
“È impegnativo da una parte ed estremamente stimolante dall’altra. Bisogna riuscire ad essere un punto di riferimento. Essere un genitore di un alto potenziale cognitivo è brillante e bizzarro. Bisogna anche trovare strategie notevoli dal punto di vista creativo e dello stimolo”. È il racconto di Leda Mori, mamma confrontata con un bambino ad alto potenziale cognitivo. Una neuro atipicità, o per dirla in parole semplici, una plus dotazione che concerne da un punto di vista statistico il 2.3% della popolazione.
Caratteristiche ben precise
Una percentuale molto bassa che, spiega ai microfoni di Ticinonews lo psicologo e psicopedagogista specializzato in APC, Giovanni Galli, la dice lunga sulla sua rarità e difficoltà di identificazione che però ha caratteristiche ben precise. Tra queste, il “pensiero folgorante, ottime competenze di linguaggio, una memoria visiva enorme e talvolta apprendimenti precoci. Grande partecipazione nelle situazioni emotive con delle manifestazioni molto forti”.
Riconoscimento in ambito famigliare
Un riconoscimento, quello dell’alto potenziale cognitivo, che avviene prevalentemente in ambito famigliare ma che ancora fatica ad essere un tema conosciuto, in particolare in ambito scolastico. Anche se, spiega Galli, “finalmente ora si inizia a parlarne a macchia di leopardo”.
“Obiettivo pe sviluppare le emozioni”
A Breganzona l’altra mattina qualcosa si è mosso, in occasione infatti dell’incontro sul tema “Il gioco e l’alto potenziale cognitivo” la psicologa Giulia Mussini ha presentato il gioco come una possibile via terapeutica, ma non solo. “Utilizzo il gioco in terapia ma mi piace parlarne come obiettivo per una famiglia per la capacità di sviluppare delle emozioni: dalla capacità di gestire la rabbia, la felicità e condividere momenti dagli altri”, spiega la psicologa.
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