Ticino
“È inevitabile che ci sia una seconda ondata”
Redazione
4 anni fa
Così Paolo Ferrari, capo area dell’EOC sullo scenario futuro. Per la pianificazione ospedaliera ammette: “Un’altra configurazione avrebbe permesso minori sforzi”

Paolo Ferrari, capo area dell’EOC, intervistato dai colleghi di Teleticino ha fatto il punto sulla pianificazione ospedaliera in Ticino e, sui prossimi sviluppi del virus, ha ricordato: “È inevitabile che ci sia una seconda ondata”.

Quello che si sa del Covid

“Il Covid si comporta come l’influenza da un punto di vista dei sintomi, da un punto di vista dei contagi, ma la differenza la fa sui pazienti che devono essere ricoverati” ribadisce Ferrari. “Se guardiamo il numero per 100mila abitanti è tre volte tanto quello che un’epidemia di influenza può sollecitare e questo ha un impatto estremamente importante sulla presa a carico degli ospedali”.

La seconda ondata

Si parla di una seconda ondata che andrà a colpire il sistema ospedaliero un’altra volta. Ma arriverà? E se sì, quando? “I primi dati che abbiamo sui test sierologici ci dicono che effettivamente la percentuale della popolazione colpita da questo virus è ancora insufficiente per dire che esista un’immunità di gregge. È inevitabile che ci sia una seconda ondata” asserisce. Caldo e virus vanno spesso a braccetto, ma non è certo che sia lo stesso in questo caso. “Da altri coronavirus sappiamo che questi tendono a scomparire nei mesi caldi e che riappaiono poi nei mesi freddi, per questo motivo una seconda ondata in autunno non ci sorprenderebbe”. Ma Ferrari specifica: “È incoraggiante che il numero di casi positivi riscontrati nel mese di maggio è inferiore a quello che abbiamo avuto in un solo giorno a metà marzo. Malgrado siano state allentate determinate misure non sembra che ci sia un aumento dei contagi tale da indicare che nelle prossime settimane ci presenteremo di fronte a una seconda ondata”.

Autunno: influenza e Covid

Quindi sarà più problematico in autunno, quando l’influenza si sommerà al Covid. “Noi sappiamo che l’epidemia di influenza non si ripresenta ogni anno nello stesso modo, ed è quasi inevitabile che anche quest’anno avremo un’epidemia di influenza importante”. La situazione dunque verrà gestita in questo modo: qualsiasi paziente con “la tosse, la febbre o il mal di gola sarà trattato come un paziente Covid”. E questo, inevitabilmente avrà un’implicazione importante sulla gestione delle infrastrutture ospedaliere. Ma gli ospedali sono pronti a tutto questo? “È nostro compito mantenere la prontezza, tutta la logistica montata in questi mesi è stata mantenuta. Abbiamo dei reparti chiusi pronti ad essere riattivati in 24 ore e questo è importante perché il compito della sanità è impedire che il governo chiuda di nuovo l’economia”.

Effetti collaterali che gravano sulla salute mentale

“Ci sono effetti economici ma anche sulla salute” dice Ferrari. “I giovani senza impiego oggi sono sotto stress. Questo stress mentale causa dei problemi psichici che hanno un impatto sulla salute a lungo termine”. Una diminuzione della qualità di vita porta dunque a “un aumento delle malattie croniche secondarie che riducono la speranza di vita nell’arco degli anni”. Questi, però, “sono danni collaterali che non potremo misurare a breve termine ma solo a lungo termine”.

Organizzazione ospedaliera

La pandemia in Ticino ha dato problemi anche (e sopratutto) nell’organizzazione degli ospedali sul territorio. “Il Covid ci ha dimostrato che abbiamo dovuto investire degli sforzi che con un’altra configurazione dell’EOC sarebbero stati minori” spiega. “Abbiamo dovuto smontare tre ospedali per poter creare in un solo ospedale quell’infrastruttura che potesse accogliere i pazienti Covid. Abbiamo dovuto creare letti di cura intensa laddove non ce n’erano e questo prendendo ventilatori, monitor, apparecchi di somministrazione dei medicamenti dalle varie sale operatorie, perché non c’era un’infrastruttura logistica capace in un’unica sede”. Per questi motivi “bisogna considerare una redistribuzione dell’offerta sanitaria. In parte vuol dire che bisogna concentrare alcune prestazioni complesse in un’unica sede, per mantenere un equilibrio anche in una situazione difficile come quella che abbiamo vissuto con il virus”.

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