
Quarant’anni fa un attentato sconvolse il mondo intero. È il 13 maggio del 1981 a Roma - mentre fa il giro tra i fedeli a Piazza San Pietro prima dell’udienza generale - qualcuno spara due colpi a Papa Giovanni Paolo II che si accascia sulla papamobile. I proiettili sono partiti da una distanza di tre metri e mezzo impugnata da Mehmet Ali Agca, il Pontefice viene trasportato in ospedale in fin di vita, ha perso tre litri di sangue ma viene sottoposto a cinque ore e mezzo di intervento che supera senza grossi problemi. Come accolsero la notizia i media e quali le reazioni? I colleghi di Radio3i lo hanno chiesto allo scrittore e giornalista Michele Fazioli.
“Ero a Comano e stavo traslocando in televisione e quando arrivò la notizia il direttore dei programmi si appellò a me”, ricorda Fazioli. Ben inteso, la televisione del 1981 non è paragonabile a quella di oggi giorno: “Non c’era un programma di un’uscita in diretta ma bisognava darla ma per vedere le immagini bisognava aspettare la sera”.
Tutti – sottolinea Fazioli – “eravamo colpiti da questa cosa inaudita proprio perché il Papa sembrava intangibile”. “Ci fu uno sgomento come se qualcuno avesse violato delle regole non dette ma profondissime, toccando qualcosa di sacro”, ricorda. “Il Papa, inoltre, da lì a pochi mesi sarebbe dovuto venire in un viaggio in Svizzera e avrebbe iniziato dal Ticino”. Un’emozione supplementare, ricorda Fazioli, che ha colpito molto anche il popolo ticinese.
“L’attentatore era un folle e fu anche perdonato dal Papa che andò a trovarlo in carcere in un incontro riservato di cui nessuno sa molto”, aggiunge. “L’episodio resta un mistero, il Papa ha sempre sostenuto che la Madonna di Fatima lo ha salvato spostando di poco il proiettile”, spiega Fazioli. “Questo attentato può essere visto da molte parti e resta un mistero ma soprattutto rimane una cosa inaudita: come si fa sparare al Papa?”, conclude.
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