
In Ticino manca un punto di sostegno indipendente dalla Chiesa per vittime di abusi commessi da esponenti del clero. Ne è convinto un gruppo di persone sensibili al tema, che si sta attivando per creare un centro di questo genere, sul modello di quanto avviene in Romandia.
Il modello romando
L’associazione SAPEC è stata creata da persone che hanno subìto abusi da membri del clero e in Romandia sostiene le vittime tramite gruppi di aiuto, ma anche accompagnandole a esporsi davanti a rappresentanti della Chiesa, con la possibilità di chiedere indennizzi. Un modello, come detto, che si vorrebbe replicare in Ticino, dove si sono contati solo 4 dei 1'002 casi emersi dal recente studio sugli abusi nella Chiesa. Per il presidente SAPEC Jacques Nuoffer, anche lui vittima di abusi, questo numero basso è legato a una serie di motivi. "Più la Chiesa è presente in una regione, più le vittime fanno fatica a uscire dal silenzio. Il Ticino è vicino a Roma e all'Italia, che è ancora relativamente chiusa sul tema degli abusi e dove il segreto regna ancora. Credo che sia il motivo principale di un numero così basso. Inoltre, per lanciare un progetto di questo tipo, serve un certo numero di persone. Il Ticino è un Cantone piccolo e quindi c'è meno gente disposta a impegnarsi".
Valerio, abusato all’età di 13 anni da un prete in collegio
A raccontare la difficoltà di denunciare un abuso c’è Valerio Maj, oggi residente in Romandia, ma abusato da un prete all’età di 13 anni in un istituto del bergamasco. Abusi di cui ha trovato la forza di parlare solo 46 anni dopo. Ai microfoni di Ticinonews ha raccontato la sua esperienza: "Penso di aver avuto la fortuna di averlo denunciato nel momento giusto, anche se ho dovuto passare 46 anni di tribolazioni. Ma quando successe, chi mi avrebbe creduto?”
Presto un centro in Ticino?
Ora, ad avanzare l’idea di un centro di ascolto e sostegno in Ticino, c’è un gruppo sensibile al tema, di cui fa parte Myriam Caranzano, pediatra ed ex direttrice della Fondazione APSI. "È risaputo che alcune vittime non vogliono più avere niente a che fare con la Chiesa. Alcune vogliono parlare con qualcuno che non abbia legami con l’istituzione ecclesiastica o lo Stato”. L’idea di un centro è stata dunque sottoposta anche al Vescovo Alain de Raemy e al professore Markus Krienke, entrambi sensibili a questa tematica. "Tutti e due, così come altre persone, hanno sostenuto la necessità di lanciare l'iniziativa”, sottolinea Caranzano.
I vertici della Chiesa cattolica
La proposta giunge poche settimane dopo l’annuncio di nuove misure dei vescovi svizzeri contro gli abusi. Per Nuoffer, tuttavia, queste misure arrivano troppo tardi. “Nel corso degli anni ho visto che ogni vescovo progrediva verso un’applicazione maggiore delle direttive. A mio giudizio però i vescovi svizzeri hanno fatto passi avanti troppo lentamente, sebbene comunque verso una gestione migliore delle richieste delle vittime”.