Svizzera
Vaccino: “Tra tre mesi vedremo l’effetto”
Marco Jäggli
4 anni fa
Secondo gli esperti della Confederazione è ancora troppo presto per vedere gli effetti del vaccino e non bisogna abbassare la guardia. Negli ultimi giorni aumentati i pazienti in terapia intensiva

Nel consueto infopoint della Task Force Covid-19 gli esperti della Confederazione hanno presentato gli ultimi dati in materia di coronavirus, parlando dell’influsso delle varianti, dello stato della campagna vaccinale e di test fai da te. Ad aprire la conferenza Patrick Mathys, capo della sezione di gestione delle crisi dell’Ufsp, che ha tracciato il quadro generale: i contagi sembrano aver rallentato negli ultimi giorni ma, come ha sottolineato anche Martin Ackermann, probabilmente non si sono ancora visti gli effetti della Pasqua. Si è verificato per contro un leggero rialzo delle ospedalizzazioni, con il 66% dei posti in terapia intensiva occupati al momento: un quinto di questi da pazienti Covid. Mathys lo ha definito “un aumento netto” rispetto agli ultimi giorni, sottolineando che l’età media dei pazienti si è abbassata mentre “non si vedono al momento effetti statisticamente significativi dalla campagna di vaccinazione” sui pazienti di terapia intensiva. Mathys ha spiegato inoltre come, al momento, il fatto che molte persone tra i 65 e i 75 anni non siano ancora state vaccinate rischia di avere un effetto negativo sui casi in terapia intensiva.

La campagna vaccinale: “Effetti tra tre mesi”
Al momento sono state inoculate 1,6 milioni di dosi di vaccino, mentre 400’000 sono ancora a disposizione. L’11,4% degli svizzeri è stato vaccinato con una dose, il 6,8% con due. Ieri sono state ricevute altre 157’000 dosi di vaccino, mentre se ne riceveranno altri tre milioni a maggio e altri tre milioni ancora a giugno. È allora, ha spiegato Martin Ackermann, che si vedranno gli effetti del vaccino, ovvero tra tre mesi. Ackermann ha inoltre sottolineato come, nei paesi finora esaminati, l’effetto del vaccino sui contagi diventi significativo a partire da un 50% di popolazione vaccinata. “Dal punto di vista scientifico la questione è chiara: ci saranno meno casi e ci saranno più persone protette, diminuendo la pressione sul sistema sanitario e rendendo più facile interrompere le catene di contagio”, ha aggiunto, “meno casi vogliono anche dire meno rischi economici, con più libertà come si è visto l’ultima estate”.

Varianti: messo in questione il modello dell’UFSP
Al momento, ha aggiunto Mathys, il 90% dei casi rilevati appartiene alla variante britannica, che ormai è diventata il ceppo prevalente. Questo ha portato alla domanda, da parte dei giornalisti, se i modelli dell’UFSP in merito alla diffusione delle varianti non fossero sbagliati, visto che si pronosticava una possibile esplosione dei casi dopo febbraio. Martin Ackermann, capo della Task Force scientifica, ha risposto che “il modello prevedeva un aumento dei casi a marzo, a dipendenza delle misure, che si è verificato, ma c’erano diversi possibili sviluppi. Chiaramente non ha tenuto conto di diversi altri fattori come le vaccinazioni e i cambiamenti stagionali che sono difficili da implementare, ma stiamo sviluppando un nuovo modello che tenga conto di questi fattori”.

Autotest: “Non sono sufficienti per vedere persone a rischio”
Riguardo agli autotest, disponibili da questa mattina. Mathys ha ribadito che l’essere risultati negativi al tampone non è una scusante per trascurare le misure di protezione, perché l’affidabilità è più bassa rispetto ai test antigenici e PCR. Allo stesso tempo, ha aggiunto, per chi ha contatto con persone a rischio il test fai da te non è sufficiente, anche qui occorre eseguire un test antigenico o PCR. Al momento sembra inoltre che i test siano ampliamente reperibili nelle farmacie e che solo alcune hanno accusato dei disagi.

Certificato vaccinale
Mathys ha spiegato che al momento, su questo fronte, non ci sono novità. L’UFSP sta valutando come introdurre i certificati vaccinali e comunicherà le decisioni in merito nelle prossime due settimane.

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