
Il comitato referendario contro la legge sull'identità elettronica (Id-e), approvata ieri in votazione popolare (50,4%), ha chiesto oggi l'annullamento del voto. La decisione presa democraticamente è il risultato di "un'interferenza illecita da parte dell'azienda statale Swisscom", indica il comitato in una nota odierna, ricordando che aveva già presentato ricorso sulla votazione lo scorso 22 settembre.
La campagna di Swisscom a favore dell'Id
La Swisscom AG non ha solo donato unilateralmente 30'000 franchi al "Comitato economico per l'Id-e svizzera", ma ha anche partecipato attivamente al comitato "Alleanza pro e-ID" nel quale un dirigente ha pubblicamente fatto campagna a favore del progetto. A ciò si aggiunge un'influenza occulta attraverso l'associazione digitalswitzerland, nella cui direzione siede il Ceo di Swisscom. Associazione che ha sostenuto il comitato a favore della legge sull'Id-e con 150'000 franchi. In questo modo, il contributo finanziario e organizzativo di Swisscom AG è stato "occultato", violando il requisito di trasparenza, sottolinea il comitato. Quest'ultimo considera il coinvolgimento di Swisscom nella campagna di votazione come una chiara violazione della libertà di voto garantita dalla Costituzione federale. Le aziende vicine alla Confederazione - sottolinea - sono tenute a mantenere la neutralità politica e non devono influenzare il processo democratico con interventi di parte.
Chiesta trasparenza
In una lettera indirizzata al consigliere federale Albert Rösti prima della votazione, il comitato referendario aveva chiesto l'immediata sospensione di ogni ulteriore attività di Swisscom nella campagna per il voto e la trasparenza in merito agli interventi precedenti. Chiedeva inoltre una presa di posizione del Consiglio federale e del Ceo di Swisscom sul rispetto del dovere di neutralità in futuro. In seguito anche il presidente di Mass Voll Nicolas Rimoldi ha presentato un ricorso in merito alla votazione relativa alla legge sull'Id-e. Una settimana fa la NZZ am Sonntag aveva riferito di una discussione sull'ammissibilità delle donazioni per le campagne di votazioni. La questione riguardava il contributo di Swisscom al comitato per il sì: l'azienda di telecomunicazioni avrebbe donato 30'000 franchi, scriveva il domenicale facendo riferimento alla piattaforma "Finanziamento politico" del Controllo federale delle finanze (CDF).