
Secondo l’economista Agathe Demarais, la Svizzera dovrebbe mantenere la calma, evitare reazioni impulsive e rafforzare le alleanze commerciali di fronte ai dazi del 39% imposti da Donald Trump. In un’intervista al Tages-Anzeiger, la ricercatrice dell’European Council on Foreign Relations osserva che l’indignazione per l’accordo tra Bruxelles e Washington sui dazi al 15% è in parte il frutto di una comunicazione iniziale troppo aggressiva da parte dell’Ue, che ha creato aspettative irrealistiche. A suo avviso, anche eventuali contromisure non avrebbero fermato Trump: “Ama i dazi”. Per questo giudica l’intesa raggiunta “non buona, ma meno negativa delle alternative”.
"L'Ue soffrirà meno del previsto"
Secondo Agathe Demarais, l’Europa soffrirà meno del previsto. Primo: i dazi colpiscono soprattutto consumatori e imprese americane, non quelli europei. Secondo: non è una capitolazione se l’Ue evita contromisure, perché i danni raddoppierebbero con ritorsioni. Terzo: le promesse di acquistare gas e investire massicciamente negli Stati Uniti sono solo dichiarazioni d’intenti, prive di effetti concreti. Solo due Paesi europei si sono dichiarati indignati – la Francia, tradizionalmente critica verso gli Stati Uniti, e l’Ungheria, da sempre ostile all’Unione europea. Negli altri Stati, invece, ha prevalso il sollievo, osserva l’analista Agathe Demarais.
Mantenere la calma
Secondo la specialista, l’UE dovrebbe reagire “mantenendo la calma, limitando i danni e restando unita”, cogliendo l’occasione per portare avanti riforme interne rimaste a lungo inevase. Lo stesso discorso, aggiunge, vale anche per la Svizzera: niente reazioni affrettate, ma piuttosto nuove coalizioni commerciali, sostegno agli esportatori e condizioni migliori nei negoziati. Il pericolo maggiore, avverte Demarais, è lo scoppio di una guerra valutaria. Nell’entourage di Donald Trump vi sono economisti convinti che i deficit commerciali americani dipendano da un dollaro sopravvalutato. Pur trattandosi di una tesi giudicata infondata dalla maggior parte degli esperti, la sua applicazione potrebbe avere effetti concreti: gli Stati Uniti potrebbero spingere, come già accadde con l’accordo di Plaza del 1985, le principali economie mondiali a vendere titoli di Stato americani per indebolire il dollaro. Le ripercussioni, per Europa e Svizzera, sarebbero pesanti: euro e franco si rafforzerebbero bruscamente, rendendo i prodotti più costosi sui mercati internazionali e colpendo duramente gli esportatori, vero motore dell’economia europea.