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La fedpol elimina il criterio del colore della pelle nei sistemi di ricerca
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La voce “colore della pelle” è stata eliminata dal sistema Ripol a partire dal 5 settembre di quest'anno: una scelta motivata da una denuncia estera e dal rischio di profilaggio razziale.

Dal 5 settembre le polizie cantonali non possono più inserire il colore della pelle come criterio nei mandati di ricerca registrati su Ripol, il sistema nazionale che centralizza segnalazioni di persone scomparse, ricercate, espulse o considerate pericolose, oltre agli oggetti legati a reati non ancora risolti. La decisione è stata comunicata alle forze dell’ordine con una nota interna dell’Ufficio federale di polizia (Fedpol), consultata dal Blick. Il provvedimento segue una "denuncia ufficiale" proveniente da un’autorità straniera e si inserisce in una riflessione più ampia sulla pertinenza di questo tipo di descrizione. "La menzione della pelle deve essere criticamente rimessa in discussione nella società complessa di oggi", si legge nel documento. La fedpol avrebbe già inoltrato ai corpi di polizia cantonali una direttiva in questo senso venerdì scorso.

Già messa in discussione da tempo

L'indicazione del colore della pelle (bianco, nero o rosso) come componente di una segnalazione era messa in discussione già da un po' di tempo, riporta l'ufficio in una nota scritta. In uno scambio di esperienze con autorità partner straniere è emerso come questo non venga più considerato da Interpol, per esempio, in quanto impreciso. Di conseguenza anche nel sistema di ricerca svizzero questa indicazione non veniva quasi più utilizzata, essendo inserita in meno dell'un percento delle segnalazioni. A rafforzare questa decisione il parere inviato alla fedpol da una non meglio precisata rappresentanza svizzera all'estero che riferiva di reazioni "molto sensibili" da parte delle autorità locali. La fedpol sottolinea comunque che rimane possibile inserire caratteristiche relative alla provenienza come "asiatico", "arabo" o "balcanico", così come tratti particolari come la presenza di tatuaggi, piercing o cicatrici, oltre che altezza, età, corporatura e abbigliamento.

Un criterio poco usato

Secondo Fedpol, la categoria era già marginale: compariva in meno dell’1% delle segnalazioni Ripol. Inoltre, l’esperienza con i servizi esteri ha mostrato che i sistemi di ricerca internazionali non la prevedono, considerandola imprecisa. Oggi, con la crescente disponibilità di immagini dei sospettati, la descrizione basata sul colore della pelle risulta ancora meno necessaria. Nonostante ciò, la decisione ha sollevato malcontento in alcuni corpi di polizia, che temono limitazioni nell’attività investigativa. Le autorità cantonali, però, restano caute: Zurigo, Argovia e Berna hanno confermato la direttiva senza ulteriori commenti. La polizia bernese ha sottolineato al Blick che "è ancora troppo presto per valutare l’impatto" della misura.

Profiling razziale al centro del dibattito

In Svizzera il tema del profiling razziale è oggetto di discussione da anni. Già nel 2017 un rapporto del Centro svizzero di competenza per i diritti umani raccomandava che nessuna descrizione si basasse unicamente sulla pelle o sull’origine presunta. L’episodio più noto resta quello di Wa Baile, cittadino svizzero-keniota fermato alla stazione centrale di Zurigo nel 2015, che aveva suscitato indignazione e portato a ricorsi giudiziari. Nel 2024 la Svizzera è stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo proprio in relazione a quel caso. Con questa decisione, Fedpol intende quindi allineare le pratiche svizzere agli standard internazionali, riducendo il rischio di discriminazioni e rafforzando il rispetto dei diritti fondamentali.