Ticino
Sventata strage: 7 anni e mezzo sospesi
Foto CdT/Gabriele Putzu
Foto CdT/Gabriele Putzu
Il 21enne è stato riconosciuto colpevole di atti preparatori di assassinio plurimo. Dovrà seguire un trattamento psichiatrico stazionario

“La lingua italiana non contiene aggettivi adatti per descrivere la gravità della colpa dell’imputato, inaudita mostruosa e agghiacciante”. È una sentenza di condanna pesante quella pronunciata nel tardo pomeriggio dalla Corte delle Assise criminali, presieduta dal giudice Mauro Ermani, a carico del 21enne a processo per la sventata strage alla Commercio di Bellinzona. L’imputato è stato riconosciuto colpevole di atti preparatori di assassinio plurimo per aver pianificato un piano di morte che si sarebbe dovuto concretizzare il 15 maggio 2018 durante il periodo degli esami di fine anno. La Corte ha condannato l’imputato a 7 anni e mezzo di carcere sospesi a favore di un trattamento psichiatrico stazionario affinché il 21enne possa intraprendere un percorso di guarigione in una struttura specializzata.

Il piano criminale: “uccidere in maniera indistinta”

Durante la lettura del dispositivo della sentenza, il giudice Ermani ha passato in rassegna le varie tappe di questo progetto criminale. Dall’acquisto delle armi alle munizioni, dal videotestamento che descrive le modalità con cui l’imputato sarebbe entrato in azione, ai numerosi scritti sequestrati dagli inquirenti. Scritti che testimoniano la volontà dell’imputato di “uccidere in maniera indistinta un certo numero di persone”. Lo stesso imputato, reo confesso, ha ammesso per la prima volta in maniera chiara durante il processo le sue intenzioni, e neppure la difesa, ricordiamo, ha contestato il reato per cui il giovane imputato era chiamato a giudizio.

I fatti salienti: dal licenziamento a Columbine

Secondo la Corte il piano criminale inizia a manifestarsi già nel 2017, dopo che una serie di eventi personali - come il licenziamento dal suo primo impiego e l’ennesima delusione amorosa - iniziano a condizionare indelebilmente il suo presente. In questo periodo l’ex alunno inizia ad immaginare un riscatto, alimentando un profondo odio verso sé stesso e verso gli altri. Prende forma in questo frangente anche la sua fascinazione per il nazionalsocialismo - non tanto come ideologia, ma per la portata di distruzione che questo ha significato nella Storia - e per figure come gli autori della strage alla Columbine High School. L’escalation di esaltazione e morte prosegue fino ai giorni precedenti all’arresto, avvenuto il 10 maggio 2018. L’acquisto del caricatore con 100 colpi, il giubbotto antiproiettile e i puntatori laser sono le ultime tessere, assieme al videotestamento del 3 maggio, di un puzzle che si sarebbe dovuto concretizzare con la strage del 15 maggio.

“Traferito nel foyer senza l’avallo del giudice”

Seguendo le richieste di accusa e difesa, la Corte ha deciso che il giovane non andrà in carcere, ma che dovrà seguire un trattamento psichiatrico stazionario, affinché possa affrontare seriamente i suoi fantasmi e condizionamenti profondi. A questo proposito, il giudice Mauro Ermani ha tuttavia fortemente criticato la decisione presa nel 2018 dall’allora pubblica accusa di trasferire il giovane in un foyer d’oltre Gottardo “senza attendere l’avallo del giudice dei provvedimenti coercitivi. È stata una grave prevaricazione dei ruoli. È accaduto qualcosa di inaccettabile!”, ha tuonato Ermani.

“L’imputato ha agito con scopo e modalità perversi”

L’imputato è stato condannato al massimo della pena per le fattispecie per cui era chiamato a giudizio. 7 anni e mezzo sospesi, cosi come chiesto anche dalla pubblica accusa sostenuta del procuratore pubblico capo Arturo Garzoni. “L’imputato ha agito con scopo e modalità perversi”, ha detto il giudice. Ha progettato il suo piano di morte “solamente per urlare al mondo la sua rabbia (per essere stato licenziato e per le delusioni amorose!) e per entrare nella storia accanto ai suoi idoli stragisti. “La sua colpa è così grave, ha detto il giudice, che le circostanze attenuanti non vengono prese in considerazione: né la giovane età, né la parziale collaborazione, né la scemata imputabilità di grado medio ravvisata dalla perizia”.

Ma sarebbe andato fino in fondo?

“Non sapremo mai se l’imputato avrebbe davvero concretizzato il suo piano di morte”, ha detto il giudice. Secondo la Corte, l’imputato è andato molto vicino al cosiddetto “punto di non ritorno” senza tuttavia raggiungerlo. In quel frangente l’unica reticenza che lo ha trattenuto dal realizzare il suo progetto criminale è stata la paura di suicidarsi. Quello che è certo, ha concluso Ermani, è che la strage alla Commercio di Bellinzona è stata sventata grazie alla segnalazione di una compagna di classe. Se il 15 maggio non c’è stata una carneficina è solamente grazie a lei.

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