
Dopo quasi due decenni di costante crescita, i dati dello scorso anno hanno mostrato una flessione del dato anagrafico pari al 6% delle coppie che si sono rivolte alla medicina della riproduzione. Per le donne il passaggio è da 39 a 36,6 anni di media, mentre per gli uomini l’età è passata da oltre 43 a poco meno di 40,5 anni. Un’inversione di tendenza dovuta a un fattore ben preciso. “Prima si interviene, valutando ad esempio la possibilità di crioconservare i propri ovociti, rispettivamente i propri spermatozoi, più si riduce il rischio di avere un problema di infertilità in futuro”, spiega ai microfoni di Ticinonews la ginecologa e direttrice sanitaria di Next Fertility ProCrea Marina Bellavia. Nell’ultimo periodo “c’è stata una campagna sulla preservazione della fertilità, sottolineando l’importanza di uno stile di vita sano e il ruolo dell’età”.
Cosa è cambiato
In passato “si presentavano donne sopra i 40 anni che pensavano che fosse semplice riuscire ad avere una gravidanza con le nostre tecniche. Erano assolutamente ignare sulla problematica dell’età legata ad esempio alla qualità degli ovociti”. La campagna “ha aiutato a capire che si possono sfruttare delle tecniche come la crioconservazione dei propri ovociti per ridurre il rischio di avere problematiche di infertilità in futuro”.
La procedura
Un abbassamento dell’età media, dunque, dovuto a un maggior numero di persone più giovani che decidono di crioconservare i propri ovuli o spermatozoi e di congelarli in azoto liquido a -197gradi , per poi poterli usare in futuro. “Viene fatto uno scongelamento allo stato dell’arte secondo le procedure di laboratorio”, afferma il responsabile di laboratorio della Next Fertility ProCrea, Gian Marco Momi. “Questi ovociti vengono riportati allo stato “normale”, come se fossero stati appena prodotti dalla donna, vengono quindi microiniettati con lo spermatozoo e poi da lì seguono lo stesso iter che hanno tutte le altre pazienti che si approcciano a un percorso di fecondazione in vitro”.
Un fenomeno in crescita…
La tecnica è possibile per entrambi i sessi, ma nel concreto è prevalentemente richiesta dalle donne. Già sdoganata nel mondo anglosassone sta crescendo, seppur lentamente, anche alle nostre latitudini. Negli ultimi anni anche social network e donne dello spettacolo che sono andate incontro a questo tipo di preservazione della fertilità hanno spinto le ragazze ad approcciarsi al discorso del congelamento degli ovociti. Il problema è che “non tutte sono nelle condizioni di poter cercare prima una gravidanza, per diversi fattori: o perché non hanno un partner, oppure perché per motivi di studio, lavoro, carriera non è possibile”, riprende Bellavia.
…destinato ad aumentare ancora
Nell’ultimo anno sono stati crioconservati tra i 150 e i 200 ovociti nella clinica di Lugano. Numeri in aumento rispetto agli anni passati e che, secondo la direttrice sanitaria della clinica, continueranno a crescere. “Se mettiamo sulla bilancia i rischi e i benefici di questa tecnica, se fatta al momento opportuno, sicuramente sarà una tendenza in aumento negli anni futuri”, termina Bellavia.
Gli sviluppi nella tecnica
La crioconservazione è dunque un fenomeno che sta prendendo sempre più piede. A confermarlo anche Alessandro Santi, primario del centro cantonale di fertilità dell'Ente Ospedaliero Cantonale. “Sicuramente è già da 4-5 anni che il numero di pazienti che desidera quantomeno discutere della possibilità di poter congelare i propri ovuli è nettamente aumentato”, spiega Santi. “Bisogna dire che da circa un decennio è cambiata la tecnica di congelamento degli ovuli e questo permette, in futuro, di avere molte più possibilità di avere un bambino”. A livello di tempistiche “in Svizzera si possono congelare gli ovuli per un massimo di 10 anni, un tempo sufficiente per molte donne, dato che la maggior parte delle pazienti interessate a questa pratica di solito è nel gruppo d’età 30-35”.
“Le cause dell’aumento dell’infertilità non sono ancora chiarite”
Il fatto che siano aumentate le richieste per ricorrere alla fecondazione assistita è dovuto a molteplici fattori. “Ci sono più difficoltà per le coppie nell’avere un figlio: si cerca più tardi il primo bambino e sono sicuramente peggiorate la qualità e la quantità dello sperma, riducendo purtroppo le chance di concepimento spontaneo”, prosegue Santi. “Le coppie hanno anche però più consapevolezza che essere aiutati prima consente di incrementare le chance”. Bisogna anche fare i conti con un aumento dell’infertilità, le cui cause non sono ancora state stabilite in maniera definitiva. “Se si cerca un bambino più tardi è ovvio che è più complicato, ma molte delle componenti che hanno portato alla diminuzione di qualità dello sperma non le consociamo ancora. Forse sono i microinquinanti da noi respirati o mangiati, in parte inconsapevolmente, ma rimangono molti punti di domanda”.
Il ruolo dell’età
Se si vuole che la pratica abbia effetto, occorre tenere conto di alcuni fattori. Come detto più volte in precedenza, l’età gioca un ruolo fondamentale. “Penso che intorno ai 30 anni per una donna sia importante porsi la domanda: 'potrò avere un bambino nei prossimi 2-3 anni?' E se la risposta è 'forse è difficile, vale la pena parlarne con la propria ginecologa e, se desiderato, fare un colloquio informativo per poter fare degli esami che permettano di capire quali siano le proprie chance”. Avere una buona consulenza “permette di scegliere in modo più consapevole e in futuro ci si farà magari meno scrupoli su quella che è stata in precedenza la propria decisione. Essere quindi ben informati oggi è importante e infatti le donne lo sono, grazie anche a internet”. Bisogna infine consdierare che se un uomo ha la possibilità di andare anche oltre i 40-50 anni. “dopo i 37-38 anni avere un bambino per una donna diventa decisamente più difficile. Non è solo una questione di quantità, ma soprattutto di qualità. È come se il DNA si auto danneggiasse e quindi questi ovuli fossero più fragili; la natura se ne accorge e rende più difficile poi lo sviluppo dell'embrione e quindi l'arrivo del bambino”, conclude Santi.