Ambiente
Acque sempre più calde, un problema per la fauna ittica
Redazione
2 anni fa
Le acque dei laghi ticinesi sono sempre più calde. Si tratta di una tendenza che va avanti da decenni e che potrebbe portare a conseguenze negative anche per la fauna ittica locale. A Ticinonews ne abbiamo parlato con Urs Lüchinger, presidente della Federazione ticinese per l'acquicoltura e per la pesca.

Negli ultimi tre decenni le acque profonde di Ceresio e Verbano si sono scaldate. Stando all’ultima statistica ticinese dell’ambiente e delle risorse naturali, nel bacino nord del lago di Lugano l’aumento medio annuale è di 0,018 gradi e di 0,019 nel bacino sud. L’aumento è meno accentuato nel Verbano, più caldo di 0,013 gradi. Questa tendenza può portare a conseguenze negative, come una maggiore proliferazioni dei cianobatteri, impropriamente chiamati alghe azzurre. A Ticinonews ne abbiamo parlato con Urs Lüchinger, presidente Federazione ticinese per l'acquicoltura e per la pesca, al quale abbiamo chiesto per prima cosa se il riscaldamento dei nostri laghi è da ritenere preoccupante. “Diciamo che non lo è nel breve termine, ma se il trend mostrato dovesse confermarsi nel tempo allora a lungo termine potrebbero esserci effettivamente dei problemi”.

Questione pesca

Questi cambiamenti fanno sorgere una domanda spontanea: nei nostri laghi si pesca ancora come una volta? “Anche in questo caso la risposta è si e no: nel Verbano – definito un lago magro per la scarsità di nutrienti – la presenza di pesci è inferiore a quella del Ceresio”, ci ha spiegato Lüchinger. “Il Ceresio è invece definito un lago grasso per la sua quantità di nutrienti”. Alcune specie proliferano quindi bene nel Verbano, come ad esempio la trota lacustre, mentre nel Ceresio ci sono più varietà, che spaziano dal persico, al luccio perca, al gorgone fino alla trota: insomma, ci sono un’infinità di specie”.

Alghe e pesci invasivi: c’è da preoccuparsi?

Quando parliamo di riscaldamento climatico bisogna anche considerare le specie vegetali, che spesso e volentieri sostituiscono quelle autoctone. Una situazione che si verifica anche nei nostri laghi? “Purtroppo si, abbiamo delle specie alloctone, quindi non indigene, che stanno provocando degli scombussolamenti nel popolamento sia nel Verbano che nel Ceresio”, ci spiega sempre il presidente della Federazione ticinese. Parlando di pesci, invece, nel Verbano c'è il siluro, “che è devastante, perché è un pesce pericoloso e il Cantone si sta adoperando per cercare di contenerne la diffusione”. Nel Ceresio c'è invece il gardon, “che non è un pesce indigeno, ma che ha sostituito l'alborella, ormai sparita. Ma non si sa bene se le due cose coincidano”. Il lato positivo di questa invasione sta nel fatto che “il pesce foraggio per i predatori è il gardon, per cui lo salviamo in corner”.

Problema cormorani

Negli scorsi anni si è parlato molto dei cormorani: un allarme rientrato oppure ancora presente? “Dobbiamo sempre tenere sotto controllo la popolazione di questi volatili, così come quella degli svassi, degli smerghi e degli aironi cenerini”. Quest’ultimi finché restano sul lago non arrecano alcun danno; il problema, ci spiega Lüchinger, sussiste quando si recano su un corso d’acqua minore, “dove possono fare gravi danni ambientali”. Il cormorano è invece un grande nuotatore, volatore e mangiatore: giornalmente mangia da 500 a 700 grami di pesce, “immaginate quindi le tonnellate che questi uccelli estraggono dal lago. Tuttavia, è anche vero che in base alle ricerche e agli studi condotti sul cormorano sul Ceresio si è rilevato che si alimenta per il 93-95% di gardon”. Se un tempo quindi si era ferocemente contrari a questa specie, “oggi ne riconosciamo l’utilità di aver contenuto l’espansione di questo pesce non autoctono”. Con la sola pesca, infatti, non si arriverebbe a contenere la sua espansione incontrollata tipica degli anni 2000”.

Acque fluviali

Se sul fronte laghi la situazione non sembra preoccupare troppo, le preoccupazioni maggiori riguardano altri corsi d’acqua. “Qui ho delle forti preoccupazioni: finché non c'era il cambiamento climatico le acque che scorrevano nei nostri fiumi erano sufficientemente di qualità per contenere delle popolazioni di salmonidi”. Lüchinger spiega infatti che una delle sue principali battagli “è quella dei flussi minimi: fino a 10-15 anni fa, anche senza i reflussi minimi, c’erano delle condizioni metereologiche che ne permettevano la sussistenza e la sopravvivenza”. Oggi, tuttavia, il cambiamento climatico è stato un elemento ulteriore “che ha comportato che quest'acqua non sia più sufficiente per ospitare le trote, perché la temperatura è cambiata: quella poca acqua che prima era sufficiente ora si scalda al punto da superare spesso i 22°C, che è il limite di sopravvivenza di un salmonide e delle trote in particolare”. A soffrirne ci sono quindi tutti i tratti terminali di pianura e i corsi di acqua più piccoli. “La mancanza di acqua che viene trattenuta nelle dighe, e qui comunque non nego la necessità di avere l'elettricità, è sempre un equilibrio difficile da stabilire tra esigenze dell'ambiente e della vita umana. Quindi per i fiumi del basso Ticino c’è sicuramente la preoccupazione delle temperature in rialzo", ha concluso Lüchinger.