Svizzera
Vaiolo delle scimmie, secondo caso in Svizzera
Keystone-ats
2 anni fa
Dopo il caso di Berna, ne è emerso un altro a Ginevra. La persona infetta è in isolamento e le sue condizioni generali sono buone. Era rientrata da un viaggio all’estero

Un secondo caso di vaiolo delle scimmie è stato confermato in Svizzera, più precisamente a Ginevra. Il primo era stato diagnosticato sabato scorso nella regione di Berna. La persona infetta è in isolamento, riferisce oggi il Dipartimento della sanità del canton Ginevra in una nota. Le sue condizioni generali sono buone e al momento non necessita di ricovero. I primi elementi raccolti indicano che il paziente è stato contaminato durante un viaggio all’estero, come nel caso bernese. È in corso un’indagine epidemiologica per avvisare le persone che potrebbero essere esposte.

I sintomi
Questa patologia è una variante generalmente meno pericolosa del vaiolo, debellato da una quarantina d’anni. I sintomi inizialmente sono febbre alta, mal di testa, dolori muscolari e alla schiena, ingrossamento dei linfonodi. In uno-tre giorni si manifesta un’eruzione cutanea, in primis sul viso e in seguito sul resto del corpo, con la formazione di vesciche, pustole e croste.

Sorvegliare stato di salute se si rientra dall’estero
Diversi casi sono emersi di recente in svariati Paesi europei e non solo. Chi rientra da un viaggio in una delle zone a rischio (Africa occidentale e centrale) dovrebbe sorvegliare il proprio stato di salute e consultare un medico nell’eventualità di sintomi, raccomanda l’UFSP sul proprio sito web. Il virus è considerato come moderatamente trasmissibile all’essere umano. Il contagio avviene attraverso goccioline di grandi dimensioni e un contatto stretto con persone o animali infetti.

Saliti a 5 i casi in Italia
Nel frattempo sono saliti a 5 i casi di vaiolo delle scimmie in Italia. Lo rende noto l’Istituto Spallanzani. “Un quinto caso, con caratteristiche cliniche e di trasmissione simili ai precedenti, è stato notificato oggi (...). Sono in corso gli accertamenti su altri casi sospetti”, precisa l’Istituto romano. I ricercatori dello Spallanzani hanno “completato la prima fase dell’analisi della sequenza del DNA del Monkeypox virus dei primi tre casi italiani”. I campioni risultati positivi - aggiunge l’Istituto- “sono stati sequenziati per il gene dell’emoagglutinina (HA), che consente l’analisi filogenetica”. I campioni sono tutti risultati affini al ceppo dell’Africa Occidentale “con una similarità del 100% con i virus isolati in Portogallo e Germania”. “Potremmo essere anche in Italia di fronte a un virus “paneuropeo”, correlato con i focolai in vari paesi europei, in particolare quello delle Isole Canarie”, sottolinea ancora l’Istituto.

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