
Il profilo del DNA e le impronte digitali di tre attivisti per il clima devono essere distrutti. Il Tribunale federale (TF) considera eccessive queste misure d’identificazione ordinate dalla procura di Basilea Città dopo un’azione nel 2019.
I profili del DNA prelevati in occasione di un’azione contro una banca
L’8 luglio 2019, alcuni attivisti avevano organizzato il blocco di una banca nella città renana, in occasione dei “Climate Action Days”. Intorno all’edificio erano stati scritti slogan con il carbone, telecamere di sorveglianza erano state coperte e ingressi bloccati. La procura di Basilea Città ha quindi aperto un’indagine contro tre persone con il sospetto di coazione, sommossa, violazione di domicilio, danneggiamento e ostacolo all’azione della polizia. In questa occasione sono stati prelevati i loro profili del DNA e le loro impronte digitali. La corte d’appello cantonale ha approvato il rilevamento delle impronte digitali delle tre persone interessate ma ha ordinato la distruzione dei profili di due di loro. I tre individui e il pubblico ministero hanno fatto ricorso al TF.
Per il TF misure sproporzionate
In tre sentenze la prima Corte di diritto pubblico ammette i ricorsi degli attivisti e respinge quelli della procura. Ritiene che i profili e le impronte digitali non siano necessari per chiarire i reati in questione: non è contestato che i ricorrenti abbiano partecipato all’azione dell’8 luglio 2019 e nessuna traccia di DNA è stata trovata sugli oggetti danneggiati. Per quanto riguarda l’elucidazione di altri reati commessi in passato o in futuro, la procura non dispone di prove concrete relative ad atti che presentano un minimo di gravità. Il TF ha quindi stabilito che le misure ordinate sono sproporzionate rispetto a tutte le circostanze.
(Sentenza 1B_285, 286 e 287/2020 del 22 aprile 2021)
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