
Il licenziamento di un pompiere del Centro d'intervento del San Gottardo che avrebbe minacciato il suo superiore sarebbe legittimo. Lo ha stabilito il Tribunale amministrativo federale (TAF) lo scorso 9 aprile, respingendo il ricorso presentato dal legale del milite.
I fatti risalgono all’autunno del 2017, quando erano sorte delle tensioni tra una parte del gruppo dei collaboratori della sezione sud Centro d'intervento del San Gottardo e il loro caposezione. Undici militi su venti – incluso il ricorrente, che fungeva da portavoce del gruppo - avevano inoltrato una richiesta d'intervento all'Organo di mediazione del personale del Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (DDPS). Le tensioni avevano portato all'avvio di un coaching accompagnatorio per il caposezione e all'introduzione di un gruppo di lavoro esterno, competente in psicopatologie del lavoro, atto a verificare la situazione di disagio all'interno della sezione Sud.
Il 30 novembre 2017 il milite avrebbe minacciato il caposezione, in quel momento non presente sul posto, con la frase, rivolta a un collega: “Digli di andare a ca**re, anzi di venire qui così ti prendo il coltello che hai al cinturone e gli taglio la gola”. L’episodio è stato segnalato dal capo del Centro d'intervento del San Gottardo al capo del Centro logistico dell'esercito Monteceneri e, dopo una sospensione, il 19 dicembre successivo l’uomo (denunciato penalmente per minaccia dal proprio superiore) era stato licenziato dal DDPS.
Il 12 marzo gennaio 2018 il milite - per il tramite del suo patrocinatore, l’avvocato Rocco Taminelli - aveva presentato ricorso postulando l'annullamento della suddetta decisione. In sostanza, l’uomo aveva lamentato una grave violazione del suo diritto di essere sentito segnatamente per mancato accesso a tutti gli atti del suo incarto personale, nonché un abuso di apprezzamento delle circostanze di fatto, non sussistendo nel suo caso un valido motivo di disdetta. A comprova di ciò, aveva chiesto l'assunzione di vari mezzi probatori. Richiesta cui il DDPS si era opposta.
Il TAF ha dato ragione al Dipartimento ritenendo che le problematiche riscontrate dal caposezione Sud (così come ipotetici conflitti personali preesistenti tra loro) fossero ininfluenti ai fini del giudizio e quanto accaduto il 30 novembre 2017 “giustificava e giustifica tutt'ora il suo licenziamento in via ordinaria”. Per la Corte, cha ha escluso un trasferimento del milite in un’altra unità, “la fattispecie in esame appare chiara e gli atti rilevanti dell'incarto risultano completi”.
I giudici hanno concluso che “la decisione di disdetta in via ordinaria presa nei confronti del ricorrente non è contraria al diritto applicabile, non può inoltre essere considerata frutto di una violazione del suo diritto di essere sentito, né tantomeno del divieto dell'arbitrio o dell'abuso nell'apprezzamento delle circostanze di fatto dell'autorità inferiore”.
Va detto che sempre a seguito delle tensioni insorte tra i pompieri del Gruppo d’intervento e il caposezione, come riportato da LaRegione il 27 settembre 2018, il divisionario Thomas Kaiser era per finire intervenuto trasferendo il caposezione e introducendo alcuni correttivi.
Contattato da Ticinonews l’avv. Taminelli ha spiegato che valuterà con il suo cliente un eventuale ricorso in ultima istanza al TF: “La sentenza ha preso per buoni tutti gli argomenti del DDPS, ignorando completamente i nostri, e lede clamorosamente il diritto di essere sentito del mio mandante, poggiando su documenti perlomeno controversi, che riportano dichiarazioni nemmeno firmate, e senza che si sia potuto sentire chi le avrebbe rilasciate. Se ricorrere o meno è, per il mio mandante anche una questione di costi, siccome la procedura sino a questo momento gli è già costata parecchio.”
(Sentenza A-1524/2018 del 9 aprile 2019)
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