
La Lombardia da domani passerà da arancione ad arancione scuro per decisione del Presidente Attilio Fontana. Una nuova chiusura a cui oggi è seguita la notizia di un nuovo aumento dei contagi, che hanno superato quota 5’000 per la prima volta da novembre. Teleticino ha intervistato Matteo Inzaghi, direttore dell’emittente Rete 55 di Varese, per sapere che conseguenze ha per la popolazione e perché si è tornato a chiudere così in fretta.
Cosa vuol dire “arancione scuro”, cosa non potete più fare?
“Innanzitutto, la notizia più devastante è la chiusura totale delle scuole, di ogni ordine e grado, ad eccezione degli asili nido. Fino a questo momento i bambini delle scuole primarie potevano andare a scuola tutti i giorni, nonostante le restrizioni per i licei”.
Riguardo alla situazione contagi e ricoveri: come siete messi, come provincia di Varese?
“Naturalmente non siamo messi benissimo, (gli ultimi numeri segnalano 378 contagi, ndr), quello che mi preme sottolineare è che effettivamente, rispetto al picco raggiunto in autunno dalle nostre parti, la situazione attuale è molto migliore. Si pensava di poter contingentare le chiusure a macchia di leopardo, per esempio con a Viggiù qualche tempo fa, ma invece questa misura è stata ritenuta inadeguata perché purtroppo i contagi si muovono molto velocemente e indipendentemente da confini così stressi. Anche la misura di Viggiù, per esempio, si è rivelata velleitaria perché molte delle persone che risiedono lì poi si muovono un po’ ovunque. A questo si aggiunge la velocità delle varianti, che sembrano l’elemento che meno si può controllare. La variante inglese in particolare non contagia più con un rapporto di uno a uno o uno a due ma addirittura uno a tre o uno a quattro. Questo spiega perché siamo tornati in una sostanziale terza ondata”.
Si è deciso dall’oggi al domani, si pensava che qualcosa potesse cambiare ma forse non in così poco tempo... la popolazione è arrabbiata?
“Purtroppo questa è la tendenza che ci portiamo dietro da un anno: decisioni prese in maniera molto veloce ma anche molto a ridosso della loro esecutività. Io ho già ricevuto segnalazioni di genitori imbufaliti perché da domani si ritrovano i figli in casa e questo non era previsto fino a qualche ora fa. La mancanza di preavviso continua ad essere una cifra poco felice di questa pandemia e del modo di gestirla. Aggiungo un dato che riguarda il confine con il Ticino: proprio ieri sono andato a Lavena Ponte Tresa dove il commercio è sostanzialmente in ginocchio. La richiesta dei commercianti è molto precisa: riaprire le dogane, dato che vivono soprattutto grazie ai commerci elvetici. Ovviamente il colore arancione scuro finirà per procrastinare ancora di più questa situazione, spostando nuovamente sul tema dei contagi un tema che invece in zona gialla poteva e doveva essere gestito in modo più efficace. Temo che purtroppo questa novità, almeno per una settimana, spenga i riflettori e una volta che questi verranno accesi di attività in bilico ce ne saranno meno perché tante avranno già chiuso”.
Gli aiuti promessi dal Governo italiano bastano?
“Se mi devo basare su quanto mi hanno raccontato direttamente, no. Alcuni commercianti interpellati hanno ricevuto solo poche centinaia o poche migliaia di euro dalla Regione Lombardia a fondo perso, come “ristoro aggiuntivo” rispetto a quelli nazionali, che non sono ancora arrivati. Aggiungo che nelle settimane scorse ho seguito a Milano una manifestazione di protesta di lavoratori in cassa integrazione e uno di loro mi ha mostrato la mail che confermava l’arrivo di una rata della cassa integrazione, ma questa rata era settimanale e riferita a uno stipendio del mese di dicembre. Questo è il ritmo attuale degli aiuti, almeno per chi si interfaccia con il mio Tg. Ma non penso siano gli unici”.
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