
In Svizzera ci sono sempre meno poliziotti rispetto alla popolazione: questo porta per esempio i cantoni a trascurare la lotta al traffico di droga, in un contesto di scambio di dati che funziona come nel Medioevo. È la fotografia dell'attuale situazione sul fronte della sicurezza interna scattata da Emmanuel Fivaz, presidente della Federazione svizzera dei funzionari di polizia (FSFP). "Le forze dell'ordine non hanno altra scelta che di adattarsi", afferma il 51enne in un'intervista pubblicata oggi dal Blick, commentando una situazione che vede il numero di agenti sì in crescita, ma meno di quanto faccia la popolazione, sulla scia dell'immigrazione galoppante: oggi si registra un poliziotto ogni 477 abitanti a livello nazionale (ma in Ticino vi è la presenza più capillare in Svizzera, 1 su 329, cioè oltre il doppio che in Argovia, 1 su 735). "Concretamente, questo significa che la polizia può ancora occuparsi di tutto ciò che è urgente, come le chiamate di emergenza. La popolazione non è quindi a rischio, però è necessario stabilire delle priorità per determinate operazioni. La polizia può non essere in grado di occuparsi di diatribe fra vicini o dei rumori molesti in certi momenti." "Altri interventi vengono cancellati del tutto", prosegue l'esperto. "Può trattarsi di controlli sul traffico o di prevenzione in generale. Oppure prendiamo il settore degli stupefacenti: secondo le statistiche sulla criminalità l'anno scorso i reati di droga sono diminuiti, ma questo non corrisponde alla realtà. Il calo è dovuto solo al fatto che questi reati non sono più perseguiti con lo stesso vigore. Se ci sono meno controlli, ci sono semplicemente meno casi". "In diverse località della Svizzera, la lotta al traffico di droga è stata messa da parte. Non ci sono più le risorse necessarie. E non vi sono abbastanza centri di detenzione, per esempio nel Canton Vaud. Lì la polizia può fare quello che vuole: se si vuole mettere fuori circolazione gli spacciatori, bisogna poterli trattenere. Questo è un problema. Non abbiamo perso la battaglia, ma le priorità sono sbagliate".
"Troppo poco coordinamento sovraregionale"
Secondo il professionista c'è inoltre troppo poco coordinamento a livello sovraregionale. "Se voglio combattere lo spaccio di droga a Neuchâtel, non posso farlo senza adottare misure anche nelle città vicine di Yverdon-les-Bains (VD) o Bienne (BE). Ma poiché si trovano in altri cantoni, non è facile". "È un anacronismo totale", prosegue. "Se durante una rapina a Neuchâtel vedo un'auto rossa con targa ginevrina e voglio sapere se anche un altro corpo di polizia l'ha vista, devo inviare una richiesta di informazioni a tutti gli altri corpi, per così dire, via fax. Come cittadino di Neuchâtel, lo faccio in francese. Tutti i 26 corpi di polizia, la Fedpol, la polizia comunale di Zurigo e così via ricevono questo fax. Dei 40 destinatari, forse 15 parlano correntemente il francese. Ma circa 40 persone devono occuparsene per due minuti. Sembra di essere nel Medioevo. All'estero nessuno mi crede". Serve una maggiore cooperazione. "Prendiamo ad esempio la criminalità organizzata. Sempre più spesso si parla di alcune attività commerciali, come i barbieri o i saloni di bellezza, sospettate di riciclaggio di denaro. Ma oggi i cantoni dicono che la criminalità organizzata è di competenza della Polizia federale. E il Ministero pubblico della Confederazione, a sua volta, sostiene di non avere le risorse necessarie. Dobbiamo organizzarci in modo diverso, non si può dire: non sono affari miei. Perché i criminali sono molto ben organizzati". "Sono molto preoccupato per la politica di austerità a livello federale", dichiara il funzionario sindacale. "Al momento si risparmia troppo e si spende troppo poco per la sicurezza interna. Non si può separare de facto la sicurezza esterna da quella interna: Sono due facce della stessa missione. È chiaro che vogliamo più soldi per l'esercito. Ma non dobbiamo dimenticarlo: la sicurezza interna è estremamente importante, soprattutto alla luce dell'attuale situazione geopolitica. Se la Svizzera dovesse difendersi da aggressioni, siano esse ciberattacchi o missili, le dogane e la polizia sarebbero molto importanti".
Tra vocazione e disillusione
Alcuni cantoni con finanze floride stanno cercando di aumentare gli effettivi. "Ma questo non risolve il problema, perché è difficile trovare personale e i baby boomer devono ancora andare in pensione". Il mestiere deve diventare più attraente. "La gente vuole più flessibilità, ad esempio in termini di lavoro a tempo parziale e di orari. Naturalmente, la polizia lavorerà sempre 24 ore su 24 e ci sarà lavoro notturno. Ma i salari, i compensi per i turni di picchetto e i fine settimana, nonché la flessibilità devono essere adeguati per stare al passo con il settore privato. Dovremmo anche investire in nuove tecnologie per attenuare certe carenze di personale". "La motivazione rimane molto alta, per molti è una vocazione", prosegue lo specialista. "Ma alcuni sono disillusi: quando vedi ogni giorno gli stessi delinquenti e non puoi metterli in prigione, ti senti impotente. Questo influisce sul morale. Inoltre, ci sono molti interventi straordinari che stanno diventando sempre più comuni: tra queste quelli per le partite di calcio e di hockey. Richiedono molte risorse, soprattutto nei fine settimana o di sera". A suo avviso i club non fanno la loro parte. "Non capisco assolutamente perché si rifiutino di adottare misure per garantire una maggiore sicurezza ai visitatori: la gente viene allo stadio per divertirsi, se ci sono disordini, restano a casa e il club non ha introiti". Ora incombe l'Eurovision Song Contest (ESC). "In maggio probabilmente nella regione di Basilea non ci saranno agenti di polizia autorizzati a prendere vacanze e tutta la Svizzera dovrà dare una mano. Se ai poliziotti elvetici fosse stato chiesto di votare se l'ESC avrebbe dovuto svolgersi nella Confederazione probabilmente molti non avrebbero votato a favore: perché c'è molto più da fare per loro", conclude il presidente alla testa di un'associazione con oltre 27'000 membri.