
Dal 1996 è invalida al 40%, dal 2000 al 100%. Nonostante questo avrebbe continuato a lavorare fino a che nell’agosto dello scorso anno la Polizia si è presentata nel Ristorante del marito. Una 63enne, cittadina portoghese, è a processo a Lugano per truffa aggravata: il sospetto è che nonostante fosse invalida, abbia continuato a lavorare incassando, tra il 2009 e il 2023, quasi 350mila franchi dall’Assicurazione invalidità.
"Stare tra i clienti mi faceva stare bene"
La donna da decenni attiva nella ristorazione nel Luganese, ha ottenuto le prestazioni dell’assicurazione per dei problemi alla schiena. Nonostante questo, ha continuato ad aiutare il marito, che ha continuato a gestire esercizi pubblici. Secondo l’accusa, sostenuta dal pp Daniele Galliano, la donna ha continuato a lavorare come cameriera al 100%. La donna, difesa dall’avvocato Sebastiani Paù-Lessi, sostiene invece di aver dato solo una mano al marito e di averlo fatto perché stare tra i clienti le faceva bene per il suo benessere mentale. Stare a casa, ha detto, le causava una profonda depressione.
Al via il processo
Il processo, iniziato oggi a Lugano, dovrà fare luce su ciò che faceva veramente la donna nel ritrovo pubblico del Luganese. Il giudice Amos Pagnamenta, nell’interrogatorio dell’imputata ha più volte chiesto alla donna se quello che faceva nel locale non fosse il mestiere di cameriera. “No, una cameriera non può smettere quando vuole”, ha risposto la donna. Tra le colpe della donna anche quella di aver negato sui formulari di aver praticato alcuna attività, anche volontaria. “Non ho neanche capito bene il formulario”, ha spiegato. “Io sono un rottame, cos’altro dovevo scrivere?”.
Alla sbarra anche un 72enne
A processo vi è anche un 72enne, titolare della società che gestiva l’esercizio pubblico, accusato di complicità in truffa, per aver aiutato la donna a riempire e spedire i formulari.L’uomo, difeso dall’avvocato Marco Garbani, nega gli addebiti, incolpando anche lui la poca chiarezza dei formulari. Ha anche aggiunto che una persona a casa sua può fare ciò che vuole, “se una persona fa le faccende di casa, deve scrivere che fa volontariato?”, ha chiesto al giudice. Le pene chieste non saranno superiori al tre anni. La donna rischia anche l’espulsione: “Io sono qui da quando ero ragazza, in Portogallo non ho più i genitori, non ho più niente, tutto quello che ho è qui! Io non ho fatto niente, ciò che ho fatto l’ho fatto solo per stare meglio. Se sto fuori vivo, se torno a casa finisce il mondo”.