
Le aziende elvetiche sono alle prese con nuove sfide sul fronte del reclutamento del personale: i giovani che si affacciano sul mercato del lavoro sembrano avere scarsa voglia di fare carriera e di essere attivi a tempo pieno, emerge da un’indagine pubblicata da 20 Minuten.
Per le imprese la situazione è nuova, spiega alla testata zurighese Diana Gutjahr, membro del comitato esecutivo dell’Unione svizzera delle arti e mestieri (Usam), che con il marito gestisce l’azienda di costruzioni in acciaio e metallo Ernst Fischer. Vi sono per esempio molte candidature di giovani, soprattutto per lavori d’ufficio, per i quali un carico di lavoro al 100% è fuori questione.
“Non vogliono più posizioni dirigenziali”
In particolare, i laureati chiedono molto tempo libero e poche responsabilità nell’azienda: spesso la carriera professionale non appare più essere un obiettivo. “Gli studenti dovrebbero però assumere posizioni di dirigenza, è per questo che hanno studiato”, sostiene Gutjahr. “Dovrebbero essere dei modelli e ridare qualcosa alla società”, poiché i corsi di studio costano così poco solo in quanto finanziati dai contribuenti.
Aspettative salariali eccessive
Molti laureati non sono inoltre pronti a lavorare nei fine settimana: ma bisogna realizzare i progetti quando i clienti lo richiedono, osserva l’imprenditrice. In fin dei conti sono questi ultimi a pagare lo stipendio. Allo stesso modo, le richieste salariali di quella che a volte viene chiamata generazione Z sono talvolta utopistiche. “Molti giovani leggono sui giornali quanto si guadagna nel ramo dell’insegnamento o nel settore finanziario e poi chiedono stipendi altrettanto elevati”, afferma Gutjahr. Ma le piccole e medie imprese (PMI) spesso non sono in grado di versare queste buste paga.
“Non hanno motivo di non lavorare a tempo pieno”
Secondo l’intervistata vi sono anche buone ragioni per il lavoro a tempo parziale, come il proseguimento degli studi, un incarico in politica o la prole da accudire. “Ma per la maggior parte dei ventenni non c’è una buona ragione per non lavorare a tempo pieno”. Gli impieghi a tempo parziale sono molto richiesti, soprattutto quando le persone possono permetterseli a causa dei salari elevati, come nel caso dell’insegnamento. Questo non vale solo per i giovani, ma per tutte le generazioni. Il lavoro part-time non è invece un tema per gli artigiani e per chi lavora sui cantieri, mestieri in cui non si può stare in ufficio. C’è anche un aspetto fiscale: “Purtroppo in diversi rami è più redditizio non lavorare a tempo pieno, anche per via delle tasse”, osserva Gutjahr.
Specialisti confermano
Che qualcosa stia cambiando lo confermano anche gli specialisti. “Attualmente nelle aziende si scontrano diverse concezioni di ruolo e valori”, spiega a 20 Minuten l’esperta di risorse umane Gabriela Böcker-Flamm dell’agenzia di comunicazione Mediacom. L’equilibrio tra lavoro e vita privata (work-life balance) gioca un ruolo enormemente importante, gli “stacanovisti” sono completamente out. Le aspirazioni di carriera passano in secondo piano. Per la generazione Z in primo piano vi sono compiti sensati, con opportunità di sviluppo, importanti sono equità e apprezzamento, nonché una buona retribuzione”.
Scarsa fedeltà aziendale
I giovani hanno bisogno di vedere uno scopo e avere la sensazione di rendere il mondo migliore con il loro lavoro. “L’azienda deve rappresentare qualcosa. Scopo e sostenibilità sono più importanti che mai. Parallelamente, il lavoro deve offrire spazi di sviluppo”, afferma Böcker-Flamm. La fedeltà aziendale non viene invece considerata importante. “I giovani cambiano lavoro rapidamente se l’impiego e l’impresa non vengono considerati adatti”. La cosa peggiore, per gli esponenti della generazione Z, è quando si accorgono che la ditta in cui operano non è ai massimi livelli tecnologici, che il cambiamento digitale non è ancora comune e che i dipendenti più importanti non sono ancora arrivati nel mondo digitale.
Crescita personale
Inoltre i giovani vogliono agire su loro stessi, essere coinvolti nel processo lavorativo e percepire una chiara leadership. Questo include feedback, elogi e critiche regolari. Per i dirigenti questo è molto impegnativo. “Devono essere attenti, conoscere e capire i loro dipendenti, promuovere i loro punti di forza e il loro potenziale di sviluppo, per poi motivarli individualmente”.
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