60 LPAmb) e di danneggiamento (art. 144 cpv. 1 CP). Questo in quanto, si legge, “sulla scorta di una minuziosa ricostruzione dei fatti basata su una trentina di interrogatori, su analisi chimiche dei detriti, su una perizia tecnica circa la pericolosità concreta delle sostanze nocive riscontrate, su fotografie e filmati dell’accaduto e su un attento esame di ogni atto acquisito all'incarto, non sono risultati adempiuti gli elementi costitutivi dei reati ipotizzati”.
Il procedimento era stato aperto il primo giugno in seguito a una denuncia dei Verdi, il 28 ottobre era stato prospettato per la prima volta il decreto di abbandono ma le indagini erano state riaperte, su domanda dell’avvocato degli autogestiti Costantino Castelli, per interrogare nuovamente Karin Valenzano-Rossi. Le parti hanno ora 10 giorni per decidere se interporre reclamo contro il decreto alla Corte dei reclami penali del Tribunale d’appello.
Le motivazioni
In estrema sintesi, per quanto riguarda il reato di abuso di autorità, il Ministero pubblico fonda la sua decisione sul fatto che “non è possibile sostenere che chi ha prospettato la demolizione del tetto ed eventualmente di una parete (ossia lo Stato Maggiore) e/o chi ha deciso/autorizzato un simile intervento edilizio parziale (cioè quattro membri del Municipio) abbia agito con il fine di recar danno a terzi come invece prescrive l’art. 312 CP”. Secondo la procura infatti la decisione di demolire una parete e il tetto, sarebbe avvenuta per la volontà di preservare gli stessi autogestiti nel caso avessero tentato di salire sul tetto per rioccupare l’edificio. Un’eventualità possibile, secondo il Ministero, viste le diverse fotografie che hanno ritratto persone sul tetto nel corso di diverse manifestazioni e dimostrata dai tentativi di riprendere possesso dello stabile effettuati quella stessa notte.
Demolizione totale, fu “un malinteso”
Il Ministero pubblico si è inoltre espresso sulla demolizione “parziale” dello stabile, decisa dal Vicecomandante della Polizia cantonale dopo l’approvazione del Municipio, che sarebbe stata totale “per un malinteso dovuto ad un claudicante passaggio di informazioni fra il Capo Impiego del Servizio di mantenimento dell’ordine, dapprima, e un Ufficiale dello Stato Maggiore, poi, operanti da Bellinzona, e chi, sul terreno a Lugano, era addetto a dirigere l’esecuzione degli ordini”.
Vale la “necessità esimente”
Ad ogni modo, “anche se si volesse ritenere per riempito l’elemento soggettivo del reato in esame”, la Città avrebbe agito in situazione di “necessità esimente”, secondo cui “chi commette un reato per preservare un bene giuridico proprio o un bene giuridico altrui da un pericolo imminente e non altrimenti evitabile agisce lecitamente se in tal modo salvaguarda interessi preponderanti”. Secondo il procuratore generale Andrea Pagani inoltre il Municipio avrebbe seguito l’iter corretto disdicendo dapprima la Convenzione tra Città e autogestiti, fissando in seguito un termine per lo sgombero degli spazi, sgombero poi avvenuto il 29 maggio dopo che la manifestazione era “degenerata”. Motivo per cui, si legge, “di riflesso, non può aver commesso il reato di abuso d’autorità il Vicecomandante della Polizia cantonale che ha ordinato ai suoi uomini d’eseguire lo sgombero deciso dall’Esecutivo, sulla correttezza del cui operato non aveva motivo di dubitare”.
“Nessuna situazione di pericolo dovuta all’amianto”
Per quanto riguarda le altre ipotesi di reato, per quanto riguarda il danneggiamento è prevalsa ancora una volta “la salvaguardia dell’incolumità fisica delle persone rispetto ai beni materiali di terzi” che, si legge, “ha impedito la promozione dell’accusa”. Riguardo al reato di violazione delle regole dell’arte edilizia, secondo il Ministero questa sarebbe stata adempiuta “solo allorché (...) viene creata una concreta situazione di pericolo”, esclusa dalla perizia secondo cui la presenza di piccole quantità di amianto e idrocarburi policiclici aromatici non avrebbe costituito un potenziale danno per le persone durante e dopo la demolizione.
“Macerie in sicurezza”
Infine, sia sulla base di quest’ultima perizia che “poiché le macerie sono rimaste in gran parte in loco e poste immediatamente in sicurezza rispettivamente, in parte minoritaria, sono state trasportate (sotto sequestro) presso una ditta specializzata su raccomandazione dei preposti servizi cantonali”, cade anche l’ipotesi di reato di infrazione alla Legge federale sulla protezione dell’ambiente.
Il testo completo riguardo alla decisione può essere trovato a questo link.
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