Ticino
Centro chiuso giovanile: “Celle di accoglienze per minori?”
Immagine Shutterstock
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Lara Sargenti
3 anni fa
A una settimana dalla discussione in Gran Consiglio, il Coordinamento contro il centro educativo chiuso per minorenni, che dovrebbe vedere luce a Castione, ribadisce le sue argomentazioni contro la realizzazione dell’istituto

Le modifiche apportate nel rapporto della Commissione giustizia e diritti in merito alla realizzazione del centro educativo chiuso per minorenni (CECM), che dovrebbe vedere la luce a Castione, non fanno cambiare idea al Coordinamento contro il CECM, che in vista della discussione attesa settimana prossima in Gran Consiglio, ribadisce le sue argomentazioni contro la costruzione “di un contenitore quale strumento per far fronte alle problematiche che toccano i giovani”.

Le modifiche della Commissione
La Commissione, ricordiamo, ha apportato modifiche rispetto al messaggio governativo di sette anni fa. Non si vuole creare un carcere minorile, bensì una struttura in cui sia possibile fare un percorso. Sarà infatti una struttura di accoglienza per minori con problemi comportamentali e un solo posto letto su dieci sarà destinato a chi deve scontare una pena di massimo 14 giorni. Inoltre state rimosse le misure di contenzione fisica e farmacologica ed è stata introdotta la facoltà di poter fare ricorso, come avviene nelle cliniche psichiatriche. Modifiche che però non sono sufficienti per il Coordinamento contro il CECM.

Le argomentazioni degli oppositori
“Da una lettura attenta del Rapporto”, sottolinea il Coordinamento contro il CECM in una nota, “si può dedurre che le affermazioni a favore dell’abolizione del carattere punitivo e carcerario di un Centro previsto tra l’altro “per l’espiazione delle pene, ossia “contenere minori con problemi comportamentali dirompenti che vengono sanzionati con pene detentive...” sono delle bugie e nient’altro, tant’ è vero che alle pagine 11 e 12, si inzuppa il messaggio con una proposta ai voti del Gran Consiglio, con tutti gli articoli del disegno di legge elencanti le pene “corporali”, con giovani puniti con segregazione semplice in camera fino a 21 giorni e restrittiva fino a 7 giorni, isolati o estromessi da ogni attività!”. Per gli oppositori si tratta dunque di trasformare “le camere in celle”: “rinchiudere un giovane con grossi problemi in una cella in regime di isolamento non può avere alcun valore educativo”.

No al mandato a un’unica fondazione
Il coordinamento non è inoltre d’accordo di affidare il mandato ad un’unica sola fondazione. “È fondamentale che il parlamento e il governo optino per un mandato all’UFAG (Ufficio del sostegno a enti e attività per le famiglie e i giovani) quale coordinatore di un gruppo multidisciplinare per un progetto psico-pedagogico al passo con i tempi”, sottolinea il coordinamento. Viene inoltre contestata l’idea “di affidare il mandato dell’elaborazione del concetto pedagogico e la gestione del Centro alla Fondazione privata Vanoni (vicina a Comunione e Liberazione)”.

Un soggiorno di 90 giorni non risolve il problema
Il Coordinamento contesta infine il progetto perché “intende vendere all’opinione pubblica la sua ideologia punitiva e repressiva come intervento pedagogico”. In questo contesto il Coordinamento si oppone alle argomentazioni del magistrato dei minorenni Reto Medici, “che senza contradditorio condiziona il dibattito pubblico fornendo un quadro del disagio giovanile non attinente alla realtà: esso è dovuto perlopiù a problemi famigliari e a una grossa difficoltà dei giovani ad inserirsi in un mondo del lavoro, che si mostra sempre più ostile ed è inadatto ad impedire una loro marginalizzazione. È quindi assurdo affermare e far credere alla popolazione che con un soggiorno presso il Centro chiuso di 90 giorni si possano risolvere tutti i problemi. Rafforzare le istituzioni già esistenti, come pure il lavoro di prevenzione in tutte le componenti sociali sarebbe molto meglio che investire oltre 3 milioni in un Centro, la cui gestione e funzionalità sono ancora molto nebulose”.

L’invito ai granconsiglieri
Il Coordinamento, che include persone professioniste del ramo, invita dunque i deputati in Gran Consiglio a non accelerare le decisioni a favore del Centro, bensì “a riflettere accuratamente sul futuro delle politiche giovanili, magari con il coraggio di optare per vie più consone al ventunesimo secolo”.

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