
Salari che raramente superano i 2’000 franchi al mese, per turni di lavoro che possono raggiungere le 12 ore al giorno e senza pausa. È la realtà a cui sono confrontati molti saloni di bellezza. La denuncia arriva da un’imprenditrice del settore, Oriella Page, che invita le vittime a parlarne per migliorare la situazione. Teleticino ha anche raccolto la testimonianza di due giovani donne che lavorano nel settore e chiesto una valutazione ai sindacati, che sono in trattative per redigere un contratto collettivo di lavoro.
L’invito a denunciare
“È un settore in cui c’è tanta omertà perché le ragazze hanno paura”, racconta Page. “Facendo i colloqui con loro mi sono resa conto che la normalità sono condizioni di lavoro non accettabili, che svalorizzano la nostra professione: stipendi indecenti che non rispettano il contratto normale di lavoro, turni di 10-12 ore al giorno senza pausa, nessun programma di formazione, ecc...”. Per l’imprenditrice ci deve essere una presa di conoscenza generale. Da un lato il cliente “che sceglie un istituto di bellezza in cui ci sono le condizioni giuste e ciò implica anche un certo tariffario”. Dall’altro il datore di lavoro e le ragazze. “Quando assumo ragazze giovani e le vedo completamente demotivate, frustrate, che non riescono a sognare un’indipendenza perché i soldi non bastano ad arrivare a fine mese o che arrivano con problemi psicologici per esperienze vissute in precedenti posti di lavoro, la cosa mi rattrista molto e la ritengo ingiusta”, prosegue Page. “Quello che posso fare è parlare a nome di queste ragazze. E a chi sta vivendo dei momenti difficili vorrei dire che non sono sole: c’è un’associazione di categoria, uffici competenti e i sindacati. Ma è importante parlarne e denunciare perché altrimenti la situazione non potrà cambiare”.
“Prendevo 1’100 franchi al mese”
La prima ragazza racconta di aver preso 1’110 franchi al mese, arrivando a lavorare anche 10 ore al giorno e spesso le capitava di non fare pause. “Ho accettato perché avevo bisogno di lavorare”, confessa la ragazza, che però si è ritrovata anche a non svolgere più la sua funzione, trascorrendo pomeriggi o mattine intere in lavanderia o a pulire le cabine. “Negli ultimi mesi stavo male tutti i giorni e le ultime due settimane non riuscivo più andare al lavoro perché mi venivano attacchi di panico. Quando ho deciso di andare via, mi han fatto capire che non meritavo di essere lì”.
“Un contratto a ore e non sapevo mai quando finivo di lavorare”
“Lavoravo 11-12 ore senza pausa”, racconta la seconda ragazza. “Se avanzava tempo tra una cliente all’altra, cosa molto rara, potevo fermarmi un attimo. Avevo un contratto a ore, quindi non uno stipendio fisso. Non sapevo quanto lavoravo mese per mese e non sapevo i miei turni di lavoro. Le ferie? Dovevo farle quando voleva la mia ex titolare”. La ragazza non si è mai rivolta a un sindacato, ma stando al suo racconto sono tante le ragazze che si trovano nella sua stessa situazione. “Non mi è mai venuto in mente di rivolgermi a un sindacato, non sono fatta così, non so, forse ho sbagliato”.
I sindacati in trattativa per un CCL
Per i sindacati c’è naturalmente sconcerto, ma queste situazioni non sono una sorpresa. “Sono situazioni che conosciamo in questo ramo professionale e in altri, che sono specchio di una realtà che purtroppo esiste ed è sempre più presente in un mercato del lavoro dove le condizioni sono sempre più difficili. Casi come questi ne vediamo settimanalmente”, commenta Giangiorgio Gargantini del sindacato Unia. Il coraggio di parlarne fa comunque scuotere le coscienze, afferma Renato Ricciardi del sindacato OCST. “Sono testimonianze che nella drammaticità di chi le vive ‘fanno bene’. Raccontare e renderci conto della situazione del nostro Cantone non può non scuoterci”. Una delle ragazze afferma di non essersi rivolta a un sindacato. Per Ricciardi può comunque essere d’aiuto: “Il sindacato può proteggere le lavoratrici e le condizioni di lavoro. La cosa peggiore è rassegnarsi di fronte a queste situazioni”.
Nel frattempo i sindacati sono in trattative per un contratto collettivo di lavoro con l’associazione di categoria: “Abbiamo per fortuna ancora datori di lavori e associazioni serie e coscienti della situazione del ramo”, sottolinea Gargantini. “Sono coscienti che queste situazioni sono inaccettabili e devastanti per i lavoratori che le vivono. Ma sono pericolose anche per quei datori di lavoro che vogliono lavorare correttamente nel rispetto della legge: qualcuno che non paga i salari dovuti, sicuramente può permettersi di fare prezzi concorrenziali rispetto ad altre realtà che vogliono pagare correttamente i propri dipendenti, creando così concorrenza sleale”. Non mancano infine i controlli, aggiunge Ricciardi. “La Commissione tripartita e l’ufficio dell’ispettorato del lavoro hanno svolto dei controlli nel settore: era emerso che il 20% dei controlli aveva rilevato salari inferiori a quelli previsti dal contratto normale di lavoro (che stabiliscono salari minimi). Ora stiamo facendo un passo ulteriore con il contratto collettivo di lavoro, che regola non solo i salari, ma anche le altre condizioni di lavoro”.
© Ticinonews.ch - Riproduzione riservata