
La Banca nazionale svizzera (BNS) lascia invariata la sua politica monetaria: l'istituto mantiene allo 0,0% il suo tasso guida. Si tratta della prima battuta d'arresto dopo sei tagli consecutivi in un ciclo di ribassi iniziato l'anno scorso. La mossa comunicata alle 09.30 nell'ambito del tradizionale esame trimestrale della situazione economica e monetaria è perfettamente in linea con quanto atteso dagli analisti, che quasi all'unanimità (18 su 19 esperti considerati dall'agenzia Awp, 19 su 21 specialisti interpellati da Bloomberg), non si aspettavano una riduzione di 25 punti base, anche se non mancavano singole voci che scommettevano su un indicatore al -0,25%. Una tale uniformità di pensiero è abbastanza rara e potrebbe essere dovuta alle parole del presidente della BNS Martin Schlegel, che negli ultimi mesi ha posto l'asticella molto in alto per un abbassamento in territorio negativo. "Siamo consapevoli che i tassi di interesse negativi possono avere effetti indesiderati, ad esempio per i risparmiatori e le casse pensioni", ha detto il 49enne in un'intervista pubblicata a inizio settembre. "L'ostacolo alla loro reintroduzione è elevato".
L'inflazione in Svizzera
Attualmente, secondo gli esperti, la BNS non ha alcun motivo per adottare una misura così drastica. L'inflazione si è attestata in agosto allo 0,2%, per il terzo mese consecutivo in ambito positivo, dopo aver segnato -0,1% in maggio: la variazione dell'indice dei prezzi si trova quindi, seppur di poco, nella fascia di obiettivo che la BNS considera di stabilità, cioè l'intervallo fra 0% e 2%. La situazione economica appare stabile, malgrado i dazi del 39% decisi dagli Stati Uniti contro la Svizzera. E lo stesso si può dire del franco, perlomeno nei confronti dell'euro, mentre sul dollaro la moneta elvetica si è rafforzata. L'istituto deve inoltre ponderare bene le sue mosse, evitando di prestare il fianco all'accusa, da parte degli Stati Uniti, di manipolare le valute, in un momento delicato in cui Berna cerca di negoziare un nuovo accordo commerciale con Washington che possa far calare le barriere doganali in vigore dal primo agosto.
I fattori esterni
Come sempre la Banca nazionale deve inoltre guardare anche ad altre realtà. La settimana scorsa la Federal Reserve ha proceduto al primo taglio del costo del denaro del 2025, ventilando la possibilità di due ulteriori sforbiciate nel corso dell'anno. Le prossime mosse della Banca centrale europea (Bce) non sono invece ancora chiare. Il contesto è inoltre in divenire, considerate le incertezze causate dalla situazione geopolitica mondiale.
Le ultime mosse della Bns
Come si ricorderà dopo un lungo periodo di tassi negativi (2015-2022), per frenare la progressione dei prezzi la BNS fra il 2022 (inflazione media annua al 2,8%) e il 2023 (rincaro al 2,1%) aveva proceduto a cinque aumenti del tasso guida, che era così salito dal -0,75% al +1,75%. Nel 2024 (rincaro 1,1%), constatando che l'inflazione era tornata sotto il 2%, l'istituto aveva cominciato nuovamente ad abbassare il costo del denaro: all'1,50% in marzo, all'1,25% in giugno, all'1,00% in settembre, allo 0,50% in dicembre. Nel 2025 sono intervenuti altri due tagli, allo 0,25% in marzo e allo 0,0% in giugno. Ora la banca ha optato per lo status quo. La BNS decide normalmente sui tassi a ritmo trimestrale: il prossimo esame della situazione è in programma l'11 dicembre.