Chiesa
De Raemy: "Il nuovo Papa? Ho avuto modo di conoscerlo personalmente"
16 ore fa
Sono numerose le voci che oggi si sono espresse sull’elezione del nuovo papa. Ticinonews ha voluto raccogliere anche quella della Chiesa ticinese attraverso le parole dell’amministratore apostolico Alain De Raemy che, prima che diventasse papa Leone XIV, lo ha conosciuto di persona.

“Quando è stato annunciato con la fumata bianca, mi trovavo in una stanza accanto con una prete e una persona che lo accompagnava. Poi ci hanno giustamente interrotti, dicendo che dovevamo andare per ovvi motivi. Ho provato una grande gioia, perché dopo quattro scrutini è un bel segno arrivare alla quasi unanimità”. Il vescovo di Lugano e amministratore apostolico Alain de Raemy ci ha poi parlato della sua reazione all’annuncio del nome del nuovo Papa, ovvero il cardinale Robert Francis Prevost, che da ieri si fa chiamare Leone XIV. “È stata una sorpresa, anche se io non avevo candidati. I conclavi ci sorprendono sempre e rispetto all’opinione pubblica c’è tutta un’altra dinamica. Non dipende dalla popolarità di una persona, bensì si sceglie provando a conoscersi a vicenda e – scoprendosi gli uni con gli altri – giungono a una sorta di evidenza che fa capire di aver trovato la persona giusta”.

Un papa statunitense

Ma che significato ha l'elezione del primo Papa statunitense della storia? “Un significato forte. Il bello è che si tratta di una persona che ha esperienza degli Stati Uniti, sia perché è nato lì da una famiglia di immigrati sia per l'esperienza del Perù da missionario in un contesto del tutto diverso. Era un pastore in un contesto peruviano di povertà, difficoltà e corruzione. Dunque questa esperienza forte l'ha fatta, senza però dimenticare l'esperienza degli Stati Uniti. Sarà quindi di grande aiuto per il suo compito internazionale”. De Raemy l’ha inoltre conosciuto prima che venisse nominato Papa Leone XIV.  “L'ho conosciuto da vescovo e da amministratore apostolico della diocesi di Lugano. Quando mi sono recato a Roma per chiedere qualche consiglio durante i colloqui sono andato da lui, perché era lui ad occuparsi dei vescovi. Ci siamo quindi trovati una volta, anche con un suo collaboratore, e poi abbiamo avuto un colloquio telefonico”.

Una sensibilità pastorale dal basso

Il nuovo papa, come detto, viene anche da una lunga esperienza missionaria in Perù. Ma quanto conta oggi questa sensibilità pastorale dal basso? “Conta tanto, perché è la realtà della maggioranza della popolazione mondiale. Noi qui siamo dei privilegiati, nonostante ci sia povertà anche in Svizzera. Dunque lui ha vissuto un'esperienza vicina della povertà e questo è realismo, perché permette di aprire gli occhi sulla realtà del mondo”.

La scelta del nome

Il nome Papa Leone XIV cosa può indicare per il suo pontificato? “All'inizio abbiamo tutti pensato a Leone XIII, che è stato l’ultimo Papa con questo nome. Ma sembra che faccia anche riferimento al primo Papa che si è chiamato così, Leone I - o Leone il Grande come veniva chiamato nel quinto secolo - che è stato un grande teologo in un momento caratterizzato da un po’ di confusione sul contenuto della fede nella vita della Chiesa. Lui era infatti riuscito tramite un linguaggio adatto a mettere di nuovo insieme quello che si stava disperdendo. Ma Prevost non ha ancora spiegato a chi fa concretamente riferimento”.

Riflesso sulla Chiesa svizzera e ticinese

Questo nuovo pontificato avrà anche dei riflessi sulla Chiesa svizzera e ticinese? “A mio avviso riuscirà a coinvolgere maggiormente chi è in Vaticano, in Curia, ovvero chi è responsabile dei diversi dicasteri, dove sembra che non ci sia ancora abbastanza collegialità, ovvero collaborazione. Ci sarà quindi un coinvolgimento forse più grande anche dei cardinali stessi, perché lui - essendo arrivato in qualità di pastore dell'America del Sud - ha un'esperienza di soli due anni a Roma, ma ha avuto il tempo di conoscere dall'interno il luogo laddove dovrà aiutarci ad andare avanti insieme”. In questo senso, è possibile quindi che qualcosa si muoverà per quanto riguarda la situazione della nostra diocesi, così come in merito al suo mandato come amministratore apostolico? “Il vantaggio che abbiamo è che lui – avendo parlato con me – conosce già la situazione anche a Lugano e si è occupato di questo dossier. Dunque quando il suo collaboratore gli parlerà forse di Lugano, non avrà bisogno di ulteriori spiegazioni”, ha concluso de Raemy.