
C’è una certa preoccupazione intorno alla questione dell’accesso alle formazioni del Dipartimento formazione e apprendimento della Supsi (Dfa), che permettono di insegnare nelle scuole ticinesi: dalle colonne del CdT (03.12.21), il presidente del sindacato Vpod docenti Adriano Merlini aveva espresso la sua preoccupazione per criteri più permissivi applicati dal Dfa per la selezione dei suoi studenti, ovvero i futuri docenti degli allievi ticinesi. La granconsigliera Ppd Maddalena Ermotti-Lepori, già docente, condivide sostanzialmente i timori di Merlini e li affida a un’interrogazione all’attenzione del Consiglio di Stato.
La deputata denuncia “la tendenza degli ultimi anni a concedere anche a candidati senza nemmeno un bachelor di avviare la carriera di insegnante”, “proponendo “cerotti” di ripiego fatti in casa”. Nello specifico, “di fronte alla cronica mancanza di docenti di scuola media, in particolare in alcune materie, da anni al Dfa si è chiesto di offrire delle formazioni ad hoc, per poter comunque disporre dei docenti necessari, anche se sprovvisti di bachelor (e ovviamente di master)”. Una soluzione che effettivamente è stata adottata dall’ex scuola magistrale, in collaborazione con il Decs.
Anche alle elementari
Ermotti-Lepori segnala poi criticità simili anche nelle scuole primarie: “Nelle scuole elementari, parrebbe che i candidati-docenti (che frequentano il Dfa per diventare docenti elementari) che non hanno la maturità liceale siano in aumento”. “Quanto ai possessori di una maturità professionale, invece, da un ventennio essi potevano frequentare per un anno il “corso passerella” presso il liceo”. “Dallo scorso giugno – prosegue la granconsigliera – su richiesta del Decs, il Dfa ha introdotto (per i possessori di una maturità professionale) un corso di formazione complementare, interno allo stesso Dfa, con meno ore rispetto al “corso passerella”, più limitato nei contenuti e negli obiettivi”.
Strategia sbagliata
Nel complesso, Ermotti-Lepori critica la strategia del Cantone di soddisfare il fabbisogno di docenti, non sempre facile da coprire, basata sull’allentamento dei criteri di selezione per le formazioni fornite dal Dfa. “Dispiace che, invece di migliorare le condizioni di lavoro (ad esempio lo stipendio, ma anche il crescente carico di burocrazia eccetera), di fronte alla carenza di docenti si abbassino i requisiti per l’accesso alla professione o addirittura si deroghi ai requisiti minimi richiesti per legge (abilitazioni, risultati sufficienti ai colloqui di assunzione o ai rapporti annuali)”.
All’attenzione del Consiglio di Stato
Un’osservazione che si ritrova nelle domande poste dalla parlamentare Ppd, che dal Governo vuole sapere quale sia l’entità di questo fenomeno, con numeri precisi, all’interno delle scuole elementari e medie ticinesi, ma anche se l’Esecutivo non ritenga necessario “eseguire uno studio indipendente che risponda alla domanda: perché la professione docente è meno attrattiva per i giovani? Quali possono essere i rimedi per attrarre giovani qualificati?”
Il Dfa: “Rispettiamo i criteri del Cdpe”
Il direttore del Dfa Alberto Piatti, sempre dalle colonne del CdT, aveva già risposto alle critiche di Adriano Merlini, rispedendole al mittente. “Se la Cdpe (Conferenza dei direttori cantonali della pubblica educazione, ndr) richiede 100 per insegnare quella specifica materia, noi chiediamo 100. Il sistema svizzero pone questi requisiti e noi li rispettiamo. In alcun modo abbiamo optato per una scorciatoia. Non in Ticino dove si rispettano i requisiti Cdpe”, ha dichiarato.
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