
In futuro non sarà più possibile adottare in Svizzera bambini provenienti dall'estero. Lo ha deciso il Consiglio federale, che ha incaricato il Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP) di elaborare, al più tardi entro la fine del 2026, un progetto di legge in tal senso da porre in consultazione. Una decisione drastica presa per tutelare le persone interessate ed escludere il rischio di abusi dopo le irregolarità emerse in passato. Una decisione che però implica anche importanti conseguenze per le persone interessate ad adottare un bambino, ma anche per le associazioni che operano in questo campo. "Non mi aspettavo una misura così drastica", commenta raggiunta da Ticinonews Orietta Lucchini, presidente e responsabile adozioni internazionali dell'associazione Mani per l'infanzia, una delle più grandi in Ticino. "Pensavamo a un irrigidimento o a un cambiamento delle regole, o la scelta orientata a paesi più affidabili. Ma una drastica decisione come quella presa oggi, che speriamo non diventi definitiva, no".
In base al suo osservatorio quanto è grande il problema degli abusi?
"Non ho grandi dati. Questo problema dell'abuso salta fuori da uno studio effettuato sulle adozioni svoltesi tra il 1970 e il 1999, quando non c'era una buona regolamentazione e non c'era l'applicazione della Convenzione dell'Aia sulla protezione dei minori e sulla cooperazione in materia di adozione internazionale. Ma le cose sono cambiate sostanzialmente. Sono molto meravigliata che si possa fare riferimento a una situazione di 30-50 anni fa".
Come mai si è arrivati a una decisione così drastica? Non si poteva stringere un po' di più le maglie dei controlli?
"Credo che alla base ci sia poca conoscenza del mondo delle adozioni. Lo continuo a ripetere in questi anni: l'adozione non è davvero conosciuta. Mi piacerebbe riuscire a portare informazione a far conoscere questo mondo".
Ci può spiegare il concetto di adozione?
"Paragoniamo la situazione di 30-50 anni fa a quella attuale. In passato una coppia viaggiava in un paese, visitava un orfanotrofio, si innamorava di un bambino e poi dall'estero chiedeva di poterlo adottare, senza nessuna procedura di valutazione di idoneità della coppia e neppure una valutazione sul bisogno effettivo del bambino di trovare una nuova famiglia. Ora tutto è molto regolamentato: le famiglie vengono seguite e valutate perché possano essere dichiarate idonee all'adozione. Dal lato dei bambini, i paesi che hanno firmato la convenzione dell'Aia devono sottostare a tutta una serie di regole: un bambino che non è dichiarato adottabile da un tribunale non può essere proposto in adozione. Per essere dichiarato adottabile dovranno essere verificati vari punti. Alla fine l'adozione di un bambino avviene solo quando non può essere aiutato se non attraverso l'adozione internazionale".
Se la decisione dovesse diventare definitiva, per una coppia svizzera che volesse provare ad adottare sarà molto difficile...
"Sarà impossibile una volta che è diventata definiva. Questo significa incentivare invece il turismo della procreazione assistita, in paesi dove le regole sono meno restrittiva rispetto alla Svizzera. Inoltre vuol dire correre il rischio di abusi e negligenze. Purtroppo sappiamo che il tentativo di arrivare in qualche modo ad avere un bambino in famiglia porterà qualcuno a farlo in altro modo. Non dobbiamo inoltre dimenticare che questi bambini ci sono, non li dobbiamo creare. Hanno la loro situazione drammatica e probabilmente ce li dimenticheremo perché l'adozione porta anche le famiglie, ma tutta l'opinione pubblica ad avere uno sguardo sulla situazione di questi bambini. Loro saranno sempre lì ad aspettare una mano amica".