Svizzera-USA
Trump "umiliato" al telefono da Keller-Sutter, ecco i motivi dietro a quel 39%
Redazione
12 ore fa
Dietro la guerra dei dazi contro la Svizzera non ci sarebbero motivi economici, ma un’offesa personale subita da Donald Trump.

Il 2 aprile Donald Trump annunciava al mondo la nuova ondata di dazi. Dal 1° agosto la Svizzera è stata colpita con un aumento del 39% sulle proprie esportazioni, entrando di fatto nel ristretto gruppo di Paesi più penalizzati. A differenza di Brasile, India o Siria, però, il caso elvetico sembra avere radici soprattutto personali.

Le indiscrezioni

Secondo indiscrezioni raccolte dal Blick, la causa scatenante sarebbe stata la telefonata del 31 luglio tra la presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter e il presidente statunitense. Secondo fonti americane, in quei 34 minuti Keller-Sutter avrebbe corretto Trump sul presunto deficit commerciale di 40 miliardi di dollari, trasformando la conversazione in una sorta di “lezione di economia”. A Washington l’episodio è stato percepito come un’umiliazione e Trump avrebbe deciso di non negoziare più con la Svizzera finché Keller-Sutter fosse rimasta in carica.  “He’s done with her”, avrebbe commentato. Da allora la Svizzera è praticamente l’unico Paese a vedersi imporre tariffe più alte, nonostante anni di lobbying.

Un caso personale

Il caso ha provocato irritazione anche negli ambienti vicini alla Casa Bianca: per alcuni osservatori si tratta di uno scandalo diplomatico, per altri di una tattica negoziale. Trump, comunque, ha ribadito più volte che “non è un problema nazionale, è un problema di personalità”. “Bill Clinton avrebbe riattaccato dopo dieci minuti”, ha osservato un ex collaboratore della Casa Bianca. Così, Berna si trova quasi isolata: nonostante un’intensa attività diplomatica, è uno dei pochi Paesi a dover affrontare dazi più alti rispetto al passato. Lo smacco è ancor più pesante se si considera che, fino a poche settimane prima, un compromesso al 10-15% sembrava a portata di mano.

Si punta sulla farmaceutica

Resta ora una flebile speranza: l’industria farmaceutica, cuore delle esportazioni svizzere, potrebbe ottenere condizioni migliori spostando parte della produzione negli Stati Uniti. E a Washington circolano segnali di un possibile rilancio dei negoziati commerciali già dall’autunno. Una cosa appare certa: la decisione finale resta nelle mani di Donald Trump, un leader che ha già dimostrato più volte di essere imprevedibile.