Svizzera
Impianti aperti: “no a pressioni dall’estero”
Keystone-ats
3 anni fa
Per il presidente di Funivie svizzere Hans Wicki è importante continuare a permettere la pratica dello sci e respingere le richieste provenienti dall’estero di uno stop: ‘nessun focolaio dalle stazioni aperte’

È il tema caldo su cui sta dibattendo l’Europa: l’apertura delle piste da sci. Per scongiurare una nuova ondata di contagi, Germania, Francia e Italia hanno chiesto giovedì a Bruxelles di chiudere tutti comprensori sciistici europei fino al 10 gennaio. Il premier italiano Giuseppe ha anche chiesto ai cittadini di non scendere affatto sulle piste durante le vacanze di Natale, invitando tutti gli altri paesi europei a trovare un accordo per evitare la concorrenza sleale e l’afflusso di appassionati dello sci oltre confine. Anche Angela Merkel, in un discorso di fronte al Bundestag, ha sottolineato la volontà di arrivare a un accordo comune. “Ma non sarà così facile se l’Austria non seguirà”, ha aggiunto la cancelliera tedesca. L’Austria sembra infatti decisa a non chiudere i propri stabilimenti. “Se l’UE costringe effettivamente le aree sciistiche a rimanere chiuse, ciò causerà perdite fino a 2 miliardi di euro”, ha detto il ministro delle finanze Gernot Blümel, sottolineando che l’UE deve offrire un risarcimento nel caso dovessero rimanere chiuse. Per quanto riguarda la Svizzera il consigliere federale Alain Berset ha già ribadito nella conferenza stampa di giovedì che gli impianti di risalita elvetici potranno rimanere aperti o aprire a severe condizioni e seguendo piani di protezione appropriati. “Siamo al centro delle Alpi, così come l’Austria. Entrambi i paesi hanno una forte tradizione sciistica” ha ribadito il ministro in un’intervista alla SRF, sottolineando comunque che rimarrà in contatto con i paesi confinanti riguardo alla questione.

Il presidente delle Funivie svizzere: “no a pressioni dall’estero”
A ribadire che la Confederazione deve rimanere fedele alla sua linea oggi è intervenuto il presidente delle Funivie svizzere Hans Wicki che in un’intervista alla SRF auspica più tranquillità e serenità nell’affrontare la tematica. Non esiste un argomento ragionevole e condivisibile che imponga la chiusura di tutti i comprensori sciistici, afferma il rappresentante degli impianti di risalita e consigliere agli Stati (PLR/NW). Alcune stazioni in Svizzera sono aperte da due mesi e nessuna di esse è diventata un focolaio di infezione, ha ribadito Wicki, secondo cui non ha nemmeno senso chiudere gli impianti per paura che gli ospiti si possano contagiare nel doposci. Esistono piani di protezione per il settore della ristorazione, fa notare il 56enne, che è anche presidente del consiglio di amministrazione degli impianti del Titlis.

Per quanto riguarda gli impianti di risalita in senso stretto, le mascherine devono essere indossate nei locali chiusi e nelle zone in cui non è possibile mantenere la distanza minima. Wicki ha ammesso che potrebbero esserci ingorghi nelle stazioni ferroviarie e nella zona delle funivie, ma a suo avviso la situazione è paragonabile a quanto si assiste giè normalmente sui tram e nei treni. “La gente dovrebbe essere in grado di uscire al sole, di ricaricarsi, di avere emozioni e di rilassarsi”, osserva il politico. Il virus non si trasmette quando si scia nell’aria fresca in natura. Secondo Wicki l’attuale discussione sulla chiusura delle stazioni è “una frenesia dettata dall’estero”. Gli impianti di risalita sono inoltre un importante ramo economico: realizzano gran parte del loro fatturato annuale durante le vacanze di Natale e Capodanno.

© Ticinonews.ch - Riproduzione riservata