
Il diritto penale in materia sessuale va adeguato all’evoluzione della società, sempre meno tollerante nei confronti di reati contro l’integrità sessuale, specie su donne e bambini, e allo sviluppo tecnologico. Con questo spirito, il Consiglio degli Stati ha approvato oggi all’unanimità la revisione in materia, il cui esame è cominciato la settimana scorsa, punendo anche il “revenge porn”.
Dopo il lungo dibattito della scorsa settimana, durato oltre tre ore, che ha condotto all’approvazione del principio del “No significa no” in materia di violenza carnale, oggi il dibattito in aula è andato più spedito. Tra gli elementi da ritenere figura senz’altro un aspetto importante del progetto, ossia la punibilità del “revenge porn” adottata per 37 voti a 6.
In pratica, come recita il nuovo articolo del CP (197a), chiunque trasmetta a terzi contenuti sessuali non pubblici sotto forma di scritti, registrazioni sonore o visive, immagini, oggetti o rappresentazioni senza il consenso della persona che vi è riconoscibile, è punito, su querela di parte, con una pena detentiva sino a un anno o una pena pecuniari. Se l’autore ha reso pubblici i contenuti, la sanzione è una pena detentiva sino a tre anni o una pena pecuniaria.
Contro Keller Sutter
Una minoranza, invero sparuta ma col sostegno della consigliera federale Karin Keller-Sutter, ha sostenuto in aula che tale articolo non doveva figurare nel progetto, trattandosi tutt’al più di reati che ledevano l’onore della persona, ma non la sfera sessuale.
L’epoca delle foto e della condivisione
Di tutt’altro avviso la maggioranza. Céline Vara (Verdi/NE), appoggiata da Daniel Jositsch (PS/ZH), ha reso attenti sul fatto che la diffusione di immagini compromettenti nel web, in un’epoca dove tutti amano fotografarsi e farsi fotografare, può avere conseguenze gravi per la vittima, con epiloghi anche drammatici come dimostrano i suicidi di giovani oggetto di “revenge porn”. Intere esistenze rischiano di essere distrutte. Pensare che basti agire per via civile, ossia chiedere a piattaforme come Facebook o Instagram di cancellare tali contenuti non è realistico, poiché simili immagini fanno il giro del web in men che non si dica, quando non vengono copiate, ha spiegato Céline Vara. Insomma, per la “senatrice” ecologista bisogna agire a monte punendo simili comportamenti quale forma di deterrenza. Simili “vendette” ledono il senso del pudore sessuale della persona, un bene prezioso. Secondo Jositsch è necessario in questo caso adattare il Codice penale all’evoluzione tecnologica, come fatto per le truffe su Internet. A detta di Stefan Engler (Centro/GR), bisogna fare qualcosa per proteggere i giovani da simili pratiche tenendo fede allo spirito di questa revisione. Qui non si tratta di reati contro l’onore, ma si azioni ben più gravi, ha spiegato.
Adescamento sul web
Meno fortunata è stata la proposta di minoranza, anche se respinta di poco (21 voti a 18), presentata da Isabelle Chassot (Centro/FR), che avrebbe voluto un articolo ad hoc (197 b) per contrastare la pedocriminalità sul web (grooming). Tale articolo si occupa in particolare dei pedofili che adescano i bambini e giovani in vista di commettere atti a sfondo sessuale. Stando alla “senatrice” friburghese, le autorità sono sovente frustrate dal momento che gli autori possono essere puniti se colti in un certo senso in flagrante, quando si presentano per esempio all’appuntamento con un minore, mentre il semplice fatto di contattare un ragazzo non basta per avviare una procedura. Insomma, per lottare contro questo fenomeno bisognerebbe agire a monte.
“Il tentativo del tentativo”
Carlo Sommaruga (PS/GE) a nome della commissione e Daniel Jositsch, entrambi giuristi, hanno rammentato le difficoltà insite nell’applicare un simile articolo giacché verrebbe punito non più il tentativo di commettere certe azioni, ma il tentativo del tentativo. Per i giudici, a loro avviso, sarebbe difficile provare l’esistenza di atti preparatori in assenza di un piano o di un’intenzione precisa di commettere un reato. Non è un caso che la repressione degli atti preparatori, un’eccezione nella legislazione penale, sia prevista per gravi infrazioni, come l’omicidio, il sequestro di persona, la rapina o, addirittura il genocidio, ha sostenuto Sommaruga.
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