Live dazi
Berna ha tempo fino al 6 ottobre per ricorrere contro i dazi USA
© CdT/Archivio
© CdT/Archivio
Tutte le ultime novità sulla questione delle tariffe del 39% decise dal presidente statunitense Donald Trump nei confronti della Svizzera nel live di Ticinonews.
2 giorni fa
Berna ha tempo fino al 6 ottobre per ricorrere contro i dazi USA
Un ricorso che rappresenterebbe un gesto simbolico, ma non avrebbe alcun effetto.

In merito ai dazi del 39% imposti dal presidente USA Donald Trump su varie merci svizzere, Berna - qualora lo ritenesse opportuno - avrebbe tempo fino al 6 ottobre per presentare ricorso presso l'Organizzazione mondiale del commercio (OMC). Tale azione sarebbe comunque un gesto simbolico e non avrebbe alcun effetto. "Al momento non abbiamo ricevuto alcuna richiesta dalla Svizzera", ha dichiarato oggi un responsabile dell'OMC all'agenzia Keystone-ATS. Ieri, in occasione della conferenza stampa indetta dopo la riunione straordinaria del Consiglio federale, Guy Parmelin ha lasciato aperta la possibilità di avvalersi di una simile procedura. Il ministro dell'economia e la presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter hanno dichiarato di voler proseguire i colloqui con Washington per ottenere una riduzione dei dazi aggiuntivi, senza ricorrere a ritorsioni.

2 giorni fa
Incontro tra parlamentari svizzeri e statunitensi, focus sui dazi
Il consigliere nazionale Laurent Wehrli (PLR/VD): "È fondamentale mantenere aperti tutti i canali di dialogo".

Parlamentari svizzeri e americani si sono riuniti oggi a Ginevra per un incontro che per tradizione si tiene due volte l'anno. Al centro delle discussioni, i dazi doganali, tema inevitabile ma non l'unico affrontato. "Ne abbiamo parlato, ovviamente, ma abbiamo affrontato anche molti altri argomenti", ha dichiarato a Keystone-ATS il consigliere nazionale Laurent Wehrli (PLR/VD) al termine dell'incontro. La delegazione svizzera, guidata dal presidente del gruppo di amicizia Svizzera-Stati Uniti Damien Cottier (PLR/NE), era nettamente inferiore in numero rispetto a quella della Camera dei rappresentanti americana, composta di 20 repubblicani e otto democratici. Nessuno dei presenti era considerato un peso massimo del Congresso o particolarmente vicino al presidente Donald Trump.

"Fondamentale il dialogo"

Ma "in un contesto come quello attuale, è fondamentale mantenere aperti tutti i canali di dialogo", ha sottolineato Wehrli, precisando che eventuali comunicazioni ufficiali spetteranno agli americani. Sebbene le negoziazioni siano di competenza del Consiglio federale, i parlamentari possono "accompagnare" il dialogo, ha aggiunto il consigliere nazionale vodese. Da parte sua, il rappresentante della Carolina del Nord Greg Murphy - presente alla riunione - ha espresso sui social media l'auspicio che "la situazione commerciale con la Svizzera venga risolta rapidamente". Secondo lui, "gli svizzeri sono sempre stati partner importanti" nel settore farmaceutico e degli affari esteri. "Risolviamo la questione", ha aggiunto il membro del Partito Repubblicano.

L'incontro

L'incontro si è svolto all'hotel Intercontinental: l'albergo è abituato a ospitare discussioni di alto livello, ma l'atmosfera era più tesa del solito. Le misure di sicurezza sono state rafforzate, con istruzioni precise da parte dei responsabili delle delegazioni per tenere a distanza i giornalisti, poiché i parlamentari hanno preferito non rilasciare dichiarazioni immediate. La delegazione americana ha avuto modo di approfondire il tema del commercio globale mercoledì durante la visita alla sede dell'Organizzazione mondiale del commercio (WTO/OMC), secondo quanto appreso da Keystone-ATS da una fonte vicina al dossier.

2 giorni fa
L'industria dell'oro elvetica è preoccupata per i dazi
Il presidente dell' Associazione svizzera dei produttori e commercianti di metalli preziosi (ASFCMP): "Siamo particolarmente inquieti".

L'Associazione svizzera dei produttori e commercianti di metalli preziosi (ASFCMP) è preoccupata per la decisione degli Stati Uniti di imporre dazi del 39% sulle importazioni di lingotti d'oro. "Siamo particolarmente inquieti per le implicazioni delle tariffe doganali sul settore aurifero e sullo scambio fisico di oro con gli Stati Uniti, partner storico e di lunga data della Svizzera", afferma Christoph Wild, presidente della ASFCMP, citato in un comunicato odierno. L'organizzazione sta collaborando attivamente con tutte le parti interessate, comprese le autorità elvetiche, la London Bullion Market Association (LBMA), il World Gold Council (WGC) e le principali entità statunitensi. "È importante sottolineare che, sebbene il mercato statunitense sia significativo per l'industria svizzera dei metalli preziosi, quest'ultima è attiva a livello mondiale e non dipende da quel singolo mercato", si legge nella nota.

Le conseguenze

L'ASFCMP riconosce l'impatto a breve termine che l'oro ha avuto sulla bilancia commerciale all'inizio del 2025: a suo avviso si è però trattato di una situazione eccezionale creata dalla reazione dei mercati statunitensi all'incertezza sui dazi imminenti e alla situazione geopolitica globale. "L'imposizione di barriere doganali su questi prodotti in oro fuso rende economicamente non redditizio esportarli negli Stati Uniti, eliminando così qualsiasi futuro deficit commerciale derivante dalle esportazioni di oro", prosegue l'organismo. Lo dimostra il fatto che la situazione si sia immediatamente invertita in aprile, viene fatto notare.

2 giorni fa
Dazi, bocche cucite a Berna su nuovi negoziati con gli Usa
La Seco: "Per motivi tattici non possiamo dire nulla".

La Segreteria di Stato dell'economia (Seco) mantiene il riserbo sui piani della delegazione svizzera incaricata dei negoziati doganali negli Stati Uniti. Per motivi tattici legati alle trattative, non è possibile rilasciare alcuna dichiarazione in merito, ha indicato la Seco a Keystone-ATS. Nessuna informazione è trapelata riguardo a quali organi dell'amministrazione statunitense la delegazione elvetica, recatasi oltreoceano appositamente per i dazi sulle importazioni svizzere negli Stati Uniti, stia contattando. Anche per quanto riguarda i membri della delegazione, gli ulteriori incontri previsti e il periodo di negoziazione, la Seco e il Dipartimento federale dell'economia, della formazione e della ricerca (DEFR) hanno risposto in modo evasivo alle richieste di informazioni da parte di Keystone-ATS.

L'offerta rossocrociata

Rimane inoltre aperta la questione relativa a quale possibile offerta possa essere presentata per abolire i dazi del 39% sulle importazioni di merci negli Stati Uniti, entrati in vigore ieri 7 agosto. Secondo le informazioni fornite dalla presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter, l'offerta ottimizzata che la Svizzera ha presentato agli Stati Uniti si muove nell'ambito del mandato negoziale approvato dalle commissioni di politica estera. Non ha fornito ulteriori dettagli in merito. Tuttavia, nel corso del suo recente viaggio negli States, la delegazione elvetica ha ribadito alle autorità americane che la Svizzera acquisterà gli aerei F-35 e il sistema Patriot e rimarrà fedele a tale decisione.

Le relazioni con gli Usa

Lo scorso febbraio la segretaria di Stato Helene Budliger Artieda aveva insistito in un'intervista sulla necessità di negoziare un accordo di libero scambio con gli Stati Uniti. Al momento non è chiaro se tale accordo costituisca ancora un'opzione. "La Svizzera continua a lavorare all'identificazione e all'eliminazione degli ostacoli al commercio ed è sempre interessata a valutare ulteriori opzioni per rafforzare ulteriormente le relazioni commerciali con gli Stati Uniti", ha dichiarato la Seco nell'email in risposta a Keystone-ATS. La Segreteria di Stato sta cercando un dialogo con l'amministrazione statunitense per trovare modi per rafforzare ulteriormente le relazioni commerciali. La Svizzera e gli Stati Uniti avevano già condotto due volte colloqui esplorativi su un possibile accordo di libero scambio bilaterale: una volta circa 20 anni fa e l'ultima volta sotto la prima amministrazione Trump tra il 2017 e il 2021. Sotto l'amministrazione di Joe Biden i colloqui non erano stati portati avanti. La negoziazione di accordi di libero scambio non faceva parte dell'agenda di politica estera degli Stati Uniti.

2 giorni fa
Baume-Schneider: "Ancora incerto l'impatto dei dazi Usa sulla cultura"
©Gabriele Putzu
©Gabriele Putzu
Lo ha affermato la ministra della cultura nel suo intervento sul Monte Verità, a margine del Locarno Film Festival.

Quest'oggi si è tenuto al Monte Verità, a margine del Locarno Film Festival, un ricevimento in onore della consigliera federale Elisabeth Baume-Schneider. La ministra della cultura ha discusso con la presidente del festival Maja Hoffmann. Fra i temi evocati, anche l'impatto dei dazi Usa sulla cultura. Presenti al ricevimento, diversi politici, consiglierai nazionali e di Stato, nonché vari invitati e rappresentanti del settore cinematografico e non. "L'esprit du Locarno del Patto di Locarno diventi l'esprit du festival", con questo auspicio il sindaco di Ascona Giorgio Gilardi ha aperto il ricevimento odierno, che è ormai diventato un appuntamento fisso del festival. La consigliera di Stato ticinese Marina Carobbio Guscetti nel suo discorso ha menzionato l'importanza di proseguire sulla strada della parità di genere, che purché ancora lontana viene consolidata ogni anno. Anche grazie ad eventi come il Locarno Film Festival. "Il Locarno Film Festival dimostra che scegliere cosa mostrare sullo schermo è un atto curatoriale", ha detto. "Il cinema può essere un atto di disarmo simbolico", ha aggiunto.

Impatto dei dazi Usa sulla cultura

Baume-Schneider, presente all'apertura ufficiale del festival di mercoledì sera ha dovuto recarsi a Berna ieri per la riunione straordinaria del Consiglio federale riguardo ai dazi Usa del 39% imposti alla Svizzera dal presidente americano Donald Trump, ed è poi ritornata la stessa sera a Locarno, ha spiegato Christine Salvadé, capa dell'Unità cultura della RTS nonché moderatrice della discussione. A questo proposito la ministra giurassiana ha dichiarato di avere "la testa e il cuore al festival, ma anche la testa e il cuore agli affari". Ma quale impatto hanno i dazi sulla cultura e, in particolare, sul mondo del cinema? "Penso sia troppo presto per fare un'analisi di ciò che potrebbe succedere", ha risposto Baume-Schneider. La situazione è preoccupante, ha affermato dal canto suo Maja Hoffmann. "Per me non sono la cultura e la politica ad essere separate" ma i rispettivi discorsi delle persone in esse implicate, ha detto. "I cineasti si impegnano sempre" facendo i loro film, dice. "La leggerezza bisogna trovarla a casa", sostiene Hoffmann, "e nel cinema" aggiunge Baume-Schneider.

Eccellenza nel cinema svizzero

Quest'anno il cinema svizzero è meno presente al festival, ha sottolineato Salvadé, con 28 film rispetto ai 41 del 2024. "Non direi che si tratta di un anno di transizione", ha affermato la consigliera federale. "Siamo eccellenti nelle coproduzioni nonché nei film d'animazione", ha aggiunto. "Il cinema svizzero è per me davvero portatore di uno sguardo libero, critico", ha detto la ministra della cultura, citando fra i suoi film elvetici preferiti "Tipico di Emil" ("Typisch Emil") del regista lucernese Phil Meyer, una retrospettiva sulla lunga vita del cabarettista svizzero Emil Steinberger, che ha visto alle Giornate di Soletta.

Tagli, non soltanto nella cultura

Si è poi discusso dei tagli a livello federale. "La brutalità dei risparmi non sono le cifre ma l'immediatezza, nel caso dell'Ufficio federale della cultura alcuni tagli sono stati messi in atto da quest'anno", ha spiegato. La ministra socialista ha inoltre aggiunto che ad essere colpita dai tagli non è solo la cultura ma anche altri settori dell'Amministrazione federale. "Se ci compariamo con altri Paesi non siamo messi così male, i tagli ci sono ma vengono comunicati in anticipo", dice dal canto suo Hoffmann. "Se lo Stato non avrà più soldi bisognerà guardare a finanziamenti privati a livello internazionale", ha precisato la presidente del festival.

Il festival anticipato?

Salvadé ha poi evocato il cambiamento di date del festival e la volontà di anticipare la manifestazione a fine luglio. A tale proposito la presidente ha replicato che nulla è ancora stato deciso. "C'è un desiderio di aumentare l'attrattiva del festival a livello internazionale", dice Hoffmann, "a mio avviso è una necessità per continuare ad essere un festival di categoria A". Ma, "finché ci sono così tante persone contrarie non vale la pena continuare ad insistere", ha aggiunto. "Non è l'esecutivo che decide sulle date del festival" ha replicato dal canto suo la consigliera federale.

2 giorni fa
Dazi Usa, "Rischi di revisione al ribasso per il Pil della Svizzera"
È quanto emerge da un'analisi di Raiffeisen.

I dazi americani imposti alla Svizzera sono più alti del previsto e non è in vista alcun accordo commerciale: i rischi di una revisione al ribasso delle stime sulla crescita dell'economia sono quindi aumentati, afferma Raiffeisen in un'analisi pubblicata oggi. Gli esperti della banca prevedono che il prodotto interno lordo (Pil) - al netto degli eventi sportivi - aumenterà dello 0,9% nel 2025, un dato che era già stato corretto in aprile (dal +1,3%) proprio per via delle barriere doganali. Anche per il 2026 la stima rimane all'1,0%. "La Svizzera si è lasciata sfuggire il momento giusto poiché, data la grande importanza delle esportazioni farmaceutiche, il nostro paese si presenta come destinazione ideale per abbattere la resistenza del settore dei medicamenti nei confronti della riduzione dei prezzi dei medicinali negli Stati Uniti", osserva l'economista capo di Raiffeisen Fredy Hasenmaile, citato in un comunicato.

"Quasi impossibile trovare una soluzione accettabile"

Invece di negoziare rapidamente un accordo con delle concessioni, ora il paese potrebbe finire in acque ancora più agitate: sembra ormai quasi impossibile che le trattative per la riduzione dei dazi possano concludersi con un risultato in qualche modo accettabile. "La Confederazione rischia quindi di dover fare i conti con dazi statunitensi sgradevolmente elevati", sottolinea lo specialista.

Gli scenari futuri

La Svizzera deve pertanto prepararsi a far fronte a un rallentamento della crescita, a maggior ragione dato il doloroso svantaggio competitivo maturato nei confronti dei paesi dell'Ue e della Gran Bretagna. Dopo l'annuncio dei dazi americani dello scorso 2 aprile, Raiffeisen aveva rivisto al ribasso il pronostico sul Pil. "Sapendo che non è ancora detta l'ultima parola abbiamo mantenuto questa previsione nonostante la temporanea distensione. A fronte della recente disillusione, per il momento questa valutazione non necessita di essere ulteriormente rivista al ribasso", continua Hasenmaile. Tale possibilità rischia però di concretizzarsi se sulla Svizzera dovesse abbattersi un'altra brutta notizia, come l'imposizione di dazi settoriali sull'industria farmaceutica.

Le mosse della Bns

La scure dei dazi si ripercuote anche sulla politica monetaria, poiché il paese sta per rivedere i tassi negativi. La Banca nazionale svizzera (BNS) è consapevole dei possibili effetti collaterali di un tale provvedimento e nella sua ultima valutazione della situazione di politica monetaria ha chiarito che l'introduzione dei tassi dovrebbe superare ostacoli più elevati rispetto ai recenti tagli. "Con la prospettiva di un onere doganale moderato, fino a poco tempo fa la BNS non avvertiva l'urgenza di intervenire", argomenta Hasenmaile. "Ma con l'imposizione dei dazi più alti d'Europa aumenta il rischio che la l'istituto alla fine non possa evitare l'introduzione di tassi negativi. Il confronto con gli Stati Uniti ha infatti ridotto anche il margine di manovra per operazioni sul mercato valutario, in quanto tali misure rischiano di farci finire ancora di più nel mirino della politica di potenza statunitense", conclude il professionista.

2 giorni fa
Il cantone più colpito dal "martello" di Trump è Nidvaldo
© Shutterstock
© Shutterstock
Al secondo posto nella classifica dei più penalizzati figura Neuchâtel, seguito da Argovia, Vallese e Vaud.

È Nidvaldo il cantone più toccato dai dazi americani: il 47% delle sue esportazioni prende la via degli Stati Uniti. A pesare è l'impatto delle vendite del principale datore di lavoro della regione, il costruttore aeronautico Pilatus, spiega oggi il Blick in un'analisi dei dati doganali. L'impresa dispone di uno stabilimento di assemblaggio finale dei velivoli a Broomfield, nello stato americano del Colorado, e può quindi sfuggire almeno a una parte delle tariffe. La maggior parte del valore aggiunto viene però generato a Stans, dove l'azienda impiega quasi 3'000 dipendenti.

La graduatoria

Al secondo posto nella classifica dei più penalizzati (che tiene conto anche dell'oro) figura Neuchâtel (25% dell'export negli Usa), a causa dell'importante produzione orologiera. Seguono Argovia (23%), Vallese (21%) e Vaud (pure 21%). I Grigioni mettono a referto il 15%, il Ticino il 13%. Sul fronte opposto si trovano Svitto (6%) e Uri (1%).

Consegna di aerei agli Stati Uniti sospesa

Pilatus ha deciso di sospendere temporaneamente le consegne di aerei negli Usa. Lo ha comunicato oggi il costruttore aeronautico, che intende approfittare della sospensione delle consegne per elaborare soluzioni con i clienti e i partner, si legge in una nota. Nonostante lo stop, i rapporti esistenti con la clientela statunitense e i servizi di assistenza continueranno senza interruzioni e nella loro totalità.

2 giorni fa
Il Ceo di Ypsomed: "Non credo che i dazi scompariranno nei prossimi 8 anni"
Simon Michel, consigliere nazionale Plr solettese, si dice deluso dalla situazione attuale. "Tutto sembrava procedere bene, ma all'ultimo minuto, nell'ambito del dialogo politico al più alto livello, non si è arrivati a concretizzare".

I dazi decisi dal presidente americano Donald Trump sono arrivati per restare. Nei prossimi otto anni non scompariranno, al massimo saranno abbassati. Lo sostiene Simon Michel, consigliere nazionale (PLR/SO) e presidente della direzione di Ypsomed, azienda bernese attiva nella produzione di sistemi di auto-somministrazione di farmaci, particolarmente nota per i suoi dispositivi destinati alla cura del diabete. "Sono deluso", esordisce il 48enne in un'intervista pubblicata oggi da Le Temps. "In qualità di membro della Commissione di politica estera, ero a conoscenza che c'era un accordo a livello operativo. Tutto sembrava procedere bene, ma all'ultimo minuto, nell'ambito del dialogo politico al più alto livello, non si è arrivati a concretizzare. Sono quindi sorpreso e deluso".

Le contromisure

"In qualità di imprenditore, devo agire", prosegue il manager alla testa di una società con 2'800 dipendenti (1'800 in Svizzera) che nell'ultimo esercizio ha realizzato un fatturato di 749 milioni di franchi. "La nostra prima misura a breve termine consiste nel cercare di ritardare le spedizioni verso gli Stati Uniti fino a quando non avremo trovato una soluzione. La seconda è trasferire rapidamente il maggior numero possibile di ordini dalla Svizzera al nostro sito di Schwerin, nel nord della Germania. Allo stesso tempo, stiamo cercando di riportare altre commesse, ad esempio quelle destinate all'Unione Europea, nella direzione opposta, in modo da non dover sopprimere posti di lavoro. Sembra semplice, ma non lo è e richiede l'accordo dei nostri clienti". A medio termine, "avremo un'altra unità produttiva negli Stati Uniti", spiega il dirigente con trascorsi lavorativi negli Usa e attivo presso Ypsomed - azienda fondata dal padre - dal 2006, dal 2014 come Ceo. "Il progetto doveva essere completato nel 2028, ma abbiamo accelerato i tempi affinché fosse operativo nella seconda metà del 2027. I nostri clienti negli Stati Uniti saranno riforniti esclusivamente da questo sito".

Il contesto

La decisione di costruire tale stabilimento negli Usa è stata presa un anno prima del secondo mandato di Donald Trump. "Ma naturalmente questa decisione strategica, come quella di insediare il sito che abbiamo inaugurato un mese fa in Cina, è il risultato di cambiamenti geopolitici", riconosce l'intervistato. "La trasformazione della nostra presenza industriale in Svizzera è iniziata nel 2015, quando la Banca nazionale ha deciso di sganciare il franco dall'euro", osserva l'uomo politico eletto nel 2023 al Nazionale. "In dieci anni abbiamo avuto il Covid, la guerra in Ucraina che ha fatto esplodere i costi dell'energia, l'iniziativa dell'UDC sulla Svizzera a 10 milioni... A tutto questo si aggiunge la politica di Donald Trump. Con questi elementi combinati, è naturale che investiamo meno in Svizzera. Nei prossimi quattro anni abbiamo previsto di spendere 1,5 miliardi di franchi in infrastrutture, ma solo un sesto è destinato alla Confederazione".

"Facilitare l'utilizzo del lavoro ridotto"

Cosa succederà - chiede il giornalista del quotidiano romando - alle aziende che, a differenza di Yspomed, non hanno la possibilità di trasferire la produzione? "Non hanno scelta, altrimenti falliranno. Tutti i costruttori di macchinari hanno un problema enorme. La Cina ha cercato di trasferire la propria produzione in altri paesi asiatici, ma non funziona. Non sarà possibile esportare negli Stati Uniti senza pagare tasse. Ora potete sperare, potete pregare o potete agire". "Sto cercando di trovare qualcosa di positivo in tutto questo caos", insiste l'ex granconsigliere solettese (2017-2024). Naturalmente, "tutto può ancora cambiare tra qualche settimana, tra un mese, tra sei mesi... Ma non credo che queste tasse scompariranno nei prossimi otto anni, forse diminuiranno. Come imprenditore, è ora che devo agire". Cosa aspettarsi dal Consiglio federale? "Può provare a negoziare un'aliquota più bassa". A breve termine, "dobbiamo dare più flessibilità alle imprese affinché possano sopravvivere, un po' come è stato fatto durante la pandemia: il lavoro ridotto è uno strumento molto pratico a disposizione, bisogna facilitarne l'utilizzo e prolungarne la durata. Ma a parte questo, non possiamo sostenere direttamente le imprese, non sappiamo quanto durerà la situazione", conclude Michel.

2 giorni fa
Gli Usa impongono dazi sui lingotti d'oro da 1 chilo
© Shutterstock
© Shutterstock
I lingotti da un chilo sono la forma più comune scambiata sul Comex, il più grande mercato mondiale dei futures sull'oro, e costituiscono la maggior parte delle esportazioni di lingotti della Svizzera verso gli Stati Uniti.

Gli Stati Uniti hanno imposto dazi sulle importazioni di lingotti d'oro da un chilo, una mossa che minaccia di sconvolgere il mercato globale e di infliggere un nuovo colpo alla Svizzera, il più grande polo di raffinazione al mondo. Lo riporta il Financial Times in esclusiva.

Il prodotto

I lingotti da un chilo sono la forma più comune scambiata sul Comex, il più grande mercato mondiale dei futures sull'oro, e costituiscono la maggior parte delle esportazioni di lingotti della Svizzera verso gli Stati Uniti. Le relazioni tra Washington e Berna si sono deteriorate dopo che la scorsa settimana Donald Trump ha annunciato dazi del 39% sulle importazioni dal Paese. La decisione ha inferto "un altro colpo" al commercio di oro svizzero con gli Stati Uniti, ha affermato al Financial Times Christoph Wild, presidente dell'Associazione svizzera dei produttori e commercianti di metalli preziosi. Wild ha aggiunto che le tariffe sull'oro renderanno difficile soddisfare la domanda del metallo.

2 giorni fa
I media svizzeri: "Governo impotente, serve un piano B"
© Shutterstock
© Shutterstock
Toni duri da parte delle testate nazionali dopo il fallimento dei negoziati con gli Stati Uniti. Ma la speranza che la crisi possa essere superata permane.

"Una Svizzera sotto shock". i dazi del 39% sui prodotti elvetiche suscitano aspre critiche nei media svizzeri. I commentatori mettono in discussione la strategia del Consiglio federale, ma la speranza che la crisi possa essere superata rimane.

"Keller-Sutter ridicolizzata dal potentato americano"

Con i dazi doganali del 39% da parte degli Stati Uniti, la Svizzera "cade dal piedistallo e vede la sua economia tremare" e "constata la sua debolezza e il suo isolamento a livello mondiale", scrive il quotidiano romando Le Temps. Puntando sulla distensione, la presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter è stata "ridicolizzata dal potentato americano", giudicano i giornali tedescofoni del gruppo Tamedia. La Svizzera ha adulato abbastanza il "grande capo onnipotente" degli Stati Uniti. "Gli ultimi giorni lo hanno dimostrato: osare affrontare Trump è pericoloso, ma fidarsi di lui lo è ancora di più".

"Dazi scandalosi, ma non catastrofici"

"Giovedì, quando il Consiglio federale è venuto a spiegare il fallimento dei negoziati con gli Stati Uniti, abbiamo visto soprattutto un Esecutivo svizzero ancora scosso dalla brutta notizia", osservano la Tribune de Genève e 24 Heures. "Si percepiva chiaramente tutta l'impotenza di un Governo di un piccolo Paese di fronte all'arbitrarietà e alla dimostrazione di forza di una grande potenza". Detto questo, aggiungono i giornali della regione del Lemano, l'Esecutivo federale ha ragione a non "volere un accordo con Trump ‘a qualsiasi prezzo’. Anche se la chiusura parziale del mercato americano ad alcuni prodotti elvetici è dolorosa, non affonderà l'economia svizzera". Stesso tono da parte della Neue Zürcher Zeitung, per la quale le tariffe americane sono certamente scandalose, ma non catastrofiche. "L'economia svizzera può sopportare i dazi doganali se i responsabili politici reagiscono in modo adeguato [...] È quindi tanto più importante che la Svizzera rimanga attrattiva come sede per le imprese. Un aspetto quest'ultimo trascurato negli ultimi anni".

"Occorrono maggior pragmatismo e opportunismo"

Per Le Temps, "il software svizzero ha bisogno di un importante aggiornamento. Senza perdere la sua anima, la nuova versione dell'algoritmo deve integrare maggiore pragmatismo e opportunismo" per "guardare l'avversario per quello che è: brutale, imprevedibile e insensibile al quadro e alle regole che hanno prevalso finora". La Svizzera dovrebbe forse bluffare, secondo le testate di CH Media, perché la strategia utilizzata dal Consiglio federale, quella dello "studente modello”, che presenta una proposta seria che tiene conto degli interessi di entrambe le parti, non ha funzionato. Il commentatore invita il Governo a dotarsi di un piano B.

Il commento dei quotidiani ticinesi

Venendo ai media del nostro cantone, sulle colonne del Corriere del Ticino Generoso Chiaradonna scrive che "se da un lato l’impatto dei dazi rischia di lasciare segni profondi sul tessuto produttivo nazionale, dall’altro la risposta delle istituzioni – tra diplomazia e misure concrete di sostegno – mostra una volontà di reagire con responsabilità. Resta da vedere se sarà sufficiente". Ma una cosa è certa: "La sfida non si gioca solo sul terreno delle trattative internazionali, bensì anche sulla capacità interna del Paese di adattarsi, innovare e restare coeso". Toni più duri quelli scelti da Roberto Scarcella su laRegione per commentare l'infruttuoso viaggio a Washington della delegazione elvetica: "Magari scopriremo che sarà servito a qualcosa questo sfoggio di asservimento in mondovisione, questo scodinzolare al padrone che ti ha appena bastonato. Certo che la conferenza stampa figlia del 'fallimento' (l’hanno chiamato così pure loro) serve solo a tamponare le ferite e poco altro”.