
In un momento in cui le tensioni tra Stati Uniti e Iran tornano a salire, con Donald Trump che minaccia apertamente Teheran e la comunità internazionale che osserva con preoccupazione, con Ferruccio De Bortoli – editorialista del Corriere della Sera e del Corriere del Ticino – cerchiamo di leggere le dinamiche in corso e i possibili scenari.
Iniziamo dalle dichiarazioni di Trump, che ha dato all'Iran un ultimatum definitivo: “Ho perso la pazienza". A suo avviso, gli USA interverranno direttamente? Per quanto sia possibile prevedere le mosse di Trump…
“Ci troviamo di fronte ad una presidenza imperiale e volubile. Mi sembra che Trump abbia messo sul piatto tutte e due le opzioni, ma soprattutto abbia esercitato la pressione più elevata possibile contro il regime di Teheran. Adesso siamo ancora nella fase della pressione psicologica elevatissima. Siamo sul crinale anche di un possibile intervento americano, con gli sviluppi assolutamente imprevedibili. L'Iran ha 90 milioni di abitanti, è uno snodo importante che potrebbe, con un allargamento del conflitto, avere delle conseguenze estremamente rilevanti. Mi sembra di capire che la Russia, alleata dell’Iran, da questo punto di vista non voglia fare niente di particolare. Anche perché questo le consente di mettere l'Ucraina in secondo piano”.
È ipotizzabile, a suo avviso, un cambio di regime in Iran?
“Il regime ha mostrato tutta una serie di fragilità, che già erano emerse per esempio nella campagna donna vita e libertà (emersa durante le proteste dopo la morte di Mahsa Amini, ndr). C'è questo potere dei pasdaran che è in caduta. C'è un paese che potrebbe anche liberarsi da questa morsa di una dittatura. Però non dobbiamo sottovalutare l'aspetto religioso. Ricordiamoci che l’intervento in Iraq del 2003, che aveva l'ipotesi di esportare la democrazia, ha poi avuto degli effetti largamente indesiderati con la crescita dello Stato Islamico e un'ondata di terrorismo”.
In questi giorni sono volate parole grosse. Il cancelliere tedesco ha dichiarato "Israele fa il lavoro sporco per tutti". Trump se n'è uscito con "sappiamo dov'è Khamenei ma non lo uccidiamo, per ora". A suo avviso quanto stiamo rischiando di assomigliare nei toni ai regimi che in fondo diciamo di voler combattere?
“Stiamo rischiando tanto. Siamo arrivati al punto di ritenere possibile la mediazione di Putin, che è l'aggressore in Ucraina. Quello che preoccupa è una perdita di peso specifico, anche culturale, da parte delle dichiarazioni di alcuni dei grandi leader dell'Occidente. È come se ad un certo momento ci si abitui un po' anche alle sparate di Trump, questo modo di essere un po' muscolare, anche nella postura delle stesse democrazie rappresentative. È un declino anche del modo attraverso il quale ci si esprime. Ciò porta poi a banalizzare gli argomenti, ad atteggiamenti volgari e alla fine ad assomigliare un po' a quei regimi e a quei dittatori che vogliamo contenere e combattere”.
C'è stato anche un battibecco virtuale tra Macron e Trump. Anche qui, stiamo assistendo un po' a una crisi della leadership occidentale o è un puro gioco delle parti?
“Una volta queste cose non sarebbero mai emerse, sarebbero rimaste nei retroscena e le avremmo scoperte leggendo qualche libro di memoria dei protagonisti. Quello che abbiamo visto in Canada in questi giorni è un po' la fine del formato del G7. L'abbandono di Trump e il fatto che abbia detto "avete sbagliato a sbattere fuori la Russia dal G8 nel 2014 dopo l’annessione della Crimea…C’è un po’ una crisi del multilateralismo: si va sempre di più su rapporti di forza bilaterali. E se i rapporti di forza sono bilaterali, è ovvio che si mette su un tavolo anche qualche frase di troppo e qualche dazio di troppo”.
Siamo partiti con le dichiarazioni di Trump che lancia un ultimatum all’Iran. A suo avviso c'è ancora spazio per negoziare con Teheran o siamo oltre il punto di non ritorno?
“Credo che lo spazio ci sia. C’è qualche interesse a sedersi ad un tavolo per evitare delle conseguenze militari e per non soccombere. Quello che è accaduto con l'operazione scatenata da Netanyahu ha dimostrato la inconsistenza, anche nella risposta, dell’Iran, nonostante alcuni missili abbiano bucato l’Iron Dome, colpendo Tel Aviv. Mi sembra comunque che la lotta sia impari, quindi ci dovrebbe essere un interesse a sedersi al tavolo. Ma quando i regimi sono in rotta, chi si siede al tavolo?”