
Dai 283 m s.l.m misurati nel 2020 ai 282 attuali. In pochi anni il valore medio del livello acquifero di Biasca si è ridotto di un metro. E così anche a Mendrisio. Due esempi che riflettono una tendenza in atto in tutto il Ticino, come rilevato dai dati raccolti dall'Istituto scienze della Terra della SUPSI su mandato del Cantone. “Il livello medio negli ultimi anni è calato in quasi tutti gli acquiferi che monitoriamo e abbiamo riscontrato diversi nuovi valori minimi mai rilevati negli ultimi dieci anni”, conferma il ricercatore Rodolfo Perego a Ticinonews. In totale i punti di monitoraggio sparsi sul territorio sono 114.
“I fenomeni climatici estremi non aiutano”
La progressiva riduzione è certamente una conseguenza dei periodi siccitosi, ma non solo. Ad esempio, nel Locarnese, distretto colpito a fine agosto dal maltempo, i livelli si erano sì di colpo alzati, ma poi sono subito ridiscesi. Insomma, le forti piogge non bastano, continua Perego: “Negli ultimi anni stiamo osservando eventi sempre più estremi, con forte intensità in poco tempo. Colpiscono zone localizzate e non permettono la ricarica dell’acquifero perché moltissima acqua ruscella superficialmente e non permette di infiltrarsi e quindi di aumentare il livello delle acque sotterranee”.
Le aziende si stanno cautelando
La soluzione ottimale consisterebbe quindi in piogge di media intensità e frequenti, come successo la scorsa primavera. In effetti in quel periodo i livelli erano tornati a salire facendo rientrare l’allarme. A parte sperare si può però agire. Ed è quello che sta succedendo: “Le aziende di acqua potabile in tutto il Cantone si stanno già cautelando per affrontare questi nuovi scenari di cambiamento climatico, creando nuovi pozzi o potenziando le captazioni a lago”, conferma infatti Perego. “La macchina è in moto per non farci trovare impreparati negli anni futuri quando probabilmente avremo degli scenari climatici diversi rispetto al passato”.
Penuria idrica, sorgenti più toccate
Circa il 90% dell’acqua potabile ticinese proviene del resto proprio dalle acque sotterranee. Nello specifico, il 47% circa dalle sorgenti, il 43% dai pozzi. Quale dunque l’impatto della penuria sull’approvvigionamento idrico cantonale? “I comuni che possono essere più toccati sono quelli che utilizzano l’acqua da sorgente, più dipendenti dalle precipitazioni, mentre i comuni che si affidano ai pozzi hanno generalmente meno problematiche”, specifica ancora Perego. In caso di penuria, la prima misura adottata dalle Aziende di acqua potabile è quella delle raccomandazioni per un uso parsimonioso dell’acqua e strettamente potabile, come successo la scorsa estate in varie regioni, soprattutto nel Mendrisiotto.
