
Inizierà tra due giorni al Tribunale penale federale di Bellinzona il processo a carico del presidente del Consiglio centrale islamico svizzero (CCIS/IZRS) Nicolas Blancho, del responsabile della comunicazione Qaasim Illi e di Naim Cherni, un tedesco membro dell'associazione islamica che vive a Berna. I tre ricordiamo, erano stati accusati Ministero pubblico della Confederazione (MPC) di aver violato la legge federale che vieta i gruppi "al-Qaida" e "Stato islamico", nonché le organizzazioni associate per aver offerto un'importante piattaforma plurilingue e multimediale all'alto rappresentate dell’organizzazione terroristica (vedi articoli suggeriti).
A Cherni, responsabile del "dipartimento per la produzione culturale" del CCIS, si contesta di aver effettuato video in Siria con un alto rappresentate di al-Qaida in Siria, Abdallah al-Muhaysini, tra fine settembre e metà ottobre 2015. Le registrazioni sono state utilizzate successivamente per mettere in scena in modo propagandistico il rappresentante dell'organizzazione terroristica vietata. Concretamente, uno di questi filmati era stato proiettato a inizio dicembre del 2015 a Winterthur (ZH) dal CCIS.
Secondo l’MPC, due video approvati da Illi, capo del "dipartimento per le relazioni pubbliche e l'informazione" dell'CCIS, sono stati pubblicati anche sulla piattaforma di Internet Youtube. Sono stati poi attivamente pubblicizzati dai due membri dell'associazione e dal presidente dell'IZRS tramite i social media e in occasione di una manifestazione pubblica.
Il CCIS ha sempre negato le accuse, parlando di un vero e proprio “processo-show di stampo politico”. In una conferenza stampa indetta a Berna per le 10.00 di questa mattina Illi, Blancho e Cherni, spalleggiati dalla responsabile della comunicazione Ferah Ulucay. L’associazione ha negato che al- Muhaysini fosse un membro di Al-Quaeda o del fronte An-Nusra. “È un 'costruttore di ponti' tra i gruppi ribelli siriani - è stato ribadito - Il video di Cherni è un prodotto giornalistico che non si concentra sulla sua persona bensì sulla sua lotta contro lo Stato islamico”.
Blancho, riferendosi alla sentenza del Tribunale federale che gli ha negato in ultima istanza la richiesta di un porto d’armi, ha ribadito di non essere un pericolo pubblico e che non avrebbe mai usato la pistola contro qualcuno. Dal canto suo Illi ha invece sostenuto che da parte della sezione della Polizia federale addetta alle traduzioni dall’arabo siano stati commessi degli errori di interpretazione (“Hanno studiato qualche semestre all’Università, non basta…”, ha chiosato).
Tutti e tre gli imputati hanno infine annunciato che restarenno in silenzio durante il dibattimento in aula.
© Ticinonews.ch - Riproduzione riservata