
Da mesi una squadra di archeologi è al lavoro in via degli Internati, a Claro, per fare riaffiorare i resti di epoche dimenticate. Da quel piccolo fazzoletto di terra infatti emergono resti delle genti che vi sono passate, dai celti ai romani. “Il terreno è fatto da differenti strati che rappresentano differenti epoche”, racconta il responsabile Gabriele Giozza, che spiega ai microfoni di Teleticino “per fare un esempio al momento siamo appoggiati su uno strato che era frequentato all’età del bronzo”.
Un passaggio tra le epoche
Diversi i reperti rinvenuti, che segnalano anche l’evoluzione delle popolazioni: da un focolare di più di 3’000 anni fa, con i buchi per alloggiare i pali delle capanne, fino alle mura di contenimento ed edifici di epoca tardo-romana. Diverse le epoche e le pratiche, ma una costante: l’agricoltura. Tuttavia, specifica Giozza, “siamo anche su un luogo di passaggio, soprattutto via fiume o via lago. In fondo non siamo distanti da Locarno dove in epoca romana c’era un porto molto attivo e che probabilmente lo era già nelle epoche precedenti”.
Scavi fin dall’800
“Già a fine ‘800 e inizio ‘900 erano stati identificati due aree con delle necropoli, una vicina alla stazione attuale e una sui monti”, spiega la capo del Servizio archeologia del Cantone Rossana Cardani Vergani, “e se c’erano dei luoghi di sepoltura ci doveva essere anche un luogo dove la gente viveva. Ci troviamo a pochi chilometri da Bellinzona dove sappiamo che ci sono scavi risalenti al neolitico”.
Ma cosa ne sarà del patrimonio archeologico quando si comincerà a costruire? “Il patrimonio immobile, cioè le strutture, una volta documentato viene lasciato nel terreno”, spiega Cardani Vergani, “quello che viene recuperato è tutto il patrimonio mobile, ovvero gli oggetti che entrano a far parte delle collezioni dello Stato e come tali sono conservati, restaurati, studiati e nel limite del possibile pubblicati ed esposti.”
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