
Oggi se volete lanciare un’iniziativa popolare o un referendum dovete raccogliere le firme. Per strada o porta a porta, lo dovete fare in ogni caso a mano. Presto potrebbe non essere più così, infatti il Consiglio federale ha gettato le basi legali per cambiare le cose e rendere possibile la raccolta di firme online, il cosiddetto e-collecting. Per ora sarà possibile farlo per valutare come funziona, con dei progetti pilota, è però un primo passo per cambiare di molto e per sempre la democrazia diretta elvetica. L’e-collecting potrà essere usato per iniziative popolari, referendum, ma anche per la raccolta delle firme dei proponenti di un candidato o di una lista elettorale. Come cambierà la nostra democrazia? Lo abbiamo chiesto al politologo Nenad Stojanovic.
La raccolta firme elettronica sarebbe un bene per la democrazia?
"Penso sia un passo nella giusta direzione. Oggigiorno ormai utilizziamo diversi strumenti e attrezzi digitali nella nostra vita quotidiana ed è un po' peccato non utilizzare queste nuove tecnologie per far avanzare anche le questioni relative alla raccolta firme per iniziative e referendum. Da un punto di vista tecnologico si potrebbero già oggi raccogliere elettronicamente".
La democrazia elettronica spesso si ferma ai progetti pilota, come mai?
"Sì, si può dire che avanziamo a passi lenti, però si avanza. Per il voto elettronico ci sono stati diversi progetti pilota più o meno anche riusciti. Si fa un po' fatica a fare il passo decisivo, permettendo di votare elettronicamente a chiunque lo voglia. Dal mio punto di vista è solo una questione di tempo. Ora stiamo parlando però della e-collecting, cioè della raccolta firme per iniziative e referendum in via elettronica, oppure anche della raccolta firme che sono necessarie per sostenere le candidature alle elezioni. Ogni candidato di un partito deve presentarsi con una serie di firme. Anche questo si potrebbe accelerare o facilitare attraverso e-collecting".
La raccolta elettronica ridurrebbe il rischio di irregolarità?
"Certo. Ognuno di noi come cittadini con diritto di voto avrebbe una "carta d'identità elettronica", ossia un codice che permetta di firmare referendum o iniziative. Questo limiterebbe tantissimo gli abusi che ogni tanto si constatano. Lo abbiamo visto negli scorsi mesi, ci sono state diverse polemiche su questo. Come ogni cambiamento, questa modalità presenta dei vantaggi e degli svantaggi. Dal mio punto di vista prevalgono i vantaggi".
Come mai i politici sembrano un po’ restii di fronte a questi strumenti?
"Questo fa parte della storia della democrazia, anche in Svizzera. Ogni volta, quando si proponevano delle riforme, c’erano delle resistenze, come introdurre il referendum facoltativo, l'iniziativa, il diritto di voto alle donne, il voto per posta...I politici, sbagliando, tendono a pensare che queste riforme favoriscono una o l'altra parte politica, la destra piuttosto che la sinistra o viceversa. Invece non è così. Oggi nessuno metterebbe più in questione il voto per posta o il voto alle donne. Anche ora per il voto elettronico o e-collecting ci sono delle resistenze, ma è solo una questione di tempo".
Rischiamo che vengano lanciati troppe iniziative e referendum?
"Non lo penso e mi baso su uno studio che dei colleghi dell'università di Berna hanno realizzato tre o quattro anni fa. Analizzando l’e-collecting, hanno appurato che il rischio di un fortissimo aumento di referendum e iniziative non c'è. Forse ci sarà un leggero aumento, ma in fondo anche questo fa parte della democrazia. Perché non permettere anche a gruppi di cittadini “normali” di lanciare un referendum? Lo possono fare anche oggi, però è molto più difficile. Sarebbe più facile per questi gruppi senza tanti mezzi finanziari essere attivi nel campo della democrazia diretta se un giorno avremmo l'e-collecting come una prassi consolidata. Il che, purtroppo, non è ancora il caso".