
Il coronavirus colpisce anche la psiche. Da inizio della pandemia sono diverse le persone che hanno contattato l’hotline di sostegno piscologico messo a disposizione dal Cantone. A confermalo ieri in conferenza stampa è stata la coordinatrice della task force psicologica Covid-19 Maria Chiara Ferrazzo Arcidiacono.
Misure che cambiano ogni settimana, informazioni, disinformazione, solitudine, stress, nervosismo, turni di lavoro molto faticosi o perdita del lavoro. Alcune dei tantissimi eventi che destabilizzano la serenità delle persone. I colleghi di Teleticino ne hanno parlato con Lorenzo Pezzoli, psicoterapeuta e membro della Task Force psicologica Covid-19.
Sul finire di questo anno, quali sono i problemi principali che emergono?
“La fotografia più precisa è quella dell’UFSP. La popolazione è vero che gode di buona salute ma si delineano tre scenari che meritano attenzione. All’interno di una popolazione che ha tenuto l’urto della pandemia c’è un 5-7% che ha manifestato una forte sofferenza a livello psicologico, una persona su otto manifesta una particolare stanchezza da questa condizione e c’è stata un’oscillazione sulla sensazione di solitudine. Quest’ultima è importante: salita all’8% durante il primo lockdown, scesa al 3% durante l’estate è subito ritornata al 7%. A livello psicologico siamo comunque soggetti che hanno impatti diversi e a determinare l’impatto sono determinanti le condizioni in cui viviamo”.
Come facciamo a capire che abbiamo bisogno di aiuto?
“Il bisogno di aiuto è determinato dalla percezione che ha la persona della condizione. Ci sono alcune variabili come il sonno, stati d’ansia, un nervosismo crescente, fluttuazioni dello stato d’animo o la stanchezza cronica. Questi sono tutti segnali d’allarme ma forse ce n’è uno in particolare: la solitudine e il senso di isolamento che possono esacerbare la situazione in cui vivono le persone”.
L’età media che hanno contattato l’hotline cantonale si è abbassata rispetto alla prima ondata. Cosa vuol dire?
“Vuol dire che l’estensione della richiesta d’aiuto e del bisogno di essere supportati inizia a incidere su una fascia meno sensibile alla richiesta d’aiuto. La richiesta d’aiuto non è un segno di fragilità o debolezza, è importante sottolineare come sia importante chiedere aiuto. È darsi la possibilità di affrontare meglio la situazione di crisi. Non serve solo nel momento in cui lo si chiede, ma è un atto preventivo per il futuro”.
L’intervista completa
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