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UBS starebbe preparando l'entrata in borsa di una parte di Credit Suisse
2 anni fa
Tutti gli aggiornamenti sul caso Credit Suisse.
2 anni fa
UBS starebbe preparando l'entrata in borsa di una parte di Credit Suisse
La banca elvetica di Credit Suisse sopravvivrebbe così come banca indipendente e probabilmente si presenterebbe sul mercato come "banca imprenditoriale". UBS gestirebbe probabilmente la sua quota in CS Svizzera come partecipazione finanziaria e non dovrebbe quindi consolidarla.

Secondo un'informazione del portale Inside Paradeplatz, UBS sta pianificando l'entrata in borsa di almeno una parte delle attività elvetiche di Credit Suisse (CS). Il colosso bancario ha incaricato l'istituto di credito statunitense JPMorgan di preparare tale operazione, scrive il sito zurighese citando un insider. Secondo Inside Paradeplatz, il piano prevederebbe che UBS lanci in borsa una parte di CS Svizzera e conservi il resto. La banca elvetica di Credit Suisse sopravvivrebbe così come banca indipendente e probabilmente si presenterebbe sul mercato come "banca imprenditoriale". UBS gestirebbe probabilmente la sua quota in CS Svizzera come partecipazione finanziaria e non dovrebbe quindi consolidarla.

"Tutte le opzioni sono sul tavolo"

Interrogata in proposito dall'agenzia di stampa economico-finanziaria Awp, stamani UBS ha rinviato alle dichiarazioni rilasciate dal suo vicepresidente Lukas Gähwiler in occasione dell'assemblea generale della scorsa settimana. In quell'occasione Gähwiler aveva sottolineato che l'acquisizione doveva essere completata prima di poter prendere decisioni strategiche sulle attività svizzere. In linea di principio, "tutte le opzioni sono sul tavolo", aveva affermato il vicepresidente del consiglio di amministrazione di UBS.

Concorrenza garantita

Una separazione e un'entrata in borsa delle attività svizzere di CS per UBS avrebbero il vantaggio di garantire la concorrenza nella Confederazione, scrive Inside Paradeplatz. Da un lato, la grande banca smorzerebbe il dibattito sulla sua posizione dominante nel mercato elvetico. Dall'altro, uno scenario del genere porterebbe probabilmente a un numero significativamente inferiore di perdite di posti di lavoro. Il dibattito sull'esternalizzazione delle attività svizzere di Credit Suisse è stato recentemente alimentato dagli analisti dei mercati azionari di JPMorgan. In uno studio, hanno stimato il valore delle attività elvetiche di CS in almeno 10 miliardi di dollari (una somma analoga in franchi), che rappresentano anche una sorta di "copertura" per UBS tenuto conto di varie imponderabilità della complessa integrazione di CS.

Nell'acquisizione di CS orchestrata dal Consiglio federale, UBS paga circa 3 miliardi di franchi per comprare la sua ex rivale.

2 anni fa
Per la stampa il Consiglio nazionale ha "fallito" votando no ai crediti d'impegno
Da "un magro bottino", a "un segnale di sfiducia verso autorità e UBS". Ma si parla anche di "iprocrisia" e "giochi pre-elettorali in vista delle federali di ottobre". Così la stampa svizzera commenta il doppio no del Nazionale ai 109 miliardi di franchi per l'acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS.

La stampa è unanime nel giudicare il "no" definitivo di ieri del Consiglio nazionale sui crediti d'impegno per l'acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS: rifiutare è stato facile. Dubita che i parlamentari saranno altrettanto coraggiosi quando si tratterà di agire concretamente. Il commento de La Regione parla di "magro bottino" della sessione straordinaria. Il "no" emerso alla fine è "soltanto" uno schiaffo simbolico, soprattutto al governo e in particolare alla ministra delle finanze Karin Keller-Sutter. UDC, PS e Verdi si sono sentiti autorizzati a dire qualsiasi cosa e non si sono fatti pregare sbandierando presunte condizioni, senza che alla fine ne sia rimasta traccia. L'editoriale pubblicato dal Corriere del Ticino sottolinea dal canto suo come la bocciatura sia un segnale di sfiducia non solo nei confronti del Consiglio federale e delle autorità, ma anche della nuova UBS. Un "sì" avrebbe rafforzato la credibilità dell'intervento deciso d'urgenza, mentre il "no" risponde anche a "logiche elettorali a buon mercato", sostiene il quotidiano.

Un gioco pre-elettorale

L'UDC, il PS e i Verdi "si sono accontentati di lanciare pietre contro il camion dei pompieri, dopo aver atteso saggiamente nel loro angolo che l'incendio fosse ben spento", afferma il giornalista de La Liberté Philippe Castella, che deplora uno spettacolo penoso. Egli accusa il PS e l'UDC, i due maggiori partiti del Paese con due rappresentanti ciascuno in Consiglio federale, di fare il doppio gioco. "Questi partiti possono anche nascondersi nella legittima indignazione per le lezioni non apprese dalla crisi finanziaria del 2008, ma la verità è molto più banale, scrive il giornalista. A sei mesi dalle elezioni federali, l'UDC voleva giocare ancora una volta da sola contro tutti. E la sinistra non ha voluto lasciarla sola a raccogliere i frutti elettorali del malcontento popolare".

"Il Nazionale ha fallito"

L'atmosfera non è migliore nella Svizzera tedesca. "Il Consiglio nazionale ha fallito", scrive l'Aargauer Zeitung, mentre la Neue Zürcher Zeitung denuncia una "ipocrisia". "Invece di mostrarsi pronti a fare compromessi, la sinistra e l'UDC sono andati a pescare elettori", sottolinea il Blick. Risultato: non è stata trovata alcuna soluzione per evitare in futuro che una grande banca in fallimento trascini con sé l'intera economia svizzera. La stampa si aspetta dal Parlamento azioni concrete. Chiede una sorveglianza e una regolamentazione più severa dei bonus dei dirigenti. "Di fronte alla potente lobby bancaria, questo richiederà molto coraggio politico. Il che è dubbio, viste le tergiversazioni di questa sessione", commenta Le Temps.

CPI, "la decisione non andava rimandata"

Ma soprattutto è necessaria una commissione parlamentare d'inchiesta (CPI). E le testate in lingua francese del gruppo Tamedia, Tribune de Genève e 24 Heures, anticipano già un'inversione di tendenza in Parlamento. "Mentre la decisione avrebbe potuto essere presa durante questa sessione straordinaria, il Consiglio degli Stati ha preferito rimandarla all'inizio dell'estate", affermano i due quotidiani, per i quali rifiutare una CPI significherebbe che il Parlamento si sottrae alle sue responsabilità. Queste misure sono "ciò che i nostri rappresentanti eletti devono ai loro elettori", aggiunge Bayron Schwyn di Arcinfo. "Purtroppo, gli elettori non conosceranno il finale al momento di recarsi alle urne per le elezioni federali in autunno", ha aggiunto.

2 anni fa
"No" definitivo del Nazionale alle garanzie finanziarie, saranno comunque concesse
La camera bassa ha nuovamente bocciato i 109 miliardi per l'acquisizione del Credit Suisse da parte di UBS.

Il Consiglio nazionale ha definitivamente bocciato oggi i crediti d'impegno di 109 miliardi per l'acquisizione del Credit Suisse da parte di UBS. Inutile il "sì" degli Stati. Malgrado ciò, le garanzie saranno concesse alle due banche. I due crediti d'impegno - 100 miliardi di franchi erogati dalla Banca nazionale svizzera (BNS) al CS sotto forma di prestito coperto da garanzia federale nonché una garanzia di 9 miliardi della Confederazione a UBS per ridurre i rischi derivanti dall'acquisizione di alcune attività potenzialmente in perdita - erano stati approvati in mattinata dal Consiglio degli Stati. La Camera dei cantoni stamattina aveva introdotto nel decreto una richiesta al governo di modificare la legge sulle banche per rendere più restrittive le norme sulle banche di rilevanza sistemica. La revisione avrebbe dovuto esaminare alcune condizioni come un aumento sostanziale del capitale proprio e una limitazione dei bonus per i dirigenti delle banche di importanza sistemica. "Si tratta di costruire un ponte con il Nazionale", aveva dichiarato la "senatrice" Johanna Gapany (PLR/FR) a nome della commissione.

Voto di protesta

La proposta di compromesso non è però stata raccolta dalla Camera del popolo. Il "no" del Consiglio nazionale, giunto dai banchi dell'UDC e dallo schieramento rosso-verde, è da intendersi come un voto di protesta. Democentristi, socialisti ed ecologisti hanno spesso evocato il salvataggio di UBS nel 2008, che a loro dire avrebbe dovuto sfociare in norme "too big to fail" ben più severe di quelle poi adottate. Insomma, è forse vero che lo scorso 19 marzo non c'erano alternative migliori, ma per UDC, PS e Verdi è la prova che si doveva agire prima. Oggi i consiglieri nazionali hanno in gran parte ripetuto quando detto ieri. "Abbiamo bisogno di banche più piccole e responsabili", ha ad esempio sostenuto Franziska Ryser (Verdi/AG), chiedendo anche di non dimenticare il criterio della sostenibilità.

Inutile il "sì" degli Stati

Il PS, per bocca del suo capogruppo Roger Nordmann (PS/VD), si era detto disposto, contrariamente a ieri, ad accettare i due crediti d'impegno nel caso in cui il Consiglio federale si fosse impegnato a rivedere la legge sulle banche di importanza sistemica allo scopo di aumentare capitale proprio e limitare i bonus. La formulazione prevista dal Consiglio degli Stati - il Consiglio federale "esamina" un aumento del capitale proprio e una limitazione dei bonus - è però ancora insufficiente. Il governo sta già lavorando in questo senso, come del resto previsto dall'accordo internazionale detto "Basilea 3" che mira proprio ad aumentare il capitale proprio delle banche, ha risposto Karin Keller-Sutter. Per quel che concerne i bonus, il governo sottoporrà al Parlamento un disegno di legge, ha aggiunto la ministra delle finanze, senza però convincere il gruppo socialista. Aumentare il capitale proprio non risolverà i problemi, farà solo crescere i costi, ha sostenuto Pirmin Schwander (UDC/SZ). Per il democentrista occorre ridurre la dimensione delle banche: "vogliamo che in futuro non esitano più banche troppo grandi per fallire". PLR, Centro e Verdi liberali hanno da parte loro nuovamente chiesto di concedere le garanzie. Si tratta di evitare di inviare cattivi segnali ai mercati finanziari. Per Peter Schilliger (PLR/LU) le misure adottate dal Parlamento hanno il merito di dare un mandato chiaro al Consiglio federale, ma restano sufficientemente aperte per lasciare al governo un certo margine di manovra. Il "no" odierno conferma la bocciatura giunta la scorsa notte. Il dossier è dunque definitivamente affossato. Inutile quindi il secondo "sì" del Consiglio degli Stati, che stamattina aveva approvato le garanzie finanziarie della Confederazione con 29 voti contro 5 e 7 astenuti.

Diritto d'urgenza

Concretamente, in questa sessione straordinaria gli Stati e il Nazionale erano chiamati a trasporre nel diritto ordinario i due crediti d'impegno approvati dal governo con il diritto d'urgenza. Come detto, la loro bocciatura non cambierà le carte in tavola, visto che il Consiglio federale ha già sottoscritto accordi vincolanti, dopo aver ottenuto il via libera della Delegazione delle finanze del Parlamento (DelFin). Come sottolineato dalla consigliera federale Karin Keller-Sutter, si tratta di una procedura perfettamente legale, e prevista dalla Costituzione in casi eccezionali. Non si può poi dire che il Parlamento sia stato completamente tagliato fuori, visto che le garanzie hanno ricevuto l'"ok" della DelFin, dove siedono tre "senatori" e tre consiglieri nazionali, tutti membri delle rispettive commissioni delle finanze.

259 miliardi

Il primo credito d'impegno riguarda una garanzia sul rischio di insolvenza di 100 miliardi che la Confederazione metterà a disposizione della BNS. Questo mutuo disporrà di un privilegio in caso di fallimento del Credit Suisse. Ciò significa che il suo rimborso avrà la precedenza sulle pretese di altri creditori (ad eccezione di salari, oneri sociali e alcuni altri impegni privilegiati). Per la sola messa a disposizione di tale strumento statale, la Confederazione incasserà 250 milioni di franchi all'anno. In caso di utilizzo della garanzia sarà applicato un tasso d'interesse del 3%, adattabile alla situazione di mercato, da suddividere tra BNS e Confederazione.

Secondo credito

Il secondo credito riguarda UBS: Berna fornisce una garanzia a UBS per eventuali perdite derivanti dalla vendita degli attivi del Credit Suisse pari a 9 miliardi. Questa garanzia verrebbe applicata solo se le perdite per UBS saranno superiori a 5 miliardi. Da notare infine che alle due garanzie concesse oggi vanno aggiunti l'assistenza straordinaria di liquidità (ELA) di 50 miliardi di franchi richiesta da Credit Suisse alla BNS già il 15 marzo e il sostegno aggiuntivo di liquidità (denominato ELA+) di 100 miliardi liberati il 19 marzo. Questi aiuti non sono garantiti dalla Confederazione, e quindi non sono soggetti ad approvazione da parte del Parlamento. In totale, la Confederazione e la BNS sono quindi esposte per complessivi 259 miliardi.

2 anni fa
Il Nazionale approva l'entrata in materia sulle garanzie finanziarie da 109 miliardi
Dopo gli Stati anche il Nazionale torna a dibattere sulle garanzie finanziarie per l'acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS.

Il Consiglio nazionale è nuovamente entrato in materia oggi sulle garanzie finanziarie della Confederazione, pari a 109 miliardi di franchi, per l'acquisizione del Credit Suisse (CS) da parte di UBS. I due crediti d'impegno - 100 miliardi erogati dalla Banca nazionale svizzera (BNS) al CS sotto forma di prestito coperto da garanzia federale nonché di una garanzia di 9 miliardi di franchi della Confederazione a UBS per ridurre i rischi derivanti dall'acquisizione di alcune attività potenzialmente in perdita - erano in precedenza stati adottati anche dal Consiglio degli Stati. Quest'ultimo stamattina aveva introdotto nel decreto una richiesta al governo di modificare la legge sulle banche per rendere più restrittive le norme sulle banche di rilevanza sistemica. Questa disposizione potrebbe essere sufficiente per convincere la maggioranza del Consiglio nazionale ad approvare il dossier.

Il PS cambia posizione

Il PS, per bocca del suo capogruppo Roger Nordmann (PS/VD), si è detto disposto, contrariamente a ieri, ad accettare i due crediti d'impegno se il Consiglio federale si impegna a rivedere la legge allo scopo di aumentare il capitale proprio delle banche di importanza sistemica e limitare i bonus dei loro dirigenti. Il governo sta già lavorando in questo senso, come del resto previsto dall'accordo internazionale detto "Basilea 3" che mira proprio ad aumentare il capitale proprio delle banche, ha detto Karin Keller-Sutter. Per quel che concerne i bonus, il governo sottoporrà al Parlamento un disegno di legge, ha aggiunto la ministra delle finanze.

2 anni fa
Gli Stati confermano il sì alle garanzie federali, ma mettono delle condizioni
I senatori hanno chiesto al governo una modifica della legge sulle banche con l'obiettivo di ridurre i rischi per le finanze federali e l'economia legati agli istituti di importanza sistemica.

Il Consiglio degli Stati, durante l'esame delle divergenze, ha nuovamente approvato - con 29 voti contro 5 - le garanzie finanziarie della Confederazione, pari a 109 miliardi di franchi, per l'acquisizione del Credit Suisse (CS) da parte di UBS, inasprendo le condizioni poste per la loro concessione In particolare i senatori hanno chiesto al governo una modifica della legge sulle banche con l'obiettivo di ridurre i rischi per le finanze federali e l'economia legati agli istituti di importanza sistemica. La revisione dovrà esaminare alcune condizioni come un aumento sostanziale del capitale proprio e una limitazione dei bonus per i dirigenti delle banche di importanza sistemica. "Si tratta di costruire un ponte con il Nazionale", ha dichiarato la relatrice della commissione Johanna Gapany (PLR/FR). Ieri sera il Nazionale aveva respinto le garanzie grazie a un'"alleanza contro natura" fra UDC e sinistra. Il PS era disposto ad approvare i crediti, a patto di porre delle condizioni alle banche che ne beneficiano. Resta da vedere se l'aggiunta del Consiglio degli Stati farà cambiare loro idea. Il voto del Nazionale è previsto nel pomeriggio.

Il compromesso

La maggioranza della commissione proponeva addirittura di inserire i nuovi requisiti relativi al capitale e ai bonus direttamente nella modifica della legge. PS, Verdi e alcuni esponenti del Centro si sono schierati a favore di questa soluzione. "Se il Consiglio nazionale respinge i crediti una seconda volta, non potremo riesaminare la proposta", ha dichiarato Erich Ettlin (Centro/OW). Se il Parlamento rifiuta le garanzie sarebbe un pessimo segnale per la piazza finanziaria. Il plenum però si è schierato a favore della soluzione di minoranza proposta da Thomas Hefti (PLR/GL) chiedendo solo un esame dei requisiti, come votato anche dal Nazionale. "Esaminare" consente un po' più di margine di manovra e di varianti, ha detto Hefti. Su richiesta di Thierry Burkart (PLR/AG), il Consiglio degli Stati ha poi esteso il mandato di revisione a tutte le grandi banche di importanza sistemica e non solo quelle private. Anche Postfinance e la Banca cantonale di Zurigo potrebbero rappresentare un rischio, ha detto Burkart.

No al sistema di separazione delle attività bancarie

È stata invece respinta l'emendamento di Lisa Mazzone (Verdi/GE) che chiedeva di includere nel mandato anche un sistema di separazione della attività bancarie. "Le banche devono tornare a essere ciò che erano prima, ovvero fornitori di finanziamenti per le infrastrutture future. Non sono lì per fare soldi con i soldi", ha detto. Le attività di investimento a rischio e le attività di prestito necessarie per l'economia devono essere separate, ha aggiunto. In questo modo il fallimento delle prime non causerà il fallimento anche delle altre attività. La proposta è stata bocciata di misura con 22 voti contro 19.

2 anni fa
"Bisogna esaminare il caso Credit Suisse anche dal profilo economico"
Il Consiglio nazionale- con 127 voti contro 43 - ha approvato un serie di postulati della Commissione dell'economia e dei tributi che chiede di esaminare il "caso Credit Suisse" anche sotto un profilo dell'economia nazionale.

Il "caso Credit Suisse" dovrà essere esaminato anche sotto un profilo più economico. Lo ha deciso il Consiglio Nazionale approvando - 127 voti contro 43 - con una serie di postulati della Commissione dell'economia e dei tributi. Il Consiglio federale dovrà esaminare l'importanza della fusione fra UBS e CS per l'economia nazionale. Dovrà spiegare come si possono garantire e rafforzare ulteriormente i vantaggi per l'economia svizzera e il settore delle esportazioni e se è necessario intervenire a livello di competenze, risorse o strumenti supplementari dell'autorità della concorrenza. La Commissione della concorrenza (COMCO) inoltre dovrà procedere a un'analisi corretta della fusione. L'esecutivo dovrà pure mettere a confronto gli strumenti della Banca nazionale svizzera con quelli di altre banche centrali ed elaborare proposte su come potrebbero essere ampliati. Dovrà anche illustrare quali modifiche devono essere apportate alla legislazione "too big to fail" affinché il caso CS non si ripeta per una banca di rilevanza sistemica nel caso di corsa agli sportelli.

Vanno approfondite le cause della crisi di Credit Suisse

Sono necessari inoltre uno o più studi che analizzino le ulteriori cause che possono aver condotto al fallimento di Credit Suisse e contribuito alla destabilizzazione dei mercati finanziari, in particolare gli effetti dell'incremento dei tassi di interesse, la tipologia dei crediti concessi da Credit Suisse, gli effetti di operazioni speculative con prodotti derivati, il ruolo del trading algoritmico, del trading ad alta frequenza, delle agenzie di rating e degli organi di revisione. Infine il governo dovrà illustrare quali interventi regolatori possono entrare in considerazione per le banche di rilevanza sistemica e come vanno valutatele loro ripercussioni. Nel postulato si citano in particolare lo scorporo della parte bancaria nazionale, della parte relativa agli affari d'investimento internazionali o di altri comparti commerciali rischiosi, prescrizioni più rigorose o un eventuale divieto delle operazioni per proprio conto, la compensazione differenziata dei rischi da parte delle banche di rilevanza sistemica per la garanzia statale, il rafforzamento delle competenze e dei doveri della FINMA e norme più severe in materia di responsabilità per gli organi decisionali.

2 anni fa
Approvato il "postulato mantello" della Commissione finanze
Tra le richieste del Nazionale quella per cui il Consiglio federale dovrà riferire al Parlamento in merito alle ripercussioni giuridiche, di politica istituzionale e finanziarie dell'integrazione di Credit Suisse in UBS avvenuta grazie a garanzie della Confederazione.

Con 123 voti contro 43 e 5 astensioni il Consiglio nazionale ha approvato un postulato presentato dalla Commissione delle finanze che raggruppa un serie di interrogativi sorti durante l'esame del progetto di aggiunta al preventivo riguardante le garanzie per la fusione di CS e UBS. Il testo parte dalla constatazione che prima di intervenire sarebbe saggio avere delle risposte, ha spiegato il relatore Alex Farinelli (PLR/TI). Abbiamo così elaborato questo "postulato mantello" che contiene varie richieste.

Le richieste

Il Consiglio federale dovrà riferire al Parlamento in merito alle ripercussioni giuridiche, di politica istituzionale e finanziarie dell'integrazione di Credit Suisse in UBS avvenuta grazie a garanzie della Confederazione e valutare le ripercussioni di una gestione statale temporanea della crisi del CS. Dovrà anche valutare la riduzione dei rischi delle banche di rilevanza sistemica per le finanze federali e l'economia svizzera e restrizioni legali delle componenti salariali variabili per i membri del consiglio d'amministrazione, della direzione e degli organi di controllo o di altre categorie di personale di questi istituti. Anche il divieto di pagamento di rimunerazioni variabili agli alti dirigenti delle banche oggetto di una fusione negli anni in cui è fatto ricorso completamente o in parte a una garanzia della Confederazione dovrà essere preso in considerazione. Le altre richieste contenute nel testo riguardano la possibilità di intentare azioni di responsabilità nei confronti degli organi di Credit Suisse, obiettivi di sostenibilità in caso di aiuti statali straordinari per le imprese private, l'aumento della quota di capitale proprio delle banche di rilevanza sistemica e l'introduzione di un sistema bancario separato che preveda lo scorporo della banca d'investimento dalla banca commerciale.

2 anni fa
"Bisogna analizzare le questioni legali legate al caso Credit Suisse"
Per il Consiglio nazionale La legge "too big to fail" non è stata attuata nel caso di Credit Suisse, per questo la Commissione degli affari giuridici ha elaborato tre postulati.

È necessario fare luce su alcune questioni legali in relazione al caso Credit Suisse. Il Consiglio nazionale ha approvato tacitamente un pacchetto di postulati della Commissione degli affari giuridici in questo senso. La relatrice Christa Markwalder (PLR/BE) ha sottolineato l'importanza della certezza del diritto. La legge "too big to fail" non è stata attuata nel caso di Credit Suisse, per questo la commissione ha elaborato tre postulati. Il primo chiede di redigere un rapporto sulle basi legali e i limiti del diritto di necessità a cui ha fatto ricorso il Consiglio federale. Il governo è pure stato incaricato di effettuare un esame legale - dal profilo civile, penale e di diritto pubblico - per accertare le responsabilità dei precedenti e attuali organi direttivi di Credit Suisse. Un terzo rapporto dovrà esaminare, alla luce quanto accaduto con Credit Suisse, l'applicabilità effettiva, l'efficacia e la ragion d'essere della normativa "too big to fail" per le grandi banche internazionali. In particolare dovrà stabilire se la pianificazione d'urgenza volta a salvare le funzioni di importanza sistemica per la Svizzera costituisca uno strumento idoneo ai fini della stabilità del sistema internazionale.

2 anni fa
Il Nazionale boccia i 109 miliardi di garanzia
Sinistra e UDC si sono uniti e hanno respinto con 102 voti contro 71 e 2 astensioni alla Camera bassa le garanzie finanziarie da 109 miliardi date dalla Confederazione a UBS per l'acquisizione di Credit Suisse. Gli Stati l'avevano approvato.

Dopo un lungo dibattito, un'alleanza sinistra-UDC ha respinto al Consiglio nazionale le garanzie finanziarie della Confederazione, pari a 109 miliardi di franchi, per l'acquisizione del Credit Suisse (CS) da parte di UBS. In precedenza gli Stati le avevano invece approvate. I due crediti d'impegno - 100 miliardi erogati dalla Banca nazionale svizzera (BNS) al CS sotto forma di prestito coperto da garanzia federale nonché di una garanzia di 9 miliardi di franchi della Confederazione a UBS per ridurre i rischi derivanti dall'acquisizione di alcune attività potenzialmente in perdita - sono stati approvati dagli Stati con 29 voti contro 6 e 7 astenuti. Il "niet" del Nazionale è giunto con 102 voti contro 71 e 2 astensioni. Il dossier torna ora ai "senatori", che si riuniranno già domani alle 08.15.

Un passo necessario

In apertura di seduta, i relatori commissionali delle due camere, Johanna Gapany (PLR/FR) per la Commissione delle finanze degli Stati (CdF-S) e Alex Farinelli (PLR/TI) per quella del Nazionale (CdF-N), hanno brevemente ricordato le tappe che hanno portato alla situazione attuale. Per Gapany il salvataggio di Credit Suisse era un passo necessario: in caso di fallimento della banca le ripercussioni per l'economia svizzera sarebbero ammontate, nella migliore delle ipotesi, a 146 miliardi di franchi. Molte PMI dipendono dal Credit Suisse: il 20% dell'economia sarebbe stata colpita, ha aggiunto da parte sua il "senatore" Olivier Français (PLR/VD). Sottolineando come il Credit Suisse abbia commesso gravi errori e corso rischi insostenibili, il vodese ha detto che il Consiglio federale ha fatto bene a ricorre al diritto d'urgenza. "Con il diritto ordinario - ha spiegato - non sarebbe stato possibile salvare il CS". La consigliera federale Karin Keller-Sutter e i suoi collaboratori hanno fatto un ottimo lavoro, ha aggiunto il consigliere agli Stati Benedikt Würth (Centro/SG).

2 anni fa
Gli Stati approvano le garanzie finanziarie per CS-UBS
© Servizi del Parlamento
© Servizi del Parlamento
La maggioranza dei parlamentari ha dato luce verde ai 109 miliardi di franchi come garanzia per l'acquisizione della banca da parte di UBS.

Il Consiglio degli Stati ha approvato oggi - con 29 voti contro 6 e 7 astenuti - le garanzie finanziarie della Confederazione, pari a 109 miliardi di franchi, per l'acquisizione del Credit Suisse (CS) da parte di UBS. Il dossier passa ora al Consiglio nazionale che si riunirà tra poco (con seduta "open end"). Durante le discussioni, molti "senatori" hanno lodato le autorità per aver agito a tempo di record. Non sono però mancate le critiche al CS, e in particolare ai suoi dirigenti. Molte questioni rimangono inoltre aperte, in particolare sulle norme "too big to fail". 

Un passo necessario

In apertura di seduta, la relatrice della Commissione delle finanze (CdF) Johanna Gapany (PLR/FR) ha ricordato il carattere straordinario di questa sessione. "Ci troviamo in una situazione che dal 2008 il Parlamento ha voluto evitare, in particolare con le regolamentazioni dette 'too big to fail'". Per Gapany il salvataggio di Credit Suisse era un passo necessario: in caso di fallimento della banca le ripercussioni per l'economia svizzera sarebbero ammontate, nella migliore delle ipotesi, a 146 miliardi di franchi.

Molte PMI dipendono dal Credit Suisse: il 20% dell'economia sarebbe stata colpita, ha aggiunto da parte sua Olivier Français (PLR/VD). Sottolineando come il Credit Suisse abbia commesso gravi errori e corso rischi insostenibili, il vodese ha detto che il Consiglio federale ha fatto bene a ricorre al diritto d'urgenza. "Con il diritto ordinario - ha spiegato - non sarebbe stato possibile salvare il CS". La consigliera federale Karin Keller-Sutter e i suoi collaboratori hanno fatto un ottimo lavoro, ha aggiunto Benedikt Würth (Centro/SG).

Adèle Thorens (Verdi/VS) ha da parte sua evocato la lunga lista degli scandali che hanno coinvolto il Credit Suisse. Per l'ecologista, "quello che deve sorprendere non è la crisi del CS ma il fatto che c'erano ancora persone disposte a concedere fiducia a una banca dove l'incompetenza e l'assenza di scrupoli erano alla luce del giorno". In questo contesto il sostegno della Confederazione è una aberrazione morale e un distorsione del liberalismo.

Marco Chiesa (UDC/TI) ha criticato i manager del CS che, incassando bonus sempre più giganteschi, hanno voluto allargare il loro raggio d'azione "perdendo così l'anima svizzera" della banca. In questo modo "il CS ha letteralmente perso il suo credito presso gli investitori e con esso anche la sua credibilità".

Alcuni "senatori" si sono poi detti preoccupati dalla dimensione della nuova UBS. Per Hansjörg Knecht (UDC/AG) ciò rappresenta un enorme rischio per la Svizzera. La manovra ha generato un "mostro bancario", ha detto Carlo Sommaruga (PS/GE). Per Olivier Français andrebbe studiata l'eventualità di separare le attività svizzere del Credit Suisse.

Poco margine di manovra

Illustrando le scelte che oggi il Parlamento è chiamato a prendere, la relatrice commissionale Gapany ha poi spiegato che qualsiasi decisione venga presa, le garanzie finanziarie della Confederazione di 109 miliardi di franchi saranno in ogni caso erogate. Il Consiglio federale, dopo aver avuto il via libera della Delegazione delle finanze del Parlamento, ha infatti preso, in accordo con l'Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (FINMA) e la Banca nazionale (BNS), degli impegni "giuridicamente vincolanti", ha ricordato la relatrice della CdF. Il margine di manovra del Parlamento è insomma limitato alle condizioni che la Confederazione può esigere dalle due banche.

In futuro maggiore voce in capitolo

A tal proposito, i "senatori" hanno deciso senza voti contrari che la Segreteria generale del Dipartimento delle finanze dovrà esaminare "in maniera approfondita le possibilità di azioni in materia di responsabilità contro le istanze dirigenti di Credit Suisse". Con 28 voti contro 14 la Camera ha inoltre stabilito che eventuali garanzie supplementari non potranno essere concesse tramite procedura urgente. Gli ex dirigenti del Credit Suisse devono rispondere delle loro azioni, ha sostenuto Olivier Français. "Dovrebbero restituire i bonus ricevuti e non dovrebbero riceverne altri", ha aggiunto. Più in generale, la "non scelta" lasciata al Parlamento è stata fortemente criticata da Hansjörg Knecht (UDC/AG). "Non è accettabile che Consiglio nazionale e degli Stati possano solo approvare i crediti; in futuro il Parlamento dovrà avere maggiore voce in capitolo", ha sostenuto.

Aggiornare il "too big to fail"

Ciò passa per la modifica delle disposizioni "too big to fail", hanno affermato vari oratori. Non c'è però unanimità sulla velocità con la quale adottare le riforme. Per la sinistra e l'UDC vanno fatte rapidamente: "Il Consiglio federale deve fare una prima analisi entro l'estate", ha sostenuto Jakob Stark (UDC/TG). Secondo Adèle Thorens è chiaro che le misure prese dopo il dissesto di UBS nel 2008 sono risultate alla luce dei fatti "chiaramente insufficienti". Una visione condivisa da Marco Chiesa che non ha esitato a parlare di "corresponsabilità dei politici". Per il ticinese ora l'esecutivo deve fare in modo che non ci siano più aziende "too big to fail": un'impresa deve poter fallire senza trascinare la Svizzera o il mondo intero nel baratro, ha sostenuto. "Bisogna mantenere il sangue freddo", ha replicato Olivier Français. Per Thomas Hefti (PLR/GL) non si deve cadere in una frenesia legislativa: "la colpa della crisi non è dei politici, ma del CS", ha sottolineato. Da parte sua, Benedikt Würth si è chiesto quale margine di manovra abbia la Svizzera, dato che le regolamentazioni del settore bancario dipendono anche dalle disposizioni prese a livello internazionale.

209 miliardi

Concretamente, oggi gli Stati - e poi il Nazionale - erano chiamati ad esprimersi su due crediti. Il primo riguarda una garanzia sul rischio di insolvenza di 100 miliardi che la Confederazione metterà a disposizione della BNS. Questo mutuo disporrà di un privilegio in caso di fallimento del Credit Suisse. Ciò significa che il suo rimborso avrà la precedenza sulle pretese di altri creditori (ad eccezione di salari, oneri sociali e alcuni altri impegni privilegiati). L'altro credito riguarda UBS: Berna fornisce una garanzia a UBS per eventuali perdite derivanti dalla vendita degli attivi del Credit Suisse pari a 9 miliardi. Questa garanzia verrebbe applicata solo se le perdite per UBS sarebbero superiori a 5 miliardi.

Chi ha cercato di bocciare i crediti

Al voto, la sinistra ha bocciato, invano, la concessione dei crediti. Carlo Sommaruga ha denunciato il fatto che le condizioni poste per il salvataggio non contengono alcuna garanzia a favore del personale. Il socialista ha anche denunciato la svendita del Credit Suisse a UBS: "una privatizzazione degli utili e una socializzazione delle perdite". Da parte sua Thomas Minder (SH/indipendente) ha chiesto la stralcio della garanzia di 9 miliardi per UBS. Per lo sciaffusano, che ha ricordato come lo scorso anno l'istituto abbia realizzato utili per 7,6 miliardi di dollari, la banca può benissimo assorbire da sola eventuali perdite. Con 29 voti contro 6 e 7 astenuti, la maggioranza dei "senatori" non ha però voluto seguirlo.

Quei 50 milioni in più

Da notare infine che alle due garanzie concesse oggi vanno aggiunti l'assistenza straordinaria di liquidità (ELA) di 50 miliardi di franchi richiesta da Credit Suisse alla BNS già il 15 marzo e il sostegno aggiuntivo di liquidità (denominato ELA+) di 100 miliardi liberati il 19 marzo. Questi aiuti non sono garantiti dalla Confederazione, e quindi non sono soggetti ad approvazione da parte del Parlamento. In totale, la Confederazione e la BNS sono quindi esposte per complessivi 259 miliardi.

2 anni fa
Sui 109 miliardi i Verdi pongono alcune condizioni, l'UDC è per il "No"
Gli ecologisti approveranno i crediti supplementari solo se legati a obiettivi di sostenibilità. Per i democentristi "il Consiglio federale e l'Autorità di vigilanza sui mercati finanziari non hanno fatto il loro lavoro".

PS e Verdi approveranno la garanzie finanziarie di 109 miliardi di franchi per il salvataggio del Credit Suisse solo a determinate condizioni. Secondo i Verdi, è indispensabile collegare la garanzia a criteri di sostenibilità. Il gruppo parlamentare UDC invece è intenzionato a bocciarli. "Se il clima fosse una banca, il Consiglio federale l'avrebbe già salvato da tempo", ha dichiarato il presidente dei Verdi Balthasar Glättli. L'aspetto ambientale è stato "messo in secondo piano" nel salvataggio delle banche. I Verdi quindi approveranno i crediti supplementari solo se legati a obiettivi di sostenibilità. Per il futuro è necessaria una base giuridica che garantisca che i salvataggi statali possano essere effettuati solo a queste condizioni, hanno aggiunto.

La posizione del PS

Anche il gruppo parlamentare del PS intende approvare le garanzie federali solo a una condizione: il Parlamento dovrebbe esigere una nuova regolamentazione immediatamente, in modo che un caso come quello del CS non possa più verificarsi. "Non siamo disposti a chiudere gli occhi", ha twittato il copresidente del PS Cédric Wermuth.

E quella dell'UDC

Il gruppo parlamentare UDC ha deciso invece di votare contro gli impegni finanziari. Il regolamento "too big to fail" adottato a seguito del salvataggio di UBS non ha funzionato. E il Consiglio federale e l'autorità di vigilanza sui mercati finanziari Finma non hanno fatto il loro lavoro, affermano i democentristi. Ora l'esecutivo deve fare in modo che non ci siano più aziende "troppo grandi per fallire": un'impresa deve poter fallire "senza trascinare la Svizzera o il mondo intero nel baratro". L'UDC intende quindi presentare due mozioni in questo senso durante l'attuale sessione.

2 anni fa
Iniziato il dibattito agli Stati sui 109 miliardi di garanzia per l'acquisizione di CS
Per la relatrice della Commissione delle finanze "il salvataggio di Credit Suisse era necessario perché n caso di fallimento della banca le ripercussioni per l'economia svizzera sarebbero ammontate, nella migliore delle ipotesi, a 146 miliardi di franchi".

È in corso al Consiglio degli Stati il dibattito sulla concessione da parte della Confederazione delle garanzie finanziarie, pari a 109 miliardi di franchi, per l'acquisizione di Credit Suisse (CS) da parte di UBS. Se molti "senatori" hanno lodato le autorità per aver agito a tempo di record, non sono mancate le critiche a CS, e in particolare ai suoi dirigenti. Molte questioni rimangono inoltre aperte, in particolare sulle norme "too big to fail". In apertura di seduta, la relatrice della Commissione delle finanze (CdF) Johanna Gapany (PLR/FR) ha ricordato il carattere straordinario di questa sessione. "Ci troviamo in una situazione che dal 2008 il Parlamento ha voluto evitare, in particolare con le regolamentazioni dette 'too big to fail'".

"Il fallimento avrebbe avuto conseguenze per 146 miliardi"

Per Gapany il salvataggio di Credit Suisse era un passo necessario: in caso di fallimento della banca le ripercussioni per l'economia svizzera sarebbero ammontate, nella migliore delle ipotesi, a 146 miliardi di franchi. Molte PMI dipendono dal Credit Suisse: il 20% dell'economia sarebbe stata colpita, ha aggiunto da parte sua Olivier Français (PLR/VD). Sottolineando come il Credit Suisse abbia commesso gravi errori e corso rischi insostenibili, il vodese ha detto che il Consiglio federale ha fatto bene a ricorre al diritto d'urgenza. "Con il diritto ordinario - ha spiegato - non sarebbe stato possibile salvare il CS". La Consigliera federale Karin Keller-Sutter e i suoi collaboratori hanno fatto un ottimo lavoro, ha aggiunto Benedikt Würth (Centro/SG). Adèle Thorens (Verdi/VS) ha da parte sua evocato la lunga lista degli scandali che hanno coinvolto il Credit Suisse. Per l'ecologista, "quello che deve sorprendere non è la crisi del CS ma il fatto che c'erano ancora persone disposte a concedere fiducia a una banca dove l'incompetenza e l'assenza di scrupoli erano alla luce del giorno". In questo contesto il sostegno della Confederazione è una aberrazione morale e un distorsione del liberalismo. Alcuni "senatori" si sono poi detti preoccupati dalla dimensione della nuova UBS. Per Hansjörg Knecht (UDC/AG) ciò rappresenta un enorme rischio per la Svizzera.

Poco margine di manovra

Illustrando le scelte che oggi il Parlamento è chiamato a prendere, la relatrice commissionale Gapany ha spiegato che qualsiasi decisione prenderà, le garanzie finanziarie della Confederazione di 109 miliardi di franchi saranno in ogni caso erogate. Il Consiglio federale, dopo aver avuto il via libera della Delegazione delle finanze del Parlamento, ha infatti preso, in accordo con l'Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (FINMA) e la Banca nazionale (BNS), degli impegni "giuridicamente vincolanti", ha ricordato la relatrice della CdF. Il margine di manovra del Parlamento è insomma limitato alle condizioni che la Confederazione può esigere dalle due banche. A tal proposito, la CdF propone che la Segreteria generale del Dipartimento delle finanze esamini "in maniera approfondita le possibilità di azioni in materia di responsabilità contro le istanze dirigenti di Credit Suisse". Inoltre, la commissione vorrebbe che eventuali garanzie supplementari non possano essere concesse tramite procedura urgente.

Il dibattito scalda gli animi

Più in generale, la "non scelta" lasciata al Parlamento è stata fortemente criticata da Hansjörg Knecht (UDC/AG). "Non è accettabile che Consiglio nazionale e degli Stati possano solo approvare i crediti; in futuro il Parlamento dovrà avere maggiore voce in capitolo", ha sostenuto. Ciò passa per la modifica delle disposizioni "too big to fail", hanno affermato vari oratori. Non c'è però unanimità sulla velocità con la quale adottare le riforme. Per la sinistra e l'UDC vanno fatte rapidamente: "il Consiglio federale deve fare una prima analisi entro l'estate", ha sostenuto Jakob Stark (UDC/TG). "È chiaro che le misure prese dopo il dissesto di UBS nel 2008 sono risultate alla luce dei fatti chiaramente insufficienti", ha detto Adèle Thorens. "Bisogna mantenere il sangue freddo", ha replicato Olivier Français. Per Thomas Hefti (PLR/GL) non si deve cadere in una frenesia legislativa: "la colpa della crisi non è dei politici, ma del CS", ha sottolineato. Da parte sua, Benedikt Würth si è chiesto quale margine di manovra abbia la Svizzera, dato che le regolamentazioni del settore bancario dipendono anche dalle disposizioni prese a livello internazionale.

259 miliardi

Concretamente, oggi gli Stati - e poi il Nazionale - sono chiamati ad esprimersi su due crediti. Il primo riguarda una garanzia sul rischio di insolvenza di 100 miliardi che la Confederazione metterà a disposizione della BNS. Questo mutuo disporrà di un privilegio in caso di fallimento del Credit Suisse. Ciò significa che il suo rimborso avrà la precedenza sulle pretese di altri creditori (ad eccezione di salari, oneri sociali e alcuni altri impegni privilegiati). L'altro credito riguarda UBS: Berna fornisce una garanzia a UBS per eventuali perdite derivanti dalla vendita degli attivi del Credit Suisse pari a 9 miliardi. Questa garanzia verrebbe applicata solo se le perdite per UBS sarebbero superiori a 5 miliardi. Da notare che a questi due crediti vanno aggiunti l'assistenza straordinaria di liquidità (ELA) di 50 miliardi di franchi richiesta da Credit Suisse alla BNS già il 15 marzo e il sostegno aggiuntivo di liquidità (denominato ELA+) di 100 miliardi liberati il 19 marzo. Questi aiuti non sono garantiti dalla Confederazione. In totale, la Confederazione e la BNS sono quindi esposte per complessivi 259 miliardi.

Le discussioni proseguono. Secondo l'ordine del giorno, gli Stati dovrebbero concludere la prima lettura del decreto federale entro le 15.00. In seguito - dalle 17.15 con seduta "open end" - si riunirà il Consiglio nazionale.

2 anni fa
Actares chiede un freno ai compensi dei manager: "Swiss Re sia da esempio"
L'associazione di azionisti per un'economia sostenibile avanza delle richieste anche nei confronti dell'ormai ex presidente di Swiss Re, Sergio Ermotti, nel suo nuovo ruolo di CEO di UBS.

Actares, associazione di azionisti per un'economia sostenibile, ritiene che Swiss Re abbia il dovere di essere più incisiva nel limitare le remunerazioni dei manager. Il secondo gruppo riassicurativo al mondo dovrebbe assumersi le proprie responsabilità in tal senso visto il suo ruolo di "decano" della piazza finanziaria. In un comunicato diramato oggi, Actares spende anche parole positive per Swiss Re, che terrà tra l'altro domani la propria assemblea generale. In particolare, applaude gli obiettivi climatici raggiunti e la maggiore percentuale di donne nel consiglio d'amministrazione (cda).

Ritorno al passato

Tuttavia, secondo l'organizzazione, la società, pur non facendo parte dei colpevoli peggiori, "oltrepassa nettamente i limiti accettabili" in materia di retribuzione dei dirigenti. Actares spera dunque che Swiss Re dia il buon esempio, tornando alle paghe ragionevoli che venivano versate in passato.

Le richieste a Sergio Ermotti, ex presidente di Swiss Re

Actares chiede inoltre a Sergio Ermotti, che ha recentemente abbandonato la carica di presidente del cda di Swiss Re per tornare a guidare UBS, di avere "mano ferma" nell'integrare Credit Suisse in quello che si appresta a diventare un colosso bancario. Il ticinese, che era entrato nell'organo di sorveglianza del gruppo riassicurativo due anni fa, aveva incassato nel 2021 compensi per 3,8 milioni di franchi.

2 anni fa
"Era la migliore soluzione attuabile per evitare la crisi"
È quanto ha affermato Alain Berset, presidente della Confederazione, in apertura di seduta.

Il Consiglio federale ha cercato la migliore soluzione per evitare una crisi finanziaria dagli effetti incalcolabili che il fallimento del Credit Suisse avrebbe scatenato. Lo ha detto il presidente della Confederazione, Alain Berset, al Consiglio degli Stati in apertura della Sessione straordinaria. Quindici anni dopo il salvataggio di UBS, il governo è stato di nuovo obbligato ad intervenire per evitare effetti devastanti sulla piazza finanziaria svizzera e internazionale e sulla prosperità economica della Svizzera.

"Era la soluzione migliore"

Sono state esaminate diverse opzioni, ha ricordato Berset. La nazionalizzazione della grande banca è stata scartata perché avrebbe fatto pesare rischi incalcolabili sulla Confederazione e sui contribuenti, avrebbe posto questione sulle capacità di esecuzione e non avrebbe permesso di ristabilire la fiducia nel management. Anche il fallimento del CS non era una soluzione praticabile visto che avrebbe avuto ripercussioni sui privati e sulle imprese. Nei giorni precedenti il finesettimana del 18 e 19 marzo è apparso chiaro che il risanamento della banca non sarebbe stato sufficiente, la ripresa del CS da parte di UBS è quindi apparsa come la migliore soluzione per ristabilire fiducia dei mercati. La perdita di fiducia nel Credit Suisse non è avvenuta in una notte, è stata progressiva. È chiaro che i responsabili non sono stati capaci di trarre lezioni dalla crisi finanziaria del 2008 e di assumersi le loro responsabilità, ha aggiunto il presidente della Confederazione ricordando le migliaia di dipendenti che perderanno il lavoro con la fusione dei due istituti.

Legge ad hoc per la nuova UBS

Il Consiglio federale accoglie con favore questa Sessione straordinaria delle Camere e ritiene necessaria un'ampia discussione sulle cause che hanno portato a questo nuovo salvataggio e sulle conseguenze. In particolare sarà necessario adattare la legislazione "too big to fail" alle dimensione della nuova banca che nascerà dopo l'integrazione di CS in UBS. "Viviamo in un'epoca in cui ciò che era ovvio non lo è più", ha aggiunto Berset, ricordando la pandemia di coronavirus e l'invasione russa dell'Ucraina. In questo contesto, è ancora più importante preservare la fiducia nelle istituzioni, la loro stabilità o il comune senso di responsabilità".

2 anni fa
Iniziato il dibattito agli Stati
La relatrice della Commissione delle finanze ha ricordato che qualsiasi decisione verrà presa "le garanzie finanziarie della Confederazione di 109 miliardi di franchi saranno in ogni caso erogate".

È in corso al Consiglio degli Stati il dibattito sulla concessione da parte della Confederazione delle garanzie finanziarie, pari a 109 miliardi di franchi, per l'acquisizione di Credit Suisse (CS). In apertura di seduta, la relatrice della Commissione delle finanze (CdF) Johanna Gapany (PLR/FR) ha ricordato il carattere straordinario di questa sessione. "Ci troviamo in una situazione che dal 2008 il Parlamento ha voluto evitare, in particolare con le regolamentazioni dette 'too big to fail'". Per Gapany il salvataggio di Credit Suisse era un passo necessario: in caso di fallimento della banca le ripercussioni per l'economia svizzera sarebbero ammontate, nella migliore delle ipotesi, a 146 miliardi di franchi. Illustrando le scelte che oggi il Parlamento è chiamato a prendere, la relatrice della CdF ha spiegato che qualsiasi decisione prenderà, le garanzie finanziarie della Confederazione di 109 miliardi di franchi saranno in ogni caso erogate.

Il Consiglio federale, dopo aver avito il via libera della Delegazione delle finanze del Parlamento, ha infatti preso, in accordo con l'Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (FINMA) e la Banca nazionale (BNS), degli impegni "giuridicamente vincolanti". Il margine di manovra del Parlamento è insomma limitato alle condizioni che la Confederazione può esigere dalle due banche.

Le discussioni proseguono. Secondo l'ordine del giorno, gli Stati dovrebbero concludere la prima lettura del decreto federale entro le 15.00. In seguito - dalle 17.15 con seduto "open end" - si riunirà il Consiglio nazionale.

2 anni fa
Associazione consumatori: "Bisogna rafforzare la garanzia dei depositi delle banche"
©Gabriele Putzu
©Gabriele Putzu
A chiederlo, a seguito del caso Credit Suisse, è la Fondazione per la protezione dei consumatori.

A seguito del caso Credit Suisse (CS), la garanzia dei depositi delle banche svizzere va massicciamente rafforzata. Lo chiede la Fondazione per la protezione dei consumatori (SKS), secondo cui in questo modo il sistema sarebbe più stabile e si eviterebbero future crisi di fiducia. "Se vogliamo fare a meno di misure di sostegno del governo in caso di altre crisi bancarie, gli istituti stessi devono garantire la propria stabilità", afferma, citata in una nota odierna, la direttrice della SKS Sara Stalder. Attualmente, la funzione principale della garanzia dei depositi è assicurare che i risparmiatori possano accedere rapidamente ai loro soldi se una banca di piccole o medie dimensioni dovesse fallire.

Sottodimensionato

Tuttavia, nel caso in cui un istituto di importanza sistemica dovesse trovarsi in difficoltà, il sistema di protezione sarebbe sottodimensionato, fa notare l'organizzazione svizzerotedesca. "Per questo motivo non crea abbastanza fiducia come misura preventiva e lo Stato deve intervenire", continua Stalder. Qualora dovesse verificarsi un fallimento, sarebbero in particolare protetti i risparmi fino a 100'000 franchi. Inoltre, esiste l'associazione Esisuisse, gestita congiuntamente dalle banche, che è responsabile della garanzia dei depositi. Attualmente, i fondi di questo ente devono ammontare all'1,6% di tutti i depositi garantiti degli istituti affiliati, ovvero a 8 miliardi di franchi. Per una tutela credibile dei risparmi, tale quota non è però sufficiente, evidenzia Stalder.

La Sks vuole una revisione delle regole del too big to fail

All'origine di queste richieste vi è la crisi di CS, che, in preda a un crollo della fiducia da parte di clientela e investitori, ha dovuto affrontare un forte deflusso di fondi e quindi gravi problemi di liquidità. La successiva acquisizione del numero due bancario elvetico da parte della concorrente UBS è oggetto di una sessione straordinaria del Parlamento che si apre proprio oggi. In relazione a questa vicenda, la SKS domanda anche una revisione delle norme "too big to fail" e l'obbligo di rinunciare ai bonus per i manager di Credit Suisse.

2 anni fa
Tre giorni di sessione straordinaria dedicata alla crisi di Credit Suisse
©CDT/TatianaScolari
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Da oggi fino a mercoledì le camere federali discuteranno dell’acquisizione di Credit Susse da parte di UBS e del prestito di 109 miliardi dati dalla BNS. La questione di una Commissione Parlamentare d’Inchiesta non è all’ordine del giorno.

Il crollo di Credit Suisse e la sua acquisizione da parte di UBS approdano sui banchi di Consiglio degli Stati e Nazionale per una sessione straordinaria del parlamento di tre giorni, dove le due Camere si riuniranno a turno, ma mai contemporaneamente. Le discussioni, se il programma verrà rispettato, termineranno domani sera, o giovedì mattina se sarà necessario ricorrere a una conferenza di conciliazione. Da oggi fino al 13 aprile Camera dei Cantoni e del Popolo dovranno anche approvare le garanzie della Confederazione sui 109 miliardi prestati dalla BNS per portare a termine l'operazione. La Delegazione delle finanze (DelFin, una delegazione permanente delle Commissioni delle finanze delle Camere federali) ha approvato le garanzie lo stesso giorno in cui è stato annunciato il salvataggio di CS, lo scorso 19 marzo. Le due Camere non hanno scelta: un rifiuto non avrebbe alcun effetto legale. La questione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sulla vicenda non è all'ordine del giorno: gli Uffici dei due Consigli non hanno ancora raggiunto un accordo. 

Le posizioni critiche di PS e UDC

Il sì socialista al credito, ha spiegato il capogruppo Roger Nordmann alla "Tribune de Genève", dipende da una condizione: il Parlamento deve approvare un pacchetto di quattro mozioni non all'ordine del giorno presentate dal Partito Socialista prima della vicenda inerente Credit Suisse e ancora in sospeso alla Camera del popolo dove si chiede di autorizzare l'Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (Finma) a infliggere sanzioni efficaci agli istituti finanziari che commettono infrazioni, fissare esigenze in materia di fondi propri più elevate per le grandi banche attive a livello globale e vietare i bonus per le banche di rilevanza sistemica. Nelle prossime ore, per quanto riguarda l'UDC, il gruppo parlamentare dovrebbe decidere se approvare o meno i crediti concessi dalla BNS, ma molto dipende dalla disponibilità del Consiglio federale a migliorare le regole per gli istituti "too big to fail", alle garanzie fornite dal governo per approfondire le responsabilità dei dirigenti di Credit Suisse sul fallimento dell'istituto e a come recuperare i bonus già versati.

"Non bisogna agitare le acque"

Il Parlamento "deve dare una chiara conferma di quanto deciso e non lanciare segnali che mettano in discussione la solidità e la credibilità dell’intervento per evitare il dissesto della banca", ha detto al Corriere del Ticino Alex Farinelli (PLR), relatore e membro della Commissione delle finanze. "Non bisogna caricare nemmeno questa sessione di significati che non ha, perché non si decidono cambiamenti legislativi", ha continuato il consigliere nazionale. Mentre per evitare il ripetersi di una situazione simile Farinelli ha le idee chiare: "Ora non si può dare una soluzione. I diversi aspetti di questa vicenda non sono ancora stati indagati a fondo. Non si può prescrivere una cura prima ancora di aver verificato che cosa è successo ed effettuato una diagnosi. È compito soprattutto del Parlamento trovare i correttivi normativi, ma bisogna avere l’umiltà di fare un’analisi prima di decidere".

Il rapporto di acquisizione entro un anno

Il Consiglio federale si è impegnato a presentare entro un anno un rapporto sull'acquisizione di Credit Suisse (CS) da parte di UBS. Il governo raccomanda l'adozione di dieci postulati in questo senso presentati da varie commissioni parlamentari. L'analisi affronterà diversi temi, tra cui la norma too big to fail. Il Consiglio federale ritiene che gli eventi che hanno portato all'acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS e le misure adottate dalla Confederazione debbano essere esaminati in modo approfondito, scrive l'esecutivo nella sua risposta ai postulati pubblicata la scorsa settimana. Le conclusioni saranno presentate al parlamento entro un anno in occasione della pubblicazione del prossimo rapporto del Consiglio federale sulle banche di rilevanza sistemica. Nel documento figureranno analisi esterne. Vi troveranno risposta le domande sollevate nei postulati, promette l'esecutivo. All'origine degli atti parlamentari vi sono la Commissione dell'economia e dei tributi del Consiglio nazionale (CET-N), le Commissioni delle finanze (CdF) dei due rami del parlamento nonché la Commissione degli affari giuridici della Camera del popolo (CAG-N). I deputati vogliono evitare il ripetersi di un tale fallimento.

Inasprimento delle norme?

I postulati riguardano vari temi. Ad esempio, chiedono di identificare i fattori che hanno portato al crollo di CS e le ragioni per cui le norme sulle banche dette del too big to fail (così denominate perché relative alle banche di rilevanza sistemica, troppo grandi per fallire), ma anche di esaminare gli strumenti a disposizione della Banca nazionale svizzera (BNS) in caso di crisi. In merito alle regole too big to fail, i parlamentari interrogano il governo sulla necessità di rafforzarle. Sollevano in particolare i punti relativi ai fondi propri, all'opportunità di separare le attività svizzere da quelle internazionali, ai bonus, al rafforzamento dell'Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (FINMA) e alla possibilità di introdurre regole più severe in materia di responsabilità. I deputati chiedono inoltre un rapporto sul futuro colosso bancario nato dall'integrazione di CS in UBS in relazione alla stabilità e ai rischi per la piazza finanziaria nel suo complesso e dal punto di vista del diritto della concorrenza. Le responsabilità degli ex e degli attuali dirigenti dovranno essere analizzate per valutare possibili azioni legali.

2 anni fa
"UBS e CS insieme non saranno troppo grandi"
© Chiara Zocchetti
© Chiara Zocchetti
La fusione fra le due banche non preoccupa Sergio Ermotti, CEO della nuova entità. Le garanzie di liquidità? "Sono ragionevoli".

"Anche mettendo insieme UBS e Credit Suisse, non saremo in vetta alla classifica per dimensioni dei gruppi bancari internazionali". Lo ha affermato in un'intervista al quotidiano economico Sole 24 Ore, il CEO della nuova entità, Sergio Ermotti.

Il manager ticinese - che ha già guidato la maggior banca svizzera dal 2011 al 2020 - osserva come "la nuova UBS derivante dalla combinazione con Credit Suisse sulle attività che riguardano il solo mercato svizzero avrà comunque quote non superiori a quelle delle banche cantonali e del gruppo Raiffeisen. C'è solamente un segmento in cui in Svizzera le altre banche elvetiche difficilmente potrebbero raggiungere una posizione come la nostra ed è quello dei crediti alle multinazionali. Ma in questo segmento avremo la concorrenza di banche estere".

"Le garanzie di BNS e Confederazione sono ragionevoli"

Quanto alle garanzie di liquidità, nel complesso per oltre 200 miliardi di franchi, fornite dalla Banca nazionale e dalla Confederazione a UBS-Credit Suisse "bisogna anzitutto sempre ricordare - sottolinea - che si tratta di garanzie e non di altro. "Ciò detto - ha aggiunto - anche la questione dell'ammontare va collegata all'ampiezza dell'operazione di acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS. E il collegamento va fatto naturalmente anche con i rischi che sono presenti in un'operazione di questo tipo. Se si considera tutto il quadro dell'acquisizione, allora penso che si possa dire che le garanzie di Banca nazionale e Confederazione sono ragionevoli".

Strategie in linea con quelle di UBS

Infine, sulla strategia del nuovo gruppo Ermotti ritiene che "il modello debba essere quello dell'attuale UBS, che ha tra i suoi punti fondamentali la centralità dell'attività di gestione di patrimoni e il contenimento delle attività di investment banking e dei rischi connessi".

2 anni fa
Verso una Commissione parlamentare d'inchiesta
L'Ufficio e la Commissione della gestione del Consiglio nazionale sono favorevoli all'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sulla fusione Credit Suisse-UBS. L'Ufficio degli Stati si esprimerà a metà maggio.

Dopo l'Ufficio del Consiglio nazionale, anche la Commissione della gestione della Camera del popolo (CdG-N) è favorevole sul principio di istituire una Commissione parlamentare d'inchiesta (CPI) per far luce sull'acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS. La CdG-N ritiene tuttavia che dei chiarimenti siano necessari al fine di ampliare la base delle decisioni. Riunitasi oggi, la Commissione della gestione del Nazionale ha esaminato in modo approfondito le attività intraprese dalle autorità nel contesto della crisi che ha colpito Credit Suisse e sul suo rilevamento dal parte di UBS, indica una nota odierna dei servizi parlamentari.

"Servono chiarimenti"

A suo avviso, chiarimenti sono necessari sotto diversi aspetti: per la CdG-N, talune questioni meritano un'attenzione particolare, ad esempio quella di sapere come il Consiglio federale abbia attuato il diritto in vigore, come Credit Suisse sia stata sorvegliata, se e come altre opzioni siano state esaminate e se l'uso del diritto di necessità sia stato appropriato. A causa della portata degli eventi, la CdG-N è sostanzialmente del parere che una CPI debba essere istituita, tanto più che quest'ultima dispone di strumenti supplementari. Per contro, la commissione ritiene che sarebbe opportuno, nell'ambito della sua attività di alta vigilanza futura e fino alla decisione sull'istituzione di una CPI, che le due commissioni della gestione procedessero a dei primi chiarimenti al fine di ampliare la base delle decisioni, precisano ancora i servizi del Parlamento. Pertanto, al pari della CdG-S, ha affidato a due sue sottocommissioni l'incarico di eseguire accertamenti entro l'inizio di maggio. Ha inoltre deciso di sentire, l'8-9 maggio e il 15-16 maggio, i principali attori a livello federale, ossia Karin Keller-Sutter e Elisabeth Baume-Schneider, responsabili rispettivamente dei dipartimenti federali delle finanze (DFF) e di giustizia e polizia (DFGP), nonché il presidente della Confederazione Alain Berset. La commissione avrà pure dei colloqui con l'Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (FINMA) e la Banca nazionale svizzera (BNS).

L'ufficio degli Stati deciderà a metà maggio

Dopo che l'Ufficio del Consiglio nazionale ha proposto all'unanimità di creare una Commissione parlamentare d'inchiesta (CPI) per far luce sull'acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS, oggi l'omologo Ufficio degli Stati ha informato che deciderà soltanto a metà maggio su tale proposta. Preferisce prima sentire le Commissioni della gestione (CdG) e attendere i risultati dei loro accertamenti. Con tale temporeggiamento, si vuole anche dar modo alle CdG di svolgere ulteriori audizioni, indicano oggi in una nota i servizi parlamentari. Dopo la seduta comune delle CdG, in programma i prossimi 15 e 16 maggio, l'Ufficio del Consiglio degli Stati avrà modo di sentire a riguardo il presidente del Consiglio nazionale Martin Candinas (Centro/GR), nonché i rappresentanti delle Commissioni della gestione e il Consiglio federale prima di decidere in merito all'iniziativa parlamentare dell'Ufficio del Nazionale, precisano ancora i servizi del Parlamento.

La CPI è lo strumento di alta vigilanza di più ampia portata a disposizione dell'Assemblea federale. Finora sono state istituite solo quattro Commissioni parlamentari d'inchiesta che si sono occupate in passato del caso Mirage, dello scandalo delle schedature, delle dimissioni di Elisabeth Kopp - la prima consigliera federale donna costretta a dare le dimissioni, n.d.r - e del malfunzionamento della Cassa pensioni della Confederazione (PUBLICA).

2 anni fa
Gli esperti bocciano il matrimonio tra UBS e Credit Suisse
Per loro la soluzione migliore sarebbe stata l'acquisizione di Credit Suisse da parte della Confederazione, combinata con una possibile vendita della banca in un secondo momento.

L'acquisizione di Credit Suisse (CS) da parte di UBS è la migliore scelta possibile, come da dieci giorni continuano a ribadire esponenti del Consiglio federale e della Banca nazionale svizzera? No, risponde la stragrande maggioranza degli esperti interpellati nell'ambito di un sondaggio. Assai meglio erano altre soluzioni, in primo luogo una nazionalizzazione; anche perché la reputazione della Svizzera ne è uscita con le ossa rotte. Non è capitato spesso negli ultimi tempi, ma in questa occasione popolazione e accademici sembrano per una volta essere perfettamente concordi, chiosa oggi la Neue Zürcher Zeitung (NZZ), che insieme al Centro di ricerca congiunturale del Politecnico di Zurigo (KOF) è andata a chiedere un parere sul mega-matrimonio bancario a 167 ricercatori universitari in economia.

La soluzione degli esperti

Lo scetticismo emerso da precedenti rilevamenti demoscopici fra i comuni abitanti del paese viene condiviso anche dagli specialisti: solo il 19% del campione considera l'acquisizione di CS da parte di UBS la migliore soluzione nella situazione di crisi che si era creata. Il 28% avrebbe voluto applicare le regole "too big to fail", peraltro fino a due settimane or sono presentate dalle autorità come la risposta al problema costituto dalle banche sistemiche. Ancora più caldeggiata dagli esperti è però un'altra via: l'acquisizione di CS da parte dello stato, combinata con una possibile vendita della banca in un secondo momento, un'opzione significativamente migliore per il 48% di chi ha risposto. Secondo la NZZ quest'ultimo dato è degno di nota, in quanto gli economisti generalmente considerano le soluzioni del settore privato - e il Consiglio federale ha cercato di presentare l'acquisizione concordata come tale: un'operazione commerciale, non un salvataggio, ha affermato il 19 marzo la consigliera federale Karin Keller-Sutter - più favorevolmente di un intervento statale. Sommando il 48% al 28% si ottiene un 76% di economisti che non sostengono la scelta dell'esecutivo federale.

Il danno d'immagine alla piazza finanziaria

Un capitolo a parte è il ricorso al diritto di necessità e l'ormai famoso azzeramento delle obbligazioni AT1, che è avvenuto malgrado gli azionisti abbiano perso solo una parte del valore dei loro titoli. L'80% degli interrogati ritiene che la reputazione della piazza finanziaria svizzera ne sia uscita danneggiata, per il 25% in modo addirittura grave. Dubbi emergono anche sul fronte della concorrenza: il 50% degli esperti è convinto che l'accesso al credito, per i privati e le aziende, sarà più difficile, e oltre uno su due si aspetta un peggioramento dei servizi bancari.

Per UBS un affare, ma attenzione...

Se sembra non essere stata un'operazione vantaggiosa per gli svizzeri, la fusione lo è almeno per UBS: il 78% degli interrogati pensa che la banca presto di nuovo guidata da Sergio Ermotti - che secondo notizie di stampa pianificava l'acquisizione già nel 2016 - abbia fatto un buon affare o addirittura buonissimo. Certo aiuta il fatto che la Finma - ricorda la NZZ - abbia cancellato con un tratto di riga 16 miliardi di obbligazioni AT1. Tuttavia in un commento un partecipante al sondaggio mette in guardia da un'eccessiva euforia da parte di UBS: con il tempo la fusione potrebbe pesare sulla valutazione dell'istituto. Il rischio per l'unica grande banca svizzera rimasta rimane considerevole, malgrado le garanzie statali e il basso prezzo di acquisto, per motivi finanziari e di reputazione, osserva lo specialista.

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