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Fukushima ha dato il via alla svolta energetica in Svizzera
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Keystone-ats
3 anni fa
Secondo Doris Leuthard “è grazie alle donne se c’è stata una spinta per la svolta energetica”. Al tempo infatti l’esecutivo era a maggioranza femminile

La catastrofe di Fukushima dell’11 marzo 2011, passata alla storia come il più grave disastro nucleare dopo Chernobyl, ha dato il via alla svolta energetica in Svizzera, ma l’abbandono definitivo dell’energia atomica non sarà nell’immediato futuro.

Dieci anni fa sospendevano le domande di costruzione
Dieci anni fa, tre giorni dopo l’incidente provocato da un terremoto con conseguente tsunami, l’allora ministra dell’energia Doris Leuthard (PPD) ha sospeso le domande per la costruzione di tre nuove centrali nucleari presentate dalle aziende elettriche nel 2008. Il 25 maggio del 2011, il Consiglio federale ha deciso ufficialmente di eliminare l’energia atomica. Nel maggio del 2017, il popolo svizzero ha confermato la strada scelta approvando la cosiddetta Strategia energetica 2050, e quindi l’abbandono progressivo delle fonti nucleari. La maggioranza femminile in Consiglio federale ha avuto un ruolo chiave nella decisione di procedere a una svolta energetica in Svizzera sull’onda della catastrofe di Fukushima del 2011. Lo sostiene l’ex ministra dell’energia Doris Leuthard in un’intervista pubblicata oggi da “Le Temps”. Leuthard si è resa conto della gravità del disastro e del fatto che esso aveva ripercussioni anche al di fuori dei confini nipponici: anche la Svizzera doveva agire. Solo tre giorni dopo il Consiglio federale ha quindi deciso di imporre una moratoria sui progetti nucleari. Il governo è stato costretto ad agire rapidamente, poiché si dovevano prendere decisioni riguardanti la sostituzione di tre vecchie centrali nucleari con altre nuove. Un momento difficile, ricorda Leuthard, è stato quello dove si è dovuto convincere i proprietari degli impianti della sensatezza della decisione.

“Fukushima era molto lontana...”
Intervistata dal quotidiano romando in vista del decimo anniversario dell’incidente nucleare alla centrale giapponese, il prossimo 11 marzo, l’ex consigliera federale ha ammesso di non essersi inizialmente resa conto della portata della catastrofe. La sua prima reazione all’epoca era stata quella di pensare che Fukushima fosse molto lontana e che il Giappone era un paese altamente industrializzato. A quei tempi l’esecutivo era a maggioranza femminile: oltre a Doris Leuthard (PPD), a capo del Dipartimento federale dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni (DATEC), in Consiglio federale sedevano anche Micheline Calmy-Rey (PS) al Dipartimento degli affari esteri (DFAE), Eveline Widmer-Schlumpf (PBD) al Dipartimento federale delle finanze (DFF) e Simonetta Sommaruga (PS) al Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP).

Quando chiuderanno?
Finora però solo la centrale di Mühleberg (BE) è stata chiusa, alla fine del 2019. Gli altri quattro impianti - Beznau I e II (AG), Gösgen (SO) e Leibstadt (AG) - dovrebbero continuare a fornire elettricità negli anni a venire, finché saranno considerate sicure dall’Ispettorato federale della sicurezza nucleare (IFSN). Nel novembre del 2016, con il 54,23% dei voti e 20 cantoni, il popolo svizzero ha infatti respinto l’iniziativa “Per un abbandono pianificato dell’energia nucleare”, che, tra l’altro, mirava a limitare la vita utile delle centrali esistenti a 45 anni, il che le avrebbe costrette a chiudere nei prossimi anni. Dopo la catastrofe di Fukushima, l’IFSN ha ordinato misure immediate e controlli di sicurezza supplementari negli impianti nucleari elvetici, che sono stati anche sottoposti al test di resistenza dell’Unione Europea per determinare se possono sopportare terremoti e inondazioni. I risultati hanno confermato che le quattro infrastrutture svizzere hanno un alto livello di sicurezza nel confronto internazionale. Tuttavia, il test ha rivelato anche alcuni problemi irrisolti per i quali l’IFSN ha posto ulteriori requisiti. In caso di inondazione estrema del fiume Aare, che si verifica in media ogni 100’000 anni, i siti di diverse centrali atomiche e di altre infrastrutture critiche sarebbero inondati, a volte fino ad un’altezza di diversi metri. Sebbene tutte le strutture siano già sufficientemente preparate a far fronte a tali inondazioni, i gestori dovrebbero comunque rivedere le loro analisi di sicurezza.

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