
Il 6 settembre ricorre il centesimo della nascita di Andrea Camilleri, scrittore noto per il personaggio di Montalbano, ma anche protagonista di una vita intensa, fatta di incontri, teatro e poesia. Eventi che vengono raccontati in una biografia uscita nei giorni scorsi per le edizioni Salani proprio per questa ricorrenza. A scriverla, insieme alla famiglia, Luca Crovi, che abbiamo intervistato.
La sua biografia di Andrea Camilleri è appena uscita in libreria. Perché ha scelto di raccontare la vita dello scrittore solo fino al 1986?
"Perché quella data segna una svolta fondamentale. Nel settembre del 1986 Camilleri sopravvisse a una strage di mafia: fu uno dei quattro superstiti di una sparatoria a Porto Empedocle. Quell’episodio tragico cambia la sua vita: da una parte decide di non scrivere più storie dedicate alla mafia, dall’altra è uno degli ultimi anni in cui lavora attivamente al teatro, che fino ad allora era stato centrale per lui, per dedicarsi completamente alla letteratura. L’idea era raccontare Camilleri finché è ancora “persona” e non “personaggio”, soffermandosi sui tanti incontri speciali che hanno segnato la sua vita".
Può farci qualche esempio?
"Da bambino incontrò Pirandello, che era primo cugino di sua nonna. Poi il fotografo Robert Capa, il generale Patton, Elio Vittorini, Eduardo De Filippo. Entrò nel mondo della letteratura, del teatro e della radio italiana prima come poeta e poi come romanziere. Spesso dimentichiamo che Montalbano nascerà solo nel 1994: il libro vuole mostrare il percorso che lo portò a creare quell’incredibile personaggio".
Il nome di Camilleri ha anche un legame con il Ticino, e con Lugano in particolare.
"Sì, a 25 anni vinse il Premio Lugano, all’interno di una rosa prestigiosa: vennero premiati anche Zanzotto e Pasolini. Fu il primo riconoscimento internazionale a riconoscere il suo talento, e non come romanziere ma come poeta. Camilleri, infatti, iniziò come poeta: fu riconosciuto da Vittorini, Alba de Céspedes, Eugenio Montale e, appunto, dal Premio Libera Stampa di Lugano".
Qual era il suo rapporto personale con Camilleri? E perché la famiglia ha scelto lei per questa biografia?
"Ho realizzato 16 interviste radiofoniche molto lunghe con lui, uno dei mezzi che amava di più. Dopo il primo incontro mi mandò per 12 giorni a Berlino a rappresentarlo presso i suoi studiosi e traduttori tedeschi. Da allora, ogni volta che si parlava di gialli, preferiva raccontarsi a me. Ho anche scritto Andrea Camilleri tassario, un libro in cui spiegavo come usava Boccaccio, Petrarca e altri autori nelle sue opere. Le figlie rimasero molto colpite e decisero di affidarmi la biografia. Inoltre, sua moglie era una lettrice appassionata dei miei romanzi ambientati negli anni ’20-’30 a Milano, dove lei era cresciuta".
Che segno ha lasciato Camilleri nella cultura contemporanea?
"Intanto ha venduto 40 milioni di copie: un traguardo straordinario per qualsiasi scrittore. È stato il primo a portare il giallo italiano, dopo “Il nome della rosa”, al successo internazionale e a dimostrare che la regionalità del racconto del crime è fondamentale. La Sicilia, reinventata attraverso la sua lingua, diventava il palcoscenico perfetto. Ha creato una forma di siciliano reinventato che ha reso ancora più forti le sue narrazioni. Un’operazione linguistica che prima di lui aveva fatto soltanto Carlo Emilio Gadda con "Quer pasticciaccio brutto de via Merulana".
Il 6 settembre ricorre il centenario della sua nascita. Cosa è previsto per questa giornata?
"Ci saranno proiezioni speciali al cinema a Roma e a Mantova. Io sarò in piazza Castello a Mantova, al Festivaletteratura, insieme a Carlo Lucarelli e Lella Costa. Verrà mostrato anche un video inedito del 1998 in cui Camilleri raccontava il suo rapporto con i lettori e perché amava narrare storie ad alta voce".
La ritroveremo presto anche a Massagno, per la rassegna Tutti i colori del giallo, di cui è direttore artistico.
"Sì, il programma è pronto e prometto che ne vedrete delle belle!"