
Continua la discussione sulla Luxury Goods di Cadempino dopo la decisione dello scorso ottobre di delocalizzare 150 impieghi dal Ticino all'Italia (vedi articoli suggeriti). Ieri sera la Commissione della gestione del Comune si è opposta alla manovra del Municipio, che nelle scorse settimana proponeva un aumento del moltiplicatore d’imposta al 62% per far fronte alla inevitabile diminuzione del gettito fiscale. Diminuzione attesa (anche se non di queste proporzioni) sia dal Comune che dal Cantone, di cui Luxury Goods è il principale contribuente.
Ma cosa sta accadendo nella 'fashon valley' ticinese? Nel TG di questa sera TeleTicino ha fatto il punto della situazione, partendo proprio dal caso di Cadempino. Ottobre 2018, la Luxury Goods di Cadempino annuncia la delocalizzazione di 150 impieghi dal Ticino verso l’Italia. Pochi giorni dopo il Municipio corre ai ripari proponendo un aumento del moltiplicatore di nove punti. Dal 53 al 62 %. Secondo indiscrezioni nelle casse comunali verranno a mancare 7 milioni franchi. Una doccia fredda per il Comune. Ieri sera però la Commissione della gestione si è opposta. La risoluzione municipale verrà votata in consiglio comunale il prossimo 17 dicembre, intanto ieri sera la gestione ha fatto la sua proposta. Al Legislativo chiederà di fermare il moltiplicatore al 60% per i prossimi 5 anni.
Ma Cadempino non è il solo comune toccato dalla ristrutturazione della Luxury Goods. Le stime indicano perdite complessive annue di ulteriori 5 milioni, ripartite su Bioggio, St Antonino e Vezia. Comune quest’ultimo che affronterà il tema nella seduta di settimana prossima. Anche qui l’eventualità di un ritocco verso l’alto del moltiplicatore è data.
Mancano le conferme ufficiali, ma è chiaro che le perdite – 20 milioni in meno per l’erario cantonale – non sono riconducibili ai soli 150 impieghi delocalizzati in Italia. Il colosso della moda Luxury Goods (piattaforma svizzera del gruppo francese Kering, cui appartiene per anche il marchio Gucci) sembra proprio aver deciso di rivedere il suo sistema internazionale di fatturazione che fino ad oggi, per evidenti vantaggi fiscali, portava il gruppo a tassare in Ticino anziché nei paesi dove la merce viene prodotta.
Una sterzata netta che solleva più di un interrogativo, da mettere in relazione con le inchieste per evasione fiscale contro la Gucci in Italia e contro la Kering in Francia. Questo dunque il contesto entro cui ci muove la Fashion Valley ticinese oramai chiamata ad adeguarsi ad una serie di pressioni internazionali contro il cosiddetto trasferimento dell’utile.
Maggiori dettagli nel TG di TeleTicino delle 18.45
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